Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia Edmund Burke a Lodi Liberale

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Nella 207esima serata di Lodi Liberale di lunedì 6 febbraio è stato presentato il libro di Edmund Burke “Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia”, pubblicato da Giubilei Regnani, insieme a Marco Gervasoni (Professore di Storia contemporanea presso l’Università del Molise), Daniele Francesconi (Direttore del Festivalfilosofia) e Giacomo Maria Arrigo (Assegnista di ricerca in Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele).

“Questo è un testo scritto nel 1790, un anno dopo la Rivoluzione Francese e l’autore ne coglieva immediatamente gli effetti deleteri, i pericoli ed i rischi. Il perché non è tanto legato al suo essere un reazionario, ma piuttosto perché sentiva questo tentativo di palingenesi per la costruzione di un uomo nuovo, che veniva tratto da una religione laica, puntava a una completa rigenerazione antropologica. Fondamentalmente l’espressione che potrebbe a lui essere applicata è di conservatore liberista.” Il presidente di Lodi Liberale Lorenzo Maggi ha presentato la serata mostrando le diverse edizioni dell’opera.

“Questa è l’ottava edizione ed era diventata introvabile di recente, con questa nuova edizione è tornata in commercio. Questo autore, oggi ricordato come padre del potere conservatore, è molto denso.” Il termine con cui viene definito naturalmente è posteriore. Il suo pensiero viene citato molto poco, perché nonostante venisse letto e studiato non era considerato. Il professor Giacomo Maria Arrigo sostiene che i maggiori autori non lo citassero perché innanzitutto era Liberale e all’epoca i reazionati dell’epoca lo vedevano negativamente. Per altri il problema era l’apologia all’Ancien Régime. Nel 1930 esce una seconda edizione pubblicata con la prefazione di Giovanni Gentile, dall’Istituto nazionale della cultura. In risposta a Croce. “Nello stesso anno esce una monografia di Mario Einaudi, che lo stesso presenta qualche anno dopo a don Luigi Sturzo. In questa lettera spiega come questo autore fosse in realtà un argomento contro i totalitarismi e lo stesso nazismo.”

LA NAZIONE NON E’ UN PATTO, UNA SCELTA DI UN GIORNO, MA E’ UNA PONDERATA ELEZIONE DI EPOCHE E DI GENERAZIONI

“Burke contesta il fatto di elogiare lo Stato di natura, perché si tratta di una invenzione, non esiste la storia di un uomo fuori dalla società civile, non lo possiamo immaginare, perché non lo possiamo sapere. Dunque, l’uomo esiste in quanto tale a come lo vediamo, solo nella società civile. L’uomo nella società civile è già formato, ha idee, abitudini, pregiudizi, che gli arrivano dall’ambiente in cui è sempre immerso. Ecco perché i giudizi primari che sono trasmessi dalla famiglia e dalla comunità, hanno una funzione positiva. Questo, per il periodo illuminista, era certamente fonte di scalpore.” Burke difende la spontaneità della creazione sociale, dell’interazione tra i singoli nel creare le istituzioni, dietro questo processo di evoluzione sociale non può che esserci la spontaneità secondo Burke, ha detto Arrigo.

“Il progetto rivoluzionario francese, secondo Burke, è gnostico, è una sorta di auto redenzione dell’umanità basato su schemi di perfezione teorica, che si riconduce alla concezione dei diritti, dell’uomo, che nella pratica non ci sono. L’uomo di Burke è ferito dal peccato originale e non è perfetto!”

 

Torna in Italia uno dei più importanti libri del Novecento. Le Riflessioni sulla Rivoluzione francese di Edmund Burke non solo rappresenta la più famosa invettiva contro la Rivoluzione francese, ma è il testo da cui nasce il conservatorismo. Una straordinaria risposta alle idee rivoluzionarie che tratteggia una visione del mondo alternativa alla furia giacobina, rigettando il razionalismo di matrice illuminista e la secolarizzazione della società. Un’opera che negli anni successivi influenzerà il pensiero dei più importanti filosofi e intellettuali degli ultimi due secoli, da Hippolyte Taine e Russell Kirk, da Hayek a Ernst Nolte, e ancora oggi straordinariamente attuale.

 

“Questo scritto è stato scritto come un saggio che inerisce una contestualizzazione precisa, in cui distingue in modo chiaro la sua natura di scrittore politico, reattivo rispetto ai processi. Lo scritto sulla rivoluzione rientra in questo.” Il professor Daniele Francesconi ha sottolineato che questo autore ha colto nei fatti francesi un significato diverso, in anticipo sui tempi, trattando l’argomento dei cambiamenti storici.

