Sciamani. Comunicare con l’invisibile

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Presso il Palazzo delle Albere, I piano, a cura di MUSE – Museo delle Scienze di Trento, è stata inaugurata ieri una mostra che parla di materia esoterica. La mostra inizia con una carrellata storica, datata XIII secolo, con una serie di pannelli che poi seguiranno in tutte le sale si fa una sorta di cronologia dello sciamanismo, dalle origini fino ai nostri giorni (anche se in parte troveremo manufatti precedenti che risalgono al Paleolitico, pur tuttavia si parla di Antropocene, mentre i costumi al contrario sono quasi tutti datati XX secolo) con un riferimento al modo in cui lo sciamanesimo è stato accettato nell’aria Eurasiatica, che dalla Cina, dalla Mongolia, arriva fino a noi.

Nel corso della mostra vi sarà qualche accenno anche all’arte dei nativi americani, ma decontestualizzato dalla mostra in sé. Secondo gli studi antropologici vi sono solamente assonanze tra le diverse culture, che tenderebbero a escogitare simili soluzioni ai problemi, ma la verità sarebbe contro intuitiva, se siamo portati a pensare comune origine, non vi sono al contrario reperti che possano testimoniare una cultura inizialmente condivisa. Al contrario linguisticamente si nota il legame tra i termini per indicare questa professione in tutto il continente Eurasiatico (saman).

Chi non sa che cosa sia lo sciamanesimo si perde molto dell’occulto e del misterico: il passato remoto impone che fossero proprio loro i primi carismatici leader delle comunità, incaricati di svolgere tutte quelle mansioni psicologiche, mediche, esoteriche e psichiatriche che i sacerdoti non si sarebbero mai incaricati di fare, i lavori delicati, come ad esempio scacciare gli spiriti malvagi o le malattie. Specialmente quando si verificassero eventi non desiderati o improvvise pandemie. Gli sciamani possono essere buoni o cattivi, ma hanno una firma indelebile. Portano strumenti che sono carichi di energie e che hanno una funzione pratica, non si tratta di mera estetica.

La sezione curata dal MUSE – Museo delle Scienze di Trento, ha messo in mostra e utilizzato gli straordinari reperti sciamanici della Fondazione Sergio Poggianella, provenienti dalle culture mongole, siberiane e cinesi. In particolare vi sono molti reperti che provengono dalla Jacuzia e dal nord della Cina che sono ancora oggi oggetto di interesse culturale ed artistico, c’è molto valore economico in queste pratiche che, lentamente, sono andate a diventare rare. Lo sciamanismo non è un fenomeno morto, ma è una pratica che ancora oggi viene svolta in talune comunità, vuoi con l’ausilio o senza l’ausilio di altri mezzi, come le pozioni. In particolare sono delle pratiche diffuse in Himalaya, dove i villaggi possono passare intere giornate in compagnia dello sciamano per risolvere le questioni urgenti e gravi.

Più di cento reperti originali, tra cui costumi rituali, maschere, copricapi, bastoni, strumenti per la divinazione e per la cura. Lo scopo è lo studio di un fenomeno che si è svolto liberamente, anche se non senza episodi di discriminazione, fino alla venuta del regime comunista russo, che ha scacciato gli sciamani temendoli come nemico pubblico. Vi sono anche pannelli esplicativi, fotografie e oggetti che provengono da materiale animale, come le pelli, le piume, le ossa. Oppure pietre e stracci.

Attualmente la pratica sciamanica, fortemente offesa dagli Illuministi come Diderot e D’Alembert, ha recuperato terreno in ambito artistico ed etnografico. E’ importante ascoltare i diversi video di accompagnamento che spiegano: etimologia, storia, funzione e ritualità. Lo sciamano è sempre un punto di riferimento per chi cerca di trovare qualcosa di diverso nell’autoterapia, uno stato di coscienza diverso, con una percezione amplificata e più completa.

In mostra le colonne del bene e del male, la mappa del pantheon sciamanico, le statuette protettrici e mistiche, gli strumenti medici, gli schermi energetici a specchio, una serie di costumi originali completi di copricapo, calzari, coprispalle, copri inguine, casacche. Tamburi e campanelli, cimbali e flauti, corni e trombette, che servono nel momento del rito. Un orso accompagna la mostra, l’orso non è un animale a caso, come non sono scelti a caso tutti gli animali da cui sono tratte le ossa, i teschi, le piume, le unghie e le pelli. Ogni animale ha una sua mistica e una sua funzione, dal grifone al mustelide, dalla carpa alla foca, dal lupo alla tigre.

Non ultimo il bel documentario “Dialoghi con l’antropologo Sergio Poggianella” (regia di Nicolò Bongiorno, Allegria Films, 2023, 20 Min.) ripercorre le tappe che hanno portato alla nascita della collezione sciamanica della FSP. Sergio Poggianella racconta i suoi viaggi in Asia Centrale, gli incontri con sciamani e studiosi, alla luce del suo personale approccio che unisce antropologia, arte e ricerca spirituale.

La curatela della sezione MUSE è di Elisabetta Flor, Luca Scoz e Sergio Poggianella; il Comitato Scientifico è composto da Stefano Beggiora, Nicola De Pisapia, Fabio Martini e Lia Emilia Zola.

Al II piano del museo, a cura di Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto sono in mostra circa 40 opere prodotte da 26 artisti e artiste internazionali negli ultimi 70 anni, selezionate dal curatore Mart Gabriele Lorenzoni e dall’antropologo Massimiliano Nicola Mollona.

Artisti e artiste in mostra: Marina Abramović, David Aaron Angeli, Joseph Beuys e Buby Durini, Alighiero Boetti, Chiara Camoni, Ramon Coelho, Claudio Costa, Jimmie Durham, Bracha Ettinger, Angelo Filomeno, Hamish Fulton, Allan Graham, Louis Henderson, Karrabing Film Collective, Suzanne Lacy, Mali Weil, Attilio Maranzano, Si On, Anna Perach, Ben Russell, María Sojob, Daniel Spoerri, Alexandra Sukhareva, Alisi Telengut, Franco Vaccari.

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