Il mondo di oggi corre veloce. Si dirà che è una banalità, che è sempre andata così.
Il fatto è che corre a una velocità sbagliata o, meglio, squilibrata.
Molti delle mia generazione, che ha ormai superato i quarant’anni da qualche tempo, sono stati i cosiddetti “pionieri” del web, del mondo dei blog, in particolare, quando ancora non esistevano i “social”.
Quando in internet ci bazzicavamo in pochi, sul finire degli Anni ’90 e i primi anni 2000.
Quando non c’erano regole né filtri, c’era più libertà, anche di opinione e allo stesso tempo c’erano meno pericoli di oggi.
Quali pericoli? Il pericolo delle truffe online, ma anche delle manipolazioni operate dall’intelligenza artificiale e dagli operatori della pubblicità commerciale, spesso ingannevole, oppure delle notizie create ad arte per aumentare i cosiddetti “click”.
Del resto è notizia recente che le ricerche sul motore di ricerca Google sono drammaticamente peggiorate a causa della cosiddetta spazzatura SEO, proprio perché molti vogliono fare incetta di “click”, per monetizzate con il marketing, facendo apparire, però, contenuti con una pessima qualità del testo.
Sul web, vent’anni fa, ci divertivamo a sperimentare. Non eravamo bombardati da fastidiosissima pubblicità commerciale, per leggere un sito o per guardare un video su YouTube. Scrivevamo pensieri, barzellette, riflessioni. I primi articoli seri ho iniziato a scriverli così. E all’epoca – quando creai il mio primo blog (che arrivò, negli anni, persino a superare il milione di visite) – scrivevo da un bar, non disponendo di una connessione casalinga.
E soprattutto non pensavamo a “monetizzare”. Non volevamo guadagnare da ciò che facevamo. Anzi, non volevamo nemmeno la pubblicità sui nostri blog, se possibile.
Molti di noi, fra cui il sottoscritto, la pubblicità sui propri siti/blog, non l’hanno voluta nemmeno dopo.
Perché la banalizzazione dei contenuti, ovvero l’abbassare il proprio pensiero alle necessità commerciali, significherà anche guadagnare dei soldini, ma significa anche perdere in termini di qualità e in termini di onestà intellettuale.
Tutto questo discorso mi è tornato alla mente riflettendo su un paio di cose almeno.
La prima è il Festival di Sanremo, che ho sempre visto come la sagra della noia mortale (tanto quanto i talk show) e della banalità.
Perché? Perché, appunto, i contenuti, sono fatti ad arte per far parlare del programma, a scopo commerciale. Non per approfondire il contenuto (che potrebbe essere anche il contenuto di una canzone!). La canzone, ovvero il festival della canzone, diviene così un pretesto per costruirci, attorno, ben altro.
E’ un po’ come la politica degli ultimi trent’anni in Europa, che si è completamente americanizzata (e la bassa, se non addirittura bassissima, qualità del personale politico – di maggioranze e opposizioni – si vede eccome!).
I contenuti non esistono. Esiste la ricerca della rissa, del pettegolezzo, dello scontro vuoto e pretestuoso. Della spettacolarizzazione, insomma. Lo slogan e la promessa per attirare voti. Poco importa se, quello che viene detto, non è fattibile o contraddice ciò che si era detto prima.
Mi chiedo quanti ci riflettano, su questo.
Sono convinto meno dell’1% della popolazione. Ma non perché “la gente non ha tempo”, ma perché molti spesso, amano inconsapevolmente o meno, essere ingannati, manipolati, usati. Deformati attraverso un’informazione banale e pre-confezionata, anziché adeguatamente formati attraverso l’approfondimento.
L’approfondimento, infatti, richiede fatica, pazienza, tempo, capacità di mettere in discussione OGNI punto di vista. A iniziare dal proprio.
E’ l’esatto opposto della mediaticità della televisione, del web e di quella negazione dell’arte e dell’intelligenza umana chiamata “pubblicità”, sia essa commerciale o politica (ormai sono la stessa cosa, potremmo dire).
Riflettevo sul fatto che a Adriano Celentano non hanno mai fatto condurre un Festival di Sanremo, ed è un peccato.
Perché lui avrebbe sovvertito tutte le regole del gioco televisivo, come ha sempre fatto.
Avrebbe fatto lunghi monologhi su tematiche serie, attuali e concrete, scandalizzando il pubblico, come ha sempre fatto nei suoi programmi (pagando anche di persona).
Allo stesso tempo, probabilmente, si sarebbe sottratto alle domande dei giornalisti e avrebbe disertato quelle inutili conferenze stampa.
Avrebbe avuto pochi ascolti? Meglio ancora!
Sarebbe stato un vero successo! Anzi, il vero successo.
Un punto di partenza per rimettere in discussione il modo di fare televisione, informazione, cultura ai tempi d’oggi.
Celentano sarà sempre un grande artista internazionale, proprio perché capace di USARE il mezzo televisivo e non essere usato dallo stesso.
Ed è la stessa ragione per la quale non esistono più politici seri e degni di questo nome. Alchimisti dello spirito e quindi dell’arte politica, capaci di USARE la politica per il bene della collettività. E non viceversa, come avviene da tempo, ove sono usati tanto da poteri esterni, quanto condizionati da un’opinione pubblica priva di ogni tipo di formazione, ma imbottita di vuota informazione e delle sciocchezze che vengono partorite ormai da ogni dove, ad uso e consumo della pubblicità commerciale e delle mode.
L’altro aspetto sul quale riflettevo è il pericolo dell’intelligenza artificiale. Un’IA che è addirittura in grado di creare, partendo da zero, modelle, attori, cantanti, sostituire i doppiatori e persino gli scrittori!
L’avvento della follia delle macchine contro l’intelligenza umana è già fra noi, purtroppo.
Non si tratta di essere neo-luddisti, ma di riflettere sui profondi squilibri che ha causato e sta causando gran parte della tecnologia legata al web.
Pensiamo a come i “social” abbiano persino condizionato il modo di vivere delle persone. Che si parlano sempre meno, sono sempre più nervose e rese “folli” da pseudo-confronti che avvengono in rete.
Certamente i “social” sono un pericolo per la salute mentale, ma la colpa è della collettività intera e persino di quei genitori che permettono ai loro figli minorenni di fare uso dello smartphone. Ansia, stress, depressione, riduzione dell’autostima, alcuni dei sintomi che recenti studi hanno rilevato essere associati all’uso massiccio dei “social”, nuova droga moderna, in quanto in grado di dare inconsapevole assuefazione.
Ora, spero di non risultare bacchettone, ma le riflessioni che ho voluto mettere, nero su bianco, derivano proprio dalla mia esperienza ventennale nel settore, sia del web che videoludico e nella mia osservazione di quanto le nuove tecnologie e quelle a venire possano garantire più squilibri (in termini di salute mentale; di perdita di posti di lavoro; di perdita della volontà di molte persone di voler cercare un lavoro, in quanto ormai assuefatte dalle macchine; di dipendenza fisica o addirittura psicologica dalle macchine…) che benefici. Benefici che sono sicuramente immediati, ma, come ogni cosa immediata, destinata a finire molto presto, lasciando un forte amaro in bocca.