Proposta di modifica alla legge per le donne in carcere con figli infanti e minori

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di IRENE TESTA*

Madri di prole in età infantile o prescolare che si trovano nelle condizioni di arresto e di carcerazione: la attuale legge vigente necessita di una revisione, Liberalcafé ha cercato di entrare nel merito del problema parlandone con Irene Testa, Segretario dell’Associazione “Detenuto Ignoto” che in questi mesi sta portando all’attenzione pubblica e del Governo una proposta di modifica alla attuale legge, per garantire ai minori e alle madri di poter stare in una struttura alternativa al carcere per scontare la pena e per crescere serenamente.

Bambini, da ancora dentro il grembo materno fino all’età di tre anni, innocenti come solo loro possono essere, rinchiusi nelle patrie galere con le loro madri: bambini che vivono e respirano la reclusione, i cui sogni sono tormentati dai suoni metallici della battitura dei ferri e dallo stridere delle chiavi che chiudono i cancelli di sicurezza.

Bambini che imparano a dire “guardia” prima di “papà”, che nella loro naturale imitazione della mamma offrono i polsi agli agenti per farsi ammanettare, e che con le mamme vivono l’odissea delle traduzioni, ore di strada a bordo dei cellulari della polizia penitenziaria, verso un altro istituto di pena dove probabilmente non ci sarà niente, neanche un pugno di latte in polvere, per accoglierli. Bambini che allo scadere del terzo anno d’età sono infine strappati anche alla loro mamma per essere dati in affidamento.

Purtroppo non è la descrizione di una situazione lontana nello spazio e nel tempo, ma ciò che continua ad avvenire oggi in Italia per circa 70 minori (secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’associazione Antigone), le cui mamme detenute sono escluse dai provvedimenti della legge Finocchiaro del 2001, testo che prevede la detenzione domiciliare per le madri di prole fino ai dieci anni di età, condannate anche per reati gravi, che abbiano però scontato almeno un terzo della pena o almeno 15 anni nei casi di ergastolo, e per le quali non sussista il pericolo che commettano altri reati.

C’è chi è in custodia cautelare e c’è chi non ha scontato abbastanza, e non possono ancora accedere al beneficio, ma la maggior parte sono mamme detenute straniere che non hanno un domicilio dove poter scontare, o che scontano per reati di microcriminalità e collegati alla tossicodipendenza, condizione che le esclude per l’alto tasso di recidiva che caratterizza questi profili.

70 casi non sono tanti, ed è la condanna paradossale dei piccoli numeri che vige su questi bambini, nonostante la loro condizione sia stata varie volte giustamente denunciata da ogni parte politica come abominevole, e in molti abbiano manifestato la volontà di porvi rimedio: tanto pochi da far pensare a una semplice soluzione del loro dramma, troppo pochi perché il loro dramma sia ritenuto un’urgenza per la politica.

Eppure, osserva Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia nello scorso governo Prodi, basterebbero sei appartamenti in altrettante città italiane per ospitarli tutti con le loro madri. Proprio in questa direzione si era mossa nella scorsa legislatura una proposta di legge della Rosa nel Pugno per la creazione di apposite strutture chiamate “case famiglia protette”, dove le madri potessero scontare la loro pena e i figli crescere in un contesto più umano. Recentemente la proposta è stata rivista e ampliata dalla senatrice Donatella Poretti, radicale eletta nel Partito Democratico, in collaborazione con l’associazione il “Detenuto Ignoto” e ripresentata con un sostegno bipartisan che va dalla Vicepresidente del Senato Emma Bonino, al Ministro ombra Maria Pia Garavaglia (PD), alla sen. Poli Bortone del Pdl e al sen. Cuffaro dell’Udc.

Il disegno di legge prevede che le madri di prole fino ai dieci anni d’età possono, in mancanza di un altro luogo dove scontare la pena, stare con i loro figli nelle case famiglia protette. Queste strutture devono sorgere al di fuori degli istituti di pena, ed essere rette e assistite da personale esperto in pedagogia e psicologia dell’infanzia. La sicurezza sarà garantita dalle prefetture, in coordinamento con la magistratura di sorveglianza e con la direzione, e ci si potrà avvalere anche di apparecchiature di videosorveglianza.

Il provvedimento è valido anche per le detenute straniere i cui figli si trovano nel paese d’origine e per i quali è previsto un apposito permesso di soggiorno. E’ inoltre previsto che la madre possa accompagnare il figlio per interventi medici d’urgenza al pronto soccorso o in ospedale, e che il giudice possa, dove ritenuto raccomandabile per il minore, estendere l’applicazione del provvedimento anche alle madri di figli più grandi.

* Irene Testa è una dirigente Radicale, consulente parlamentare in Senato, presso l’ufficio legislativo Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori), Segretario dell’Associazione Il Detenuto Ignoto, membro della giunta di Radicali Italiani.

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