Le condizioni di Teheran alle sanzioni Onu

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di ANTONIO PICASSO

La risposta di Teheran alle nuove sanzioni imposte dall’Onu è giunta dopo una settimana. Mercoledì scorso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva varato la Risoluzione n. 1929, che autorizza “l’ispezione di tutte le navi con bandiera iraniana, sia nei porti sia in mare, per controllare che non trasportino materiale che possa essere utile il programma nucleare e missilistico del regime”. L’Iran ha preferito attendere sette giorni prima di replicare alla mossa della comunità internazionale. In questo modo ha formulato una risposta politica strutturata ed esposta dagli interventi pubblici del suo Presidente della Repubblica, Mahmoud Ahmadinehad, e dello speaker del Parlamento (Majlis), Ali Larijani. Nello stesso momento, l’Agenzia nazionale per l’energia nucleare (Iran’s Atomic Energy Organization, Iaeo), presieduta da Ali Akbar Salehi, ha comunicato la costruzione di un settore di ricerca in campo medico. Il primo è in funzione vicino a Teheran ormai da molti anni e viene alimentato da uranio arricchito al 20%. Quest’altro, come ha dichiarato Salehi, verrà utilizzato per ottenere radioisotopi per la produzione di farmaci per la cura del cancro. Salehi ha aggiunto che la fase di progettazione del reattore dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno persiano (marzo 2011), per entrare in funzione dopo cinque anni. Il capo dell’Iaeo ha reso anche nota l’intenzione di realizzare altri reattori in varie regioni del Paese, ma soprattutto ha sottolineato che “i medicinali prodotti in Iran saranno anche esportati all’estero”.

La dichiarazione tecnica di Salehi è stata incorniciata nei discorsi prettamente politici di Amhadinejad e Larijani. Il primo è intervenuto a un comizio nella città di Shahrekord, a sud della capitale. Le sue parole sono
risultate minacciose, quanto grossolane. Il Presidente iraniano infatti è tornato ad attaccare il “regime sionista” israeliano, ma ha anche definito gli Stati Uniti “la dittatura più violenta del mondo”. “Per questo – ha aggiunto – ci impegniamo a salvare il popolo americano dalla repressione del suo governo”.
Dichiarazioni, queste, che si sposano con la recente intervista rilasciata alla Bbc dal Presidente venezuelano, Hugo Chavez. L’alleato più vicino all’Iran e altrettanto agguerrito verso l’Occidente, di fronte al perplesso giornalista inglese Stephen Sackur che lo ascoltava, ha puntato l’indice contro il bellicismo che continua a covare all’interno della Casa Bianca. Anche ora con l’Amministrazione Obama. In entrambi i casi si è trattato di un modo di ribaltare le accuse da parte di due regimi che non nascondono l’autoritarismo e la forza alla quale ricorrono per annientare i rispettivi movimenti di opposizione.
Non è un caso che Teheran abbia aspettato a reagire all’intervento sanzionatorio dell’Onu proprio in coincidenza con il primo anniversario del tentativo di rivoluzione da parte dell’“Onda verde”. Ahmadinejad inoltre ha definito le sanzioni “un’ingerenza delle grandi potenze internazionali”.
Queste verranno punite e si pentiranno della decisione presa”, ha ammonito il leader iraniano. Tuttavia, e questo è un ulteriore paradosso del suo intervento, il Governo di Teheran è pronto a sedersi nuovamente al tavolo dei negoziati, “per presentare le sue condizioni, in risposta alla risoluzione 1929”. Ahmadinejad però non è entrato in merito a quali condizioni il suo Governo potrebbe presentare come contropartita alle Nazioni Unite.

Di taglio molto più concreto è risultato invece il discorso di Larijani. Il Presidente dell’assemblea nazionale a Teheran ha dichiarato che proporrà all’ esecutivo di “ispezionare tutte le navi straniere che approderanno nei porti iraniani, o che solcheranno le acque del Golfo persico”. È una risposta speculare al documento Onu. Quindi ha un valore politico. È sostenuta però anche da un obiettivo strategico altrettanto significativo. L’Iran si sente in diritto di salire a bordo di tutti i navigli, civili e militari, che dall’ Occidente e dall’Estremo Oriente giungono negli scali petroliferi dell’Arabia Saudita, del Bahrein, degli Emirati Arabi, del Kuwait e del Qatar. È un tentativo di intromettersi nelle attività commerciali e negli scambi di armamenti che i Paesi arabi mantengono con il resto del mondo.
Al di là della propaganda di Ahmadinejad, forse è più importante sottolineare l’intervento di Larijani e l’astuzia nelle dichiarazioni di Salehi. Il primo, con questa linea vendicativa, si conferma essere un fine political animal che – sulla base della passata esperienza come Ministro degli Esteri – sa come ferire l’avversario. Il secondo ha sottolineato che l’eventuale esportazione di medicinali ottenuti dai reattori in via di costruzione nel Paese. Un messaggio di “buonismo”, questo, che mira a smontare la tesi per cui l’Iran starebbe costruendo un proprio arsenale nucleare.

In ogni caso le dichiarazioni di Ahmadinejad, Larijani e Salehi sottolineano come il regime degli Ayatollah, a dodici mesi di distanza da quando se ne ipotizzava il crollo, voglia dimostrarsi inossidabile di fronte agli attacchi trasversali della diplomazia straniera. Le contraddizioni interne all’Iran restano insolute ed evidenti. Ma Teheran non demorde.

Pubblicato su liberal del 17 giugno 2010

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