Ecoansiosi e catastrofisti messi all’angolo da Lodi Liberale

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Nella giornata di LUNEDÌ 9 OTTOBRE alle ore 21:00 presso la sala Granata, in via Solferino 72 a Lodi è stato presentato il libro “Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza” insieme a FRANCO PRODI; Fisico dell’atmosfera, FRANCO BATTAGLIA;  Professore di Chimica Fisica presso l’Università di Modena, MARIO GIACCIO; Professore di Tecnologia ed Economia delle Fonti di Energia presso l’Università di Chieti – Pescara, GIANLUCA ALIMONTI; Professore di Fondamenti di Energetica presso l’Università degli Studi di Milano.

Il Presidente di Lodi Liberale non è la prima volta che parla di come il problema del clima sia stato affrontato in modo pessimo, perché ha creato una sorta di ansia e di panico, che non sono facilmente gestibili. Allora, ben lontano dall’essere negazionisti, ben lontano dall’essere dei predittivi, ecco che Lodi Liberale cerca di dare una visione equilibrata e scientifica del problema del clima e di cosa esattamente sta succedendo al pianeta.

NON ESISTE ALCUNA EMERGENZA CLIMATICA

“Innanzitutto bisogna fare attenzione a non confondere il clima con il meteo: questa è una cosa importante, perché inizialmente la disciplina che si occupava di queste cose era chiamata climatologia e statistica, cioè si occupava di analizzare le differenze climatiche su base matematica, sulla base dei dati metereologici proiettati nell’arco degli anni, per quinquenni, decenni, etc..” Il professor Prodi allora ha presentato alcuni dati, a partire dal 1860 ad oggi, dati molto recenti. Tutto era quindi un insieme di misurazioni in tutto il mondo relativo a temperature, essenzialmente, con un metodo che parte da Galileo Galilei.

“Per andare oltre nel tempo servono carotaggi, servono analisi degli alberi, delle montagne, dei residui fossili, insomma si considerino delle variazioni che arrivano attraverso le medie, ad oggi” ha detto. Questo andamento arriva fino ad oggi dove c’è un dato condiviso da tutti gli scienziati che in questi ultimi 2 secoli c’è stato un aumento di 0.7 gradi percentuali per secolo. Questa semplice operazione ha richiesto delle tecniche raffinatissime.

“Questo è un dato e da qui parte la controversia, per i geologi, che sanno benissimo dell’esistenza dei cicli delle età glaciali, del periodo caldo medievale, etc .. procedendo indietro di 10 mila anni, in Olocene, troviamo le principali oscillazioni di temperatura.” La glaciologia va indietro in analisi che toccano la preistoria. Il risultato sono un margine molto ampio di oscillazione delle temperature e della presenza di metano e di anidride carbonica. Indietro fino a un milione di anni fa circa.

Secondo lo studioso la Terra sarebbe oggetto di costante cambiamento, che non ha a che fare solamente con l’attività antropica, ma specialmente con l’attività geologica e solare che le è propria. In questo modo non sarebbe possibile per l’uomo cambiare il destino delle ere. La capacità di assorbire gli infrarossi è una proprietà dell’atmosfera. L’ecosistema del clima è molto complicato e si basa su un concetto a sua volta ciclico. Dunque il clima varia con il cambiare della composizione dell’atmosfera, laddove alla base vi sono principi astronomici e astrofisici.

Le cause naturali e le cause antropiche, ha detto Prodi, si sommano reciprocamente. L’uomo immette in atmosfera per combustione, per dispersione, con viaggi delle microparticelle anche per migliaia di chilometri. Insieme a questo la circolazione oceanica delle acque che si mescolano molto lentamente a livelli di profondità, e le nubi. L’uomo ha un tipo di attività che poi per effetto si mescola a quello della terra.

 

Di fronte ai fatti che accadono c’è anche chi prende una posizione: entrando nella parte sperimentale si possono dare degli scenari, analizzando gli aspetti socio umani di questo percorso. Con l’aumento delle temperature a partire dagli anni ’70 si è cominciato a valutare cosa succede. Le nazioni unite si occupano di rendere omogeneo questo studio in tutto il mondo, con risposte coerenti. Godiamo di precisioni relativamente esatte, ma solo nel breve tempo e da recenti tempi.

“Il CRED dal 2008 sottolinea che la percezione del disastro è aumentata perché si osservano meglio e in maggior dettaglio i dati” secondo il professor Alimonti serve fare attenzione a queste differenze. Si osserva una importante crescita del numero dei disastri a partire dagli anni ’70 che è dovuto alla misurazione degli eventi. Nel XXI secolo la tecnologia è diventata tale da misurare gli eventi su tutto il pianeta. Dal primo aumento il numero dei disastri è in andamento altalenante, lo stesso per i disastri geofisici che non hanno diretta attinenza con il clima. Poiché i due andamenti sono simili, l’idea è che il tutto sia dovuto a un aumento della precisione di rilevazioni, dati, diffusione.

