L’Individuo spinoziano e la totalità delle possibilità di un corpo (e di una mente)

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Baruch Spinoza, in particolare nella sua cullata Etica, si propose filosoficamente parlando con un lavoro certosino e profondissimo, che si può descrivere in un tentativo audace di indagare la realtà attraverso un prisma scientifico-filosofico.

Spinoza partiva dal presupposto che non può che essere utile concentrarsi su qualcosa di reale ma non solo materiale, bensì anche pensiero e relazione, definibile come un’unica Sostanza che egli presenta come Dio sive Natura.

La sua profonda analisi scientifica interpretativa vuol rendere giustizia al tutto delle possibilità di concretizzarsi e pensarsi dei singoli individui e della loro essenza. Come non pensare quindi a Spinoza come uno dei filosofi che maggiormente han cercato contezza delle scelte dell’uomo, della natura, del mondo, di Dio ovvero come egli lo rivisita, cioè un filosofo della libertà e della scelta, della persona come unicum ma anche come relazione ovvero libera contrattazione tra corpi, menti, individui umani, animati, inanimati.

Questo approccio porta alla necessità di riconsiderare l’individuo non solo come un’entità isolata, ma come parte di un tutto dinamico e interrelato, dove la volontà è o può essere consensuale o determinata da cause, che però non sono quelle efficienti, ma quelle agenti.

In Spinoza la forza dell’individuo è l’estremo che cerca (assolutamente e disperatamente) di andare oltre, ma nella misura di sé: nel pensiero spinoziano, il termine individuo assume molteplici significati.

L’INDIVIDUO è REALE: Spinoza, richiamandosi alla tradizione aristotelica, sottolinea che la vera comprensione degli individui richiede una spiegazione delle cause della loro esistenza.

L’INDIVIDUO non è solo l’uomo: Spinoza introduce una distinzione profonda fra uomo e individuo. L’uomo, con la sua coscienza e la capacità di aspirare a una natura perfetta, si colloca in un contesto più ampio rispetto agli altri individui, dove tutti gli individui condividono il principio generale della conservazione del proprio essere, il conatus, detto anche pulsione o sforzo volto ad accrescere la propria potenza. La cupiditas invece sarà motore che fa emergere la differenza degli umani rispetto al resto, perché essi sono consapevoli delle loro pulsioni.

Il CORPO e la MENTE: In questo sinolo si supera il dualismo tradizionale, suggerendo che l’uomo non è una sostanza a sé stante, ma un modo di essere della sostanza unica, che manifesta le attribuzioni del pensiero e dell’estensione. Questa unione implica che ogni mutamento nella materia non determina una perdita di identità, ma piuttosto una continuità nella relazione tra mente e corpo. Ci sono le prismatiche manifestazioni di quel che è un corpo, che non hanno una vera e propria limitazione, perché possono essere realizzate, in realizzazione, solo immaginate. Qui, si apre, a mio avviso, un punto molto buono per distinguere la filosofia che ammette l’esistenza dell’infinito come orizzonte del pensiero e della sostanza, dalla filosofia del finito, dell’inizio e della fine, che si potrebbe allineare più facilmente a un credo, a una religione, che non a un pensiero scientifico che necessita della giustificazione.

Spinoza immagina che il tempo non sia finito perché parte di una manifestazione molto piccola, un punto di vista, potremmo dire, tenendo a mente però che si tratta di una semplificazione. Da qui, probabilmente, le accuse di ateismo.

Il CORPO è le sue infinite POSSIBILITA’

Il pensiero spinoziano è guidato dalla consapevolezza dell’incommensurabilità delle potenzialità corporee. La complessità del corpo umano, inteso come un individuo composto, richiede una riflessione approfondita sulle leggi che lo governano. Spinoza afferma che nessuno conosce pienamente le capacità del corpo, enfatizzando la necessità di esplorare le relazioni tra i comportamenti corporei e l’identità individuale. Ogni corpo è pertanto soggetto a leggi fisiche universali, e l’individualità si mantiene attraverso la conservazione di relazioni strutturali, anche in presenza di mutamenti.

Un corpo composto può subire modifiche senza perdere la propria identità, a patto che le nuove parti mantengano relazioni equivalenti alle precedenti.

La rosa è sempre una rosa anche se cambia il suo colore? Un uomo vivo è un uomo anche da morto? L’acqua dopo ghiacciata è sempre la stessa acqua? Un pensiero, una volta finito, è ancora un pensiero? Un’azione, compiuta, è la stessa azione rispetto al momento precedente del compimento? Cosa distingue realmente gli individui tra loro?

Questo principio consente a Spinoza di articolare una dottrina dei corpi che considera la continuità dell’individuo nonostante la natura transitoria delle sue componenti. Così, anche in una condizione di cambiamento perpetuo, l’identità dell’individuo è salvaguardata attraverso relazioni stabili e costanti tra le sue parti.

Mentre persiste e opera la mente come concetto dell’esistenza presente del corpo, essa può anche accedere alla conoscenza che appartiene alla mente come concetto dell’essenza del corpo, ovvero nella sua dimensione eterna. Senza questa possibilità, non si potrebbe realizzare la conoscenza delle cose sub specie aeternitatis.

L’eredità filosofica di Spinoza, e la sua esplicitazione del concetto di individuo, continua a far riflettere su come l’individuo, nella modernità, affermando se stesso, abbia ridotto le sue potenzialità e abbia chiuso i suoi confini mentali, seppure nella convinzione di ampliarli, perché la relazione si è omologata alla norma, alla tendenza, alla moda. In questo senso Spinoza offre ottimo materiale di spunto per ripensare alle libertà che perdiamo e a quelle che acquisiamo e per fare il punto sullo stato dell’arte di un sistema sociale.

Martina Cecco

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