Su Berlino i riflettori dell’Europa

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LINO TERLIZZI

Manca meno di un mese alle elezioni del 22 settembre in Germania e cresce l’attenzione di molti Paesi, ovviamente soprattutto in Europa, nei confronti di questo rinnovo del Parlamento tedesco. Si cerca di capire quale sarà l’esito del voto e quali saranno le possibili conseguenze sia sul piano politico che su quello economico. Un parte di questa attenzione è giustificata, visto il ruolo centrale della Germania nell’Eurozona e nell’Unione europea. Un’altra parte è forse eccessiva, considerando che le incertezze legate al voto ci sono, sì, ma non sono poi molte. Numerose restano invece le certezze fornite dalla Germania per quel che riguarda il suo ruolo in Europa. L’incertezza principale, a ben vedere, è questa: riuscirà oppure no la nuova formazione euroscettica Alternative für Deutschland ad entrare in Parlamento, superando la soglia del 5%? È un’incertezza che ha una subordinata, legata al Partito liberale (FDP) alleato della CDU della cancelliera Angela Merkel. Se infatti Alternative riuscisse a superare la soglia, ciò potrebbe anche avvenire a scapito dei liberali, che nella peggiore delle ipotesi vedrebbero messa addirittura in discussione la loro presenza in Parlamento.

C’erano comunque già timori per i liberali, ma la campagna di Alternative li ha un po’ aumentati. La nuova formazione è partita con la richiesta di uscita dall’euro e di ritorno al marco. Poi, avendo constatato le difficoltà di tale ritorno, si è attestata sulla richiesta di uscita dall’euro dei Paesi del Sud Europa, con la creazione di fatto di un euro del Nord Europa. In un modo o nell’altro, l’impostazione di AfD è chiaramente contraria all’attuale Eurozona. Il punto è che in Germania i partiti rappresentati in Parlamento possono opporre obiezione di incostituzionalità alle leggi federali e alle iniziative del Governo che su di esse incidono. AfD potrebbe quindi chiamare in causa la Corte di Karlsruhe in un gran numero di casi legati alla politica tedesca verso la UE e l’Eurozona, ad esempio per quel che riguarda i salvataggi dei Paesi in difficoltà. A fronte di queste incertezze, ci sono appunto alcune certezze. La prima è che Angela Merkel continuerà ad avere un ruolo di primo piano. I sondaggi la danno vincente e con ogni probabilità, sull’onda della sua popolarità, la CDU cristianodemocratica si aggiudicherà il primo posto. La seconda certezza è dunque che la politica tedesca verso la UE e verso l’area dell’euro continuerà in sostanza ad essere quella di questi ultimi anni, fatto salvo il fattore di disturbo eventuale di Alternative für Deutschland. Che la CDU possa continuare a governare con i liberali o che debba tornare ad una Grosse Koalition con i socialdemocratici della SPD, ebbene ciò non cambierà la sostanza della politica del Governo tedesco, soprattutto in economia e soprattutto per quel che riguarda l’area dell’euro. I punti fondamentali di questa politica sono l’attuazione definitiva delle riforme per assicurare ancora flessibilità e slancio all’economia tedesca , l’applicazione di una linea di rigore nei conti pubblici sia in Germania sia nei Paesi che aderiscono all’euro, la difesa della moneta unica ed anche del mercato unico europeo.

La SPD ha scelto come candidato cancelliere Peer Steinbrück, che i sondaggi continuano a dare come perdente. I socialdemocratici tedeschi hanno avuto in passato alcune leadership maggiormente seguite e riconosciute, tra cui, in anni recenti, quella di Gerhard Schröder, che da cancelliere varò quella Agenda 2010 che ha fatto poi in parte da base anche all’azione dei Governi guidati dalla Merkel, soprattutto per quel che concerne ancora una volta il terreno economico. Resta da vedere quali risultati avranno altre formazioni politiche con un certo peso presenti sulla scena tedesca, come i Verdi e la Linke, e quali cifre avranno altri gruppi minori. Al di là delle variazioni percentuali all’insù o all’ingiù per queste formazioni, al monento è comunque diffcile pensare ad un venir meno del ruolo principale della CDU di Merkel. Un permanere al Governodella CDU guidata da Angela Merkel, sia nella versione classica dell’alleanza con i liberali sia nella eventuale coalizione con i socialdemocratici se ciò fosse necessario, è in questo quadro auspicabile anche per la UE e l’Eurozona. E in fondo anche per la Svizzera. Criticata per il presunto eccessivo rigore e per un altrettanto presunto nazionalismo esasperato, la Merkel ha in realtà cercato di gestire al meglio una crisi che non è stata causata dalla Germania e da altri Paesi rigorosi del Nord Europa, bensì dall’eccessivo indebitamento di molti Paesi nel mondo ed in particolare – a latitudini europee – da alcuni Paesi del Sud dell’Eurozona. La Germania non è esente da errori nei tempi e nei modi, ma la sua linea a favore del rigore nell’Eurozona come presupposto di una crescita economica solida è sostanzialmente giusta. In un contesto come l’attuale, la fine dell’euro creerebbe d’altronde un’instabilità negativa, che potrebbe portare tra l’altro anche a un franco di nuovo troppo forte e che potrebbe dunque far male anche alla Svizzera.

fonte: Corriere del Ticino

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