Hanno origine in Mesopotamia, ma ancora non sono reali per tutti

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I Diritti Umani dopo 60 anni dalla proclamazione

di Martina Cecco

I Diritti Umani sono dei diritti uguali per tutti, sia per me, che vivo in una cittadina del Nord Italia, che per un vecchio nato a Benares, grossa città dell’India. Era il 10 dicembre 1948 quando il mondo, la società civile e culturale, capirono ed ebbero la felice intuizione che, se non si stabilisce a priori che cosa spetta a ogni essere umano una volta nato, non ci sono possibilità di convivenza e di reale civiltà.

La Comunità Internazionale riunitasi a Parigi stabiliva così che alcuni dei diritti devono essere estesi a tutti: ad esempio il diritto alla libertà individuale, il diritto alla vita, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare la propria religione, oltre che, di recente tipizzazione normativa, il diritto alla protezione dei propri dati personali*.

Il 10 dicembre scorso cadeva dunque il 60° Anniversario dei Diritti Umani, che già sono stati rinominati DUDU, i quali rappresentano una delle poche reali vittorie internazionali menzionabili della intera società civile.

La storia della Carta di DUDU è ancora più interessante se andiamo a scoprire che, prima di questa dichiarazione, ci fu un lunghissimo percorso che ha portato a garantire una difesa legale del singolo, anche di fronte alla collettività. I DUDU sono in fin dei conti il primo e inappellabile punto di riferimento per descrivere il diritto legale della persona, indipendentemente dalla sua appartenenza, valido solo in quanto nato e quindi essere umano, anche qualora appartenesse a strutture, società, gruppi, culture, che non riconoscono come propria alcuna norma, legge o regola. I DUDU sono la carta che, se rispettata, offre la garanzia del “Vivi e lascia vivere”.

Ben lontane le radici della DUDU: essi sono sempre stati PROCLAMATI, fin dalle origini, ben lungi la volontà di scrivere documenti che avessero carattere normativo, non solo leggi, bensì dichiarazioni, che assumono un valore nel momento della proclamazione con efficacia immediata. Si badi che in Mesopotamia, all’epoca della prima carta dei diritti umani, ancora si conviveva con la schiavitù. Il codice di leggi mesopotamico consiste in 300 sentenze in totale ed è il Codice di Hammurabi, re della Mesopotamia, vissuto nel XVIII secolo a. C. In realtà la stele che contiene il codice è più un esempio di cultura tramandata letteraria, che non una proclamazione di diritti, ma serve per far capire che il percorso della carta dei DU ha origini storiche antichissime.

Non ci sono solo esempi da parte di regnanti, la storia della filosofia, ad esempio, e della letteratura greca e latina sono piene di esempi che si rifanno al problema della convivenza civile, dello stato sociale e dell’umanità. L’Impero Romano, nella sua carta costituzionale, contiene delle norme che tutelano i cittadini romani che vivono nei castra, difeso e propriamente vero, come per i greci era il limes, ma già in questo senso si tratta di documenti che hanno scopi difensivi e non propositivi, civiltà di conquista e di riaffermazione, non di convivenza globale, volti a proteggere un popolo da un altro e a patrocinare una etnia ripetto che non le altre.

I DU in realtà non sono esattamente questo: sono una tutela propositiva resa più che mai attuale dalla società globale, una tutela di tutti per tutti, quindi a vantaggio di tutti, che si rifà piuttosto che non a una legge territoriale, a una legge sovranazionale. In questo senso i DU sono molto più simili ai richiami al rispetto e alla convivenza che hanno origine religiosa.

I DU sono già professati dalle fedi di tutte le società, da quelle antiche, dove i principi dei diritti umani sono stati fissati nei testi religiosi, a quelle moderne. I Veda induisti, il Tanàkh ebraico, la Bibbia cristiana, il Corano islamico e gli Analecta confuciani per fare una lista di testi sacri in cui sono trattati i DU, con precise indicazioni su come comportarsi per difenderli e per proteggere la vita. Si tratta del cosmopolitismo.

Quando parliamo di DU pensando alla dichiarazione di 60 anni fa, non possiamo non pensare che, le Nazioni Unite, sono state promotore del Tribunale Internazionale per la difesa dei diritti dell’uomo, con una legge che stabilisce quali sono le norme che devono valere per tutte le nazioni e che non possono essere violare da alcuno.

In totale i Diritti Umani sono 30 che riassunti sono questi: noi esseri umani siamo tutti liberi ed uguali, nei confronti del prossimo è vietato compiere discriminazione, per tutti la vita è un diritto, non ci possono essere forme di schiavitù, non è legittima la tortura, in tutto il mondo si ha il diritto di essere rispettati.

Di fronte alla legge le persone sono tutte uguali, la legge deve difendere i diritti del singolo e non ci possono essere detenzione e pena se non sono giustamente decretate: ognuno ha il diritto di essere giudicato, con il principio di innocenza.

Ciascuno ha diritto a una vita privata, per cui può viaggiare e muoversi e ha il diritto di asilo per cause gravi; ognuno ha il diritto di nazionalità e di matrimonio, ha il diritto di fare dei figli, avere proprietà private, di pensare, di esprimersi e di riunirsi in pubbliche assemblee.

Infine, ciascuno ha diritto a vivere in un paese democratico e socialmente sicuro, ha il diritto di lavorare e il diritto di giocare nell’infanzia, ha diritto a cibo e giaciglio per riposare, diritto di essere istruito e di vivere in un mondo giusto. Per di più ognuno ha il diritto di essere l’autore delle sue opere, di essere rispettato e di difendere a sua volta i diritti umani.

* Wikies

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