L’omicidio di George Floyd mette a rischio lo status di sicurezza americana, e Trump è inadeguato

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Una decina di collutazioni, 18 provvedimenti disciplinari, molte sparatorie: sono queste le condizioni in cui lavorava (a contatto con la stradale e con i minorenni) il poliziotto, Derek Chauvin, che ha ucciso insieme a un collega Tou Thao e insieme a un gruppo di stradali che non è intervenuto, l’uomo di 46 anni, segnalato e sorpreso alla guida in stato di ebbrezza. Un arresto avvenuto in presenza di due persone, famigliari. Si presume una minorenne o all’incirca, da chiarire.

La situazione che vede al centro dell’attenzione i poliziotti killer è gravissima: Minneapolis ed il Minnesota sono messi a ferro e fuoco, le parole del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha usato su twitter hanno peggiorato la situazione, che è critica, sia per le proteste che per la guerriglia urbana che è seguita. Si vedano ad esempio l’incendio della Stazione di polizia locale e le diverse sommosse con incendi. Una notte piena di rivolte e di manifestazioni, anche violente, che mettono di nuovo il razzismo al centro della situazione, ma non solo: che la posizione proibizionista e anti degrado possa non essere interpretata  a genio per la sinistra americana, più declinata ai recuperi, è ovvietà, ma alcolisti e persone disagiate vi sono anche tra le fila della destra di Trump e questo gesto porterà notevoli ripercussioni sul concetto di “status di sicurezza” che interressa agli americani. Hanno paura i neri, ma anche i bianchi.

L’estensione del concetto di legalità ha avuto – nel proibizionismo – l’estremo effetto di abbattere il concetto di giustizia.

I poliziotti killer hanno – con questo gesto – nichilito senza dubbio la legittimazione e il ruolo delle Forze dell’Ordine, vanificando gli sforzi di chi opera correttamente. Un atto indegno dell’arma: applicare una strategia di bloccaggio di un “gigante buono” per di più ubriaco, come se fosse un terrorista reo di accoltellamenti e di sparatorie tra la folla.

Derek Chauvin e Tou Thao sono “Dead man walking” per via dell’omicidio di George Floyd, l’uomo soffocato da una messa in sicurezza fatta in modo inadeguato.

Due pesi e due misure: una posizione del genere uccide un bisonte e di questo dovranno rispondere gli interessati, anche se sembra incredibile che un Poliziotto con questo curriculum possa ancora girare a piede libero in mezzo a potenziali minorenni.
Mentre l’indignazione sale, salgono anche le domande: esiste un controllo di salute psichica tra le Forze dell’Ordine americane?

Mentre la Guida in stato di ebbrezza e anche senza mascherina per il Covid potrebbe trovare diversi metodi di redenzione, che non contemplino la violenza, questo gesto, non del tutto squalificato da Trump, portebbe essere un messaggio talmente depotenziante da mettere fine anche alla carriera del Presidente degli Stati Uniti, che non ha preso sufficientemente le distanze da una giornata che si è tinta immediatamente di “razzismo”.

George Floyd un alcolista? Un dipendente da droghe? Saranno le autopsie a chiarire se prima della messa in sicurezza l’uomo abbia avuto un malore, sia scivolato, sia stato preso da un attacco di panico, ma in ogni modo le 4 telecamere di sicurezza in sequenza smentiscono la posizione dei poliziotti, secondo i quali l’uomo avrebbe posto resistenza.

L’uomo, scivolato davanti alla portiera posteriore della macchina per il trasporto in commissariato, oltre che lamentare il soffocamento, ammanettato, piangente, non ha mosso alcun arto.

Che una persona non possa mettersi a guidare dopo aver bevuto od assunto droghe è un concetto, che non tocca né l’omicidio stradale, né l’omicidio per arresto da parte della Polizia, si adegui la legge rendendo la Giustizia un metro di misura valido e garante della Legalità e non viceversa, dove attualmente la Polizia passa assolutamente dalla parte del torto, ammazzando un uomo che – al più – ha compiuto un illecito amministrativo punibile con qualsivoglia ammenda e sequestro del mezzo, ma non certo con la pena di morte.

La legalità senza giustizia è un sasso al collo nel mare dell’umanismo.

Martina Cecco

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