Sarkozy: meglio un re Sole che gli scettici

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di Giovanni Radini

I rumor che circolano in questi giorni nelle sedi istituzionali Ue, sull’eventualità che Sarkozy voglia prolungare il suo incarico di presidente di turno se non dell’Europa a 25, almeno dell’Eurozona, possono avere un ché di fondato. Sarebbe infatti una mossa alla Sarko. In questi ultimi mesi l’Eliseo ha saputo stupire più volte gli osservatori continentali – meno quelli d’oltremanica e oltreoceano, rimasti entrambi sempre freddini – con exploit diplomatici di rilievo: il summit euromediterraneo e gli accordi di massima che hanno decretato il cessate il fuoco in Georgia. In entrambi i casi, i più scettici hanno parlato di boutade transalpine prive di sostanza, volute e quasi imposte da una presidenza spettacolare. Può essere. Tuttavia, finora pochi erano riusciti nell’impresa di riunire tanti Capi di Stato e di governo mediorientali – fra cui il siriano Assad e l’israeliano Olmert – senza che ne emergessero più di tanto gli attriti. Ma, anzi, si ponessero le basi per un nuovo dialogo tra l’Europa e i suoi dirimpettai dello stesso mare. Come pure gli accordi con Medvedev di agosto hanno, alla fin fine, messo una toppa a una crisi caucasica che nessuno aveva previsto e che nessuno sapeva come arrestare.

Certo, l’obiettivo odierno di Sarkozy non nasconde i suoi tratti di strumentalizzazione. Cavalcare la crisi finanziaria mondiale per mantenere la guida dell’Europa, addirittura un anno in più del previsto, suona molto di grandeur francese con pretese di leadership sul continente. E lo stesso piano di aiuti pari a 1.800 miliardi che l’Eliseo propone – effettivamente di paternità Ue – può far sorgere il dubbio che si tratti di un intervento più dirigista e semi-statalista, rispetto all’effettiva riforma strutturale che chiedono i mercati di tutta Europa, anzi di tutto il mondo, ma che nessuno ha saputo definire.

Ciononostante, di fronte a una crisi di questa portata ciò che ci vuole è un decisionista. Che sappia sì circondarsi di un pool di economisti ed esperti del settore, capaci di consigliargli la strada migliore e meno dolorosa per uscire dai marosi. D’altra parte, nei momenti difficili, l’ultima parola è giusto che spetti a uno solo. Uno solo che sappia decidere politicamente e che abbia alle spalle una esperienza di governo. In questo caso Sarko garantirebbe anche in termini di continuità. Cosa che, al contrario, non potrebbero fare i suoi eventuali successori alla presidente dell’Ue, cechi prima e svedesi poi. Entrambi notoriamente euroscettici. Vada per Sarko, allora, per quanto primadonna egli sia. Con i suoi precedenti brillanti che possono fargli da sponda.

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