Psicoanalisi della guerra, ovvero elaborazione del lutto

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Mancavo da Pordenonelegge da diversi anni.

Francamente nemmeno quest’anno avrei voluto andarci, ma poi, trovandomi a Pordenone in questo periodo mi sono detto: “Ma sì, dai, andiamoci e seguiamo qualche conferenza”.

Alla fine, complice il fatto che fisicamente sono un po’ a pezzi e faccio non poca fatica a camminare, l’unica conferenza che ho seguito davvero – ma con grande interesse – è stata quella di Massimo Recalcati, psicoanalista e saggista, il quale ha presentato la ripubblicazione – per Feltrinelli – di “Psicoanalisi della guerra”, di Franco Fornari.

Conferenza e saggio interessanti, in quanto di eterna attualità, vista l’impressionante sequela di guerre di cui è disseminata la Storia.

Franco Fornari (1921 – 1985), psicoanalista di lungo corso, fu professore di Recalcati, negli Anni ’80.

E Recalcati ci ha parlato del perché ha deciso di far ripubblicare questo suo testo, curandone la prefazione. Ovvero il momento storico in cui viviamo.

Un momento storico di follia guerrafondaia da ogni parte e di rinascita – da una parte, quella filo statunitense – di una insana mentalità da Guerra Fredda.

Fornari, spiega Recalcati, essendo cresciuto in una famiglia numerosa, si è sempre occupato di problemi collettivi e sociali.

Il saggio “Psicoanalisi della guerra” – spiega Recalcati – viene pubblicato nel 1966, in piena Guerra Fredda, ma è concepito – da Fornari – due anni prima, nel ’64.

Fornari è comprensibilmente preoccupato – come molti della sua generazione – della possibile escalation nucleare, innescata dalla contrapposizione fra due blocchi geopolitici e ideologici alternativi.

Pertanto, egli si interroga sulle origini psicologiche della guerra e ne trae le seguenti conclusioni: la guerra è una eleborazione paranoica del lutto.

La guerra sostiutisce l’eleborazione del lutto. E’ – spiega Recalcati riferendosi al pensiero psicoanalitico di Fornari – una “proiezione aggressiva di tipo paranoico”. Un “lutto collettivo mancato”.

E qui, Recalcati, per spiegare le tesi di Fornari, ricorre a un saggio scritto da Freud nel 1915, di poche pagine, dal titolo “Considerazioni attuali sulla guerra e la morte”.

Nel saggio, Freud ritiene che gli esseri umani siano degli “assassini”, degli esseri che non si amano e ciò lo si può evincere dai sogni che fanno, spesso violenti, che manifestano un inconscio non altruistico e volto all’interesse personale.

Freud ritiene che la Storia sia un’eterna guerra fra i popoli e che, nei confronti di chi amiamo, siamo mossi da una profonda “ambivalenza emotiva”. Ciò ci causa dipendenza emotiva e siamo portati a odiare profondamente chi amiamo, nel momento in cui perdiamo la persona amata.

In tale frangente, spiega Recalcati, siamo travolti dal senso di colpa, in quanto la persona amata non c’è più e noi rimaniamo soli, ma, intimamente, finiamo per essere felici di questo.

Il legame affettivo è dunque ambivaente. L’amato è, al contempo, odiato, anche se non ne siamo consapevoli a livello conscio.

Tale odio, spiega Recalcati, sorge quando ci guardiamo allo specchio e riflettiamo un’immagine ideale. Scopriamo, dunque, che non possiamo raggiungere chi amiamo e farlo nostro, ovvero farlo esattamente come vorremmo nella nostra immagine ideale.

L’amore, ovvero il superamento di tale odio, sarà possibile solo quando accetteremo che la persona che amiamo non è nostra. Elaborando così il lutto causato dalla pardita della persona che amiamo.

Ecco che la guerra, secondo la visione di Fornari spiegata da Recalcati, è, appunto, il rifiuto del lutto, la mancata elaborazione di un lutto.

E qui Fecalcati fa l’esempio delle antiche tribù africane che, quando moriva il figlio del capotribù, lo sciamano attribuiva tale morte a un maleficio scatenato dallo sciamano della tribù limitrofa.

In questo modo, proiettando la colpa su qualcun altro in modo paranoide, si pongono le basi per scatenare una guerra.

L’unico modo, dunque, secondo Fornari per liberarsi dalla mentalità guerrafondaia è quello di eleborare, metabolizzare il lutto (tenendo presente che un lutto è un avvenimento irreversibile), senza incolpare nessuno, accettando. In senso più ampio, possiamo dire che l’eleborazione del lutto è il fondamento della democrazia, la quale obbliga al confronto fra una pluralità di punti di vista.

Tale confronto, porta a una perdita (un lutto, appunto) delle nostre convinzioni originarie e a una eleborazione/confronto di punti di vista differenti.

Fornari, come spiega Recalcati, analizza anche due aspetti, ovvero il gioco d’azzardo e la tossicomania, ritenendo che tali modalità vengano utilizzate da molti per elaborare, in modo purtuttavia autodistruttivo, il lutto. Attraverso, appunto, queste modalità che portano all’auto-annientamento, esattamente come l’escalation nucleare.

L’escalation nucleare, infatti, da parte dei governi, sembra far credere loro di essere “padroni del mondo” (come credono di esserlo i giocatori d’azzardo patologici e i tossicomani), ma in realtà tale “padronanza” si ribalta nel suo contrario, in quanto destinata a provocare l’autoannientamento del pianeta.

Come se ne esce, dunque? Secondo Fornari, spiegato da Recalcati, “prendendo su di sé la morte e consentendo così la vita”. Accettando la morte naturale, la fine di ogni cosa, che è irreversibile.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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