ALIMENTAZIONE E DISASTRI NATURALI GLOBALI

“Il numero dei morti statistico è in diminuzione, invece, grazie alla capacità resistiva dell’uomo di adattarsi e di prevenire il fatto. Quindi non è un aumento reale dei fatti, ma un aumento del rilevamento dei fatti. Come se non bastasse, nel settembre 2023, si è anche determinato che gli utenti debbano essere consapevoli degli accadimenti osservandone gli sviluppi in tempo reale. Purtroppo però la tendenza è di fare allarmismo in argomento di aumento delle temperature e di riscaldamento del pianeta. UNDRR ha una proiezione molto diversa di quello che si profila e prevede un grande aumento del numero dei disastri mnel secolo. La FAO registra che l’umanità sia in pericolo alimentare, nonché di pericoli naturali, che arriverebbero a colpire in determinate aree intere popolazioni. I dati, anche in questo caso, però, confermano una diminuzione a partire da un certo periodo in poi.” Secondo il professor Alimonti quindi la proiezione non è precisa perché non tiene conto dell’aumento della popolazione.

DISASTRI NATURALI CORRELATI AL CLIMA E NON CORRELATI AL CLIMA

EM-DAT è un database che si occupa di monitorare i disastri globali, analizza i dati degli ultimi due secoli ed entra in questo database quando ci siano più di 10 decessi e ci siano diversi parametri. Alcuni disastri sono naturali, altri sono tecnologici. Biologici, biofisici, climatici, idrologici, geofisici, extraterrestri.. il problema è che uno stesso evento in passato avrebbe certamente potuto uccidere meno persone secondo il parametro demografico, perché l’aumento esponenziale della popolazione deve essere considerato per valutare gli effetti e le cause. Ovviamente più aumentano la capacità di registrazione, la popolazione, i dati considerati, più aumenta la percezione del pericolo e dei disastri.

NON PER L’AMBIENTE, MA PER L’ECONOMIA

“Nella Conferenza di Parigi si dichiarò che si sarebbe dovuta avere una diminuzione di circa il 40% di emissioni di CO2 in atmosfera. Questa proposta, se anche si realizzasse, non sarebbe misurabile. A fronte di questo cambiamento irrilevante, qualsiasi politica deciderebbe per pochissime parti per miliardo nel cambiamento. Le varie voci andrebbero innanzitutto analizzate a parte: il valore economico per pervenire a questi dati sarebbe enorme, cioè le industrie possono acquistare le parti di industrie virtuose nel mercato degli inquinanti, vendendo e comprando anidride carbonica tra aziende maggiormente e minormente emittenti. Le industrie finirebbero per spostarsi all’estero se non reggono i permessi di emissione. Il valore super i mille miliardi l’anno, il cambiamento è invisibile. Allora, a questo punto, la questione non è più ambientale, ma finanziaria.”

LA TRASFORMAZIONE DEL FOSSILE E L’INVESTIMENTO ENORME DEI SUSSIDI DELLE RINNOVABILI

Dal 1990/92 fino ad oggi la potenza è molto aumentata, anche nel settore elettrico, ma se si comparano i dati si trova che il funzionamento nelle ore è identico, per cui serve una diversa fonte di energia per sopperire le ore in cui il sistema deve comunque funzionare. Possiamo utilizzare ogni fonte, ma anche aumentando di 20 volte la potenza installata, le ore restano sempre le stesse. Occorre quindi semplicemente aumentare la fonte energetica, non è una quesitone di clima, ma una questione di richiesta.” Sarebbero moltissime, secondo il professor Giaccio, che ha molto poco a che fare con la natura e molto con l’economia. A livello globale le emissioni sono molto poco bilanciate; la svolta climatica è un nuovo settore economico.

“I Governi rappresentano tutti i cittadini, i fondi di investimento invece rappresentano solamente una parte di interessi. Se andiamo a vedere in percentuale la lotta per la produzione energetica è all’ultimo sangue e le società gravano sui Governi e continuano ad aumentare il ciclo” il caso della Germania è emblematico, ha detto Giaccio.

IL FOTOVOLTAICO

“Esso viene visto come obiettivo, di fronte all’emergenza climatica si è pensato al fotovoltaico, si sono stravolti completamente molti parametri di produzione energetica, con un denaro enorme devoluto a questa missione, non ad altre attività indispensabili per la prevenzione dei disastri ambientali. La responsabilità morale dello spreco delle risorse è il fotovoltaico, indirettamente. Non c’è emergenza climatica è la petizione firmata da quasi 3 mila scienziati che contestano la visione principale che vuole vedere l’emergenza climatica.” Il professor Battaglia ha analizzato molti elementi e molti dati, tra cui per primo l’assorbimento dell’energia elettrica che avviene 24 ore su 24. Con le tecnologie tradizionali di gas, idroelettrico, carbone e nucleare possiamo produrre sempre energia elettrica, con le altre tecnologie non possiamo perché l’energia non è conservabile. Vi sono pro e contro di ogni modello di produzione energetica, ma la più sostenibile economicamente sarebbe sempre il nucleare, razionalmente parlando. Con pochi reattori nucleari, 30, in Italia, arriveremmo a coprire l’intero fabbisogno h24.

 

Martina Cecco

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