Il Risorgimento italiano nella storiografia liberale

0
1269

di LIVIO GHERSI *

In qualunque Paese retto da liberi ordinamenti, è normale che si manifestino contrasti politici; che riguardano il modo di affrontare i problemi dell’oggi e le diverse visioni del futuro. La non invidiabile caratteristica italiana è che i medesimi contrasti politici si trasferiscano pure nel campo storiografico, mantenendo tutto il loro carico di passionalità, fino ad arrivare a radicali negazioni della storia nazionale.
Per quanto mi riguarda, penso che sia dovuto un sentimento di rispetto e di riconoscenza nei confronti di quegli Italiani dell’Ottocento che, a prezzo di durissimo impegno e di grandi sacrifici, riscattarono il nostro Paese dalla condizione di territorio dominato e sfruttato da potenze straniere e lo portarono allo stesso livello dei più progrediti Stati europei.
Oggi i fautori della “Padania”, o i meridionali nostalgici dei Borboni, riescono ad avere ascolto e trovare seguito là dove c’è un’ignoranza storica conclamata e compiaciuta di sé. Per battere le tendenze centrifughe e disgregatrici è importante recuperare i solidissimi argomenti della storiografia liberale. Penso certamente a Benedetto Croce; ma non soltanto a lui. Ad esempio, molto si può imparare dalla lettura di Adolfo Omodeo.
Omodeo nacque a Palermo nel 1889. Si affermò nel campo degli studi a Napoli, ma dovette scontare una condizione di emarginazione per la sua coerente azione di opposizione al fascismo, condotta a fianco di Croce. Morì a Napoli nel 1946, prima che si tenessero le elezioni dell’Assemblea Costituente. Fu autore di importanti saggi come L’opera politica del conte di Cavour (1848-1857), L’Età del Risorgimento italiano, Difesa del Risorgimento.
Molte interpretazioni critiche del Risorgimento mettono in contrapposizione i fatti storici reali con il desiderio di un diverso corso storico immaginario.
Da qui l’eterna recriminazione perché l’unificazione nazionale fu voluta e imposta da minoranze attive, con l’egemonia politica dei moderati, secondo un modello istituzionale monarchico e centralista. Quando, invece, sarebbe stato meglio se il processo di unificazione fosse stato supportato da larga e convinta partecipazione popolare, fosse stato guidato da politici con ideali democratici avanzati, si fosse realizzato mediante un assetto istituzionale federalista.
Non a caso ho richiamato Omodeo; egli, ad esempio, ha insegnato che il processo di revisione è “inutile in sede storica, perché factum infectum fieri nequit”, cioè non si può annullare quanto è avvenuto. Bisogna, invece, sforzarsi di comprendere perché le forze storiche reali abbiano fatto prevalere certe soluzioni, invece di altre, astrattamente possibili e magari più desiderabili, ai nostri occhi di osservatori distanti dagli avvenimenti.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome