Altro che fuga dalla City dopo Brexit: Londra vince anche la battaglia sull’euroclearing

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Obtorto collo, Bruxelles ha dovuto inchinarsi alle ragioni dei mercati e del rischio sistemico. La Commissione Ue ha concesso alle banche e agli intermediari finanziari dell’Unione europea di continuare ad usare l’infrastruttura della City di Londra per gestire la liquidazione e il regolamento dei contratti derivati denominati in euro. L’euroclearing è un business da 563 trilioni di sterline all’anno. Il giorno stesso della Brexit, Rue de la Loi ne aveva annunciato il rimpatrio: secondo gli euroburocrati la supervisione e la vigilanza sulle transazioni in euro dovevano migrare nell’Eurozona sotto la giurisdizione della Bce, per proteggere le banche e gli intermediari finanziari europei “dal rischio esogeno”. Ma proprio i presunti clienti hanno fatto le barricate. Gli agenti di mercato si sono dimostrati indisponibili a lasciare Londra. È a Londra che concentrano il portafoglio rischi e le posizioni nette, per poter compensare debiti e crediti in multivaluta e risparmiare miliardi al giorno sui margini e sulle assicurazioni necessarie a concludere le operazioni di mercato.

Due settimane fa, l’amministratore delegato del London Stock Exchange Group aveva dichiarato di aspettarsi che l’Ue avrebbe concesso agli intermediari finanziari dell’Eurozona di liquidare gli scambi in euro nel mercato dei derivati attraverso l’infrastruttura della City. “La mia aspettativa – aveva dichiarato David Schwimmer a Bloomberg – è che la Commissione Ue continuerà a permettere agli intermediari finanziari europei di accedere a LCH”. In risposta, il commissario europeo ai servizi finanziari Mairead McGuinness aveva messo le mani avanti, dichiarando al Financial Times che Bruxelles era d’accordo ad evitare l’instabilità del mercato e il cliff edge, ammettendo che l’Ue non avrebbe potuto costruire competenza e infrastruttura nel “medio termine”.

Sull’Ue pesano anche le pressioni di Wall Street. L’industria finanziaria Usa è contraria al frazionamento del pool di liquidità di Londra e all’aumento del costo sistemico generato dalla perdita del netting multivaluta offerto dal Miglio Quadrato. Inoltre, gli Usa non vedono la necessità di allineare la valuta dei contratti al controllo del regolatore domestico, dato che gli scambi denominati in dollari vengono liquidati sia in Uk, sia in Ue senza porre problemi di risk management. D’altra parte, se ciò fosse stato necessario, i mercati avrebbero reagito. Al contrario, la Brexit non ha finora generato nessuno spostamento significativo del clearing verso i centri finanziari europei. Secondo i dati di Osttra, LCH liquida ancora il 90 per cento di tutti i derivati denominati in euro, per un controvalore medio di 563 miliardi al giorno, con picchi di 950 miliardi al giorno.

Le casse di compensazione e garanzia fungono da barriere contro trader di strumenti derivati in default, detenendo garanzie e monitorando rischi. Una funzione sempre più fondamentale nella finanza globale e oggetto di normative prudenziali emanate in risposta alla crisi finanziaria del 2008. Il primo round di questa battaglia era stato combattuto già prima della Brexit con esito negativo per l’Europa. In Marzo 2015, la Corte di Giustizia delle Ue aveva deliberato a favore del Regno Unito, affermando che la Banca centrale europea non poteva imporre la sede del regolamento delle transazioni denominate in euro. Successivamente alla Brexit, l’Ue sperava di riaprire la partita, sottraendosi all’accordo di equivalenza con l’Uk.

Ma il trasferimento sarebbe una fonte di rischi. Primo fra tutti, una frammentazione delle attività di compensazione sull’euro che avrebbe aumentato il costo del capitale per le attività denominate in euro, diminuendone così il suo ruolo come asset di riserva e contrappeso alla preponderanza del dollaro americano.

