Islam: la sfida finanziaria per la integrazione globale dei sistemi

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di MARTINA CECCO

“Esiste una finanza islamica” ma “la gente confonde ciò che è arabo con ciò che è islamico” Questo è uno dei punti focali dell’incontro organizzato a Trento, alla presenza dell’Imam Aboulkeir Breigheche e dell’Ass.re alla Solidarietà Internazionale Lia Beltrami Giovanazzi, con relatrice la dott.ssa Federica Miglietta, docente di Economia e Tecnica dei Mercati Finanziari presso la Facoltà di Economia dell’Università degli studi di Bari “Aldo Moro” e docente a contratto presso l’Università “L. Bocconi”, Milano.

Viviamo in una società che è un “Melting Pot”. Diventa necessaria la valutazione delle diverse necessità economiche delle persone che sono permanentemente residenti in Italia, offrendo adeguati prodotti che esse possano gestire senza “peccare” contro il Corano, ma serve anche fare in modo di integrare, e questo è il passo più difficile e doloroso, le diverse economie mondiali, per arrivare a gestire un unico sistema economico globalizzato “realmente”. Di questo parere sono tutte le persone che da anni si stanno concentrando allo studio della integrazione economica tra paesi occidentali, paesi arabi e islam.

La economia islamica, si differenzia da quella europea, araba o di altri paesi del mond: ha parecchie cose in comune con la economia europea, è completa e ricca di contratti e di servizi. Non è semplice arrivare a una sintesi tra sistemi, il nostro sistema è virtuale mentre quello islamico è reale, hanno entrambi una grossa mole di danaro e di “beni” proporzionale alle persone che vi partecipano.

I paesi arabi non sono solo quelli della economia del petrolio, ma c’è anche una economia più “normale” della gente comune, che ha molti punti in comune con la nostra, ma che è profondamente diversa dalla nostra per lo spirito che la motiva. Non esistono mutui e prestiti impossibili in islam, perché la economia islamica è nata per aiutare tutti a essere uguali e non per aumentare le differenze tra chi è ricco e chi è povero.

Se è vero che tutti i prodotti economici islamici al momento attuale sono arabi, non è però vero che tutta la finanza araba è anche islamica. La finanza islamica è legata al Corano, perché il Corano insegna come ci si deve comportare e anche il lavoro e il risparmio sono parti della vita. Per questo se non si capisce che il Corano regola tutta la vita pratica di un islamico modello, non si capirà mai come funziona la finanza islamica.

A spiegare come fare per aprire le porte a prodotti non speculativi di matrice islamica la dott.ssa Federica Miglietta, della Università di Bari, convenuta a Trento il 13 Maggio scorso in seno a una conferenza tenutasi presso la Università di Sociologia.

La integrazione tra le diverse economie mondiali, compresa quella islamica, che con i suoi 1000 miliardi di dollari non è affatto una economia secondaria, è sempre più una realtà. L’unico fondo di investimento (non speculativo) islamico emesso fuori dai paesi islamici è tedesco, mentre la unica banca islamica internazionale iraniana, che era attiva anche in Europa, a causa dell’embargo post terrorismo ha dovuto chiudere i battenti.

Eppure il mondo islamico bussa alle porte, non si può prescindere da un continente se si parla di economia globalizzata, specie in seguito a quanto accaduto per la passata crisi economica: la tenuta delle economie più semplici, altrimenti definite anche come “reali” e ne è un esempio la tenuta della economia islamica, dimostra che serve integrare per migliorare e non dividere. I dati parlano chiaro, le economie con meno derivati sono state quelle che hanno tenuto alto il tenore, rimanendo su uno standard accettabile, a differenza delle economie più evolute, i cui sottoprodotti e re-investimenti hanno miserevolmente fallito.

Esempi, quelli portati in aula dalla dott.ssa Miglietta, che non devono né illudere, né scoraggiare. La economia islamica si differenzia dalla nostra per un principio di non – speculazione: non sono ammessi gli interessi se sono individuali, mentre sono accettati i rendimenti su condivisione di rischio di impresa, società semplice e le commissioni.

Il risparmio e l’eccesso di danaro viene ridiviso tra chi ne ha bisogno, per restituire un principio di giustizia sociale, a un investimento o mutuo deve corrispondere direttamente un bene, non si possono rimettere nel mercato beni già impegnati da una cartolarizzazione, le azioni e i prodotti economici diventano investimenti di impresa con contratti firmati tra le banche e il cliente, dove entrambi hanno un ruolo paritario sul destino del danaro e entrambi si assumono completamente il rischio delle eventuali perdite, ma anche condividono eventuali profitti.

Insomma parliamo di una economia diversa, come racconta l’Ass.re Lia Giovanazzi, descrivendo la periferia di Teheran, stiamo contrattando con un sistema dove è difficile stabilire il confine e il limite tra la povertà e la miseria, dove anche il povero è meno povero e il ricco non è così ricco. E un islamico difficilmente non contratta, la contrattazione è araba ma anche islamica, la prima regola per la validità di un contratto, economico, finanziario, societario, edilizio, lavorativo è che tutte le clausole siano esplicitate, che non ci siano possibilità di errore o di interpretazione e che non ci siano possibilità di truffa alla base della redazione del contratto stesso, anche una sola clausola non chiara rende nullo il contratto. Se fosse così anche in Europa difficilmente si arriverebbe a conflittualità, spiega la dott.ssa Miglietta.

Sembra strano per noi pensare ai Paesi Arabi come luoghi dove convivono due diverse economie, che poi sono in fondo anche tre, la nostra, la loro e quella fatta di società, persone giuridiche, che possono avere la stessa libertà economica di un qualsiasi cittadino/azienda europea .

Di Martina Cecco
Fonte: “Fondi sovrani arabi e finanza islamica” Curato da: Dell’Atti A., Miglietta F. Editore: EGEA 2009 pagine 216 codice ISBN: 8823842433
“Finanza Islamica” Facoltà di Sociologia 13 Maggio 2011

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