Proprio la stetegicità del clearing spiega la cessione di Borsa Italiana ai francesi di EuronextBorsa Italiana possiede Monte Titoli Spa, la Cassa di compensazione e garanzia Spa, ed Mts Spa. Tali società offrono attività di liquidazione, regolamento, custodia, e servizi di collateral management su titoli domestici e internazionali su un nozionale pari a 3,3 trilioni di euro. Monte Titoli opera il servizio di Triparty Collateral Management a sua volta garantito dalla Cassa di compensazione e garanzia. Con l’acquisizione, Euronext intende creare una infrastruttura di clearing europea che, indipendentemente dalla battaglia sull’euroclearing di Londra, capace di fornire liquidità al sistema bancario e massa critica a sostegno del debito pubblico europeo.

Tuttavia, la preminenza della City di Londra non è in discussione. Per spiegare il successo della City di Londra, servono tre parole. La prima è distretto. Nel Miglio Quadrato di Londra si è creato, a far data dal 1275, un cluster di eccellenza. Imprenditori, finanzieri, professionisti e ricercatori si confrontano all’interno di un ecosistema, in cui le competenze si incrociano e la conoscenza prolifera. La contiguità fisica è diventata un criterio organizzativo strategico che produce un vantaggio competitivo per l’insieme dell’ecosistema.

La seconda è aperto. Nel Miglio Quadrato di Londra gli agenti economici sono messi nelle condizioni di poter realizzare il proprio pieno potenziale. Le imprese operano in un mercato concorrenziale e ben regolato; mentre gli individui non hanno limiti ai propri sviluppi di carriera. L’iniziativa economica è incoraggiata, l’inequalità quasi inesistente, la mobilità sociale un dato di fatto.

La terza è internazionale. Un centro finanziario internazionale attrae, perfeziona, e ritiene una forza lavoro internazionale. Questo per produrre una reductio ad unum di competenze diversificate, acquisire reti di relazioni, e sviluppare una cultura sovranazionale scevra di specificità nazionali. In un centro finanziario internazionale, le best practices sono immediatamente condivise e le inefficienze rapidamente eliminate.

Per capire la Brexit, analogamente, servono tre riferimenti. Il primo è l’impero romano. Il successo dell’impero romano fu dovuto alla sua capacità di sintesi, manifestata nei due capisaldi dell’impero: il diritto romano e la cittadinanza romana. L’impero romano trovava la sua legittimazione nella condivisione delle regole, applicate uniformemente dal centro alla periferia dell’impero, e nell’uguaglianza di diritti e doveri, codificata nello status individuale del cittadino dell’impero, civis romanus sum. Tra il tempo del suo zenith e del suo nadir, l’impero romano è stato governato da imperatori non romani (Diocleziano, dalmata; Traiano, andaluso; Massimino bulgaro), a certificazione del suo universalismo identitario.

Il secondo è lex mercatoria. Con la nascita degli stati nazionali, già nel basso medioevo, i mercanti svilupparono un corpus normativo sovranazionale applicabile alla comunità degli affari e basato sulla reciproca accettazione delle convenzioni commerciali, al di fuori del diritto di natura statuale. Strumenti quali la cambiale, l’assegno bancario, la lettera di credito sono prodotti della lex mercatoria. Nella stessa epoca nasce il Monte dei Paschi a Siena, la più antica banca al mondo, che promosse la nascita di un mercato europeo e il formarsi di uno standard internazionale per i secoli a venire, accettato da tutti gli operatori negli scambi mercantili. Il declino di MPS è un monumento al fallimento di un sistema.

Il terzo è identità. L’identità concepita come territorio, nazione o passaporto è in realtà una concezione piuttosto recente. Nella City l’identità si definisce nella comunanza di esperienze. Nessuno nel Miglio Quadrato è nato, cresciuto e vissuto nello stesso quartiere, città o posto.

Alla fine, Bruxelles si è arresa alla storia e alla realtà.

Di Bepi Pezzulli mutuato da ATLANTICO QUOTIDIANO QUI

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