“Nella cultura settecentesca Riforma significa trasformazione nella storia, rispetto al passato in cui significava ritorno alle origini; il termine Rivoluzione cambia a sua volta e diventa sommovimento, al posto di rigenerazione; terza caratteristica settecentesca è lo sviluppo dell’utopia, anche in questo caso c’è una variazione, nel senso della temporalità, venendo proiettata sul futuro.”

A questi tre modelli potevano corrispondere tre analoghi momenti di reazioni al cambiamento: le riflessioni di questo pamphlet rientrano nel genere della lettura storica che ne prevede gli effetti perversi. Burke ne parla con moltissimo anticipo, anche in mezzo a una Assemblea nazionale assolutamente riformatrice. Ci sono altre visioni, come la messa a repentaglio di principi per difenderne altri: ad esempio l’idea che per instaurare una democrazia si possano limitare le libertà. Esiste in Burke anche questo tipo di ragionamento storico.

IL DIRITTO NATURALE E L’ORDINE CREATO DELL’UNIVERSO

“Queste riflessioni sono state spesso lette come una svolta nell’evoluzione e nello sviluppo del suo pensiero politico, una svolta dettata proprio dall’attenzione alla contingenza storica. Burke si esprime in discorsi politici, in parlamento, in interventi non d’occasione bensì analitici, naturalmente con una dottrina soggiacente.” Il professor Daniele Francesconi sostiene che alla base di tanti modi di pensare differente e moderno ci sia la spinta della forma del pensiero irlandese, che si espande a livello internazionale, dalle americhe alle indie. Il pensiero moderno, in realtà, partono da un presupposto di internazionalizzazione, partendo dal Giusnaturalismo di Pufendorf, Grozio, Locke, ma anche in seguito, le relazioni internazionali, sono centrali per la comprensione della genesi del pensiero politico tout court.

LA POLITICA DELLE EMOZIONI: IL TERRORE CHE BURKE PREVEDE

“Burke è molto impegnato nello studio dell’abuso di potere della Compagnia delle Indie di Hastings, dove incontra una serie di dicotomie che diventano un elemento che torna nell’opera. Egli si fa portavoce di questi temi. Di fronte al montare di una politica radicale, egli ha ben presente la possibile evoluzione radicale, giacobina, anche nel contesto britannico.”

L’autore si rende conto che la politica europea è trasformata inevitabilmente rispetto a due punti di vista: impero e internazionalità. La Rivoluzione Francese dunque come punto nevralgico che può portare a cambiamenti anche in Inghilterra e in Irlanda.

“Burke parla della rivoluzione dei costumi e delle opinioni (revolution in manners) che costituisce un argomento centrale, per autori che Burke conosce per corrispondenza e che ha condiviso nella prima parte del suo pensiero politico. L’origine di questo modo di autorappresentarsi forte partiva da Shaftesbury: gli illuministi erano convinti che la rivoluzione dei costumi doveva passare attraverso l’evoluzione sociale, cioè la società moderna si caratterizza perché costruisce la sua morale, non in contrapposizione, ma in relazione biunivoca con lo sviluppo del commercio, interno ed internazionale. Questo potrebbe essere reso come parodia in linea con Mandeville, ma in ogni caso il sistema dello scambio libero è centrale in Burke, grazie appunto per tutte le ragioni che si sono dette e che avvengono nella seconda metà degli anni ’80 del ‘700.”

Secondo l’autore ci sono dei fattori che portano le società economiche ad essere sostenute dalla società: la società di mercato, commerciale, può polverizzarsi? Questo è il punto di discrimine sul quale l’autore si trova quando scrive le Reflections e si distanzia dalla cultura politica dell’illuminismo scozzese.

Con questa pubblicazione, il politico anglo irlandese divenne uno dei primi critici della Rivoluzione francese, che considerava non un movimento diretto a creare una democrazia costituzionale e rappresentativa, bensì una violenta rivolta contro la tradizione e la legittima autorità, un esperimento sconnesso con la realtà complessa della società umana, che sarebbe finito in un disastro. Grandi ammiratori di Burke, come Thomas Jefferson e Charles James Fox, lo avrebbero accusato di essere diventato reazionario e nemico della democrazia.

 

Durante la conferenza è intervenuto anche il professor Paolo Luca Bernardini, storico. “Burke era di padre anglicano e di madre cattolica. Fu il cattolicesimo a dare l’imprinting della sua forma di pensiero, per cui era inevitabile che si sentisse minacciato, in quanto cattolico, dalle rivolte.”

Il punto fondamentale che hanno toccato entrambi i relatori è la relazione tra reazionari e conservatori e tra conservatori e liberali. Importante anche il confronto tra il pensiero irlandese e quello scozzese. Egli dunque vedeva ed era shockato da quanto stava accadendo e lo coglieva nella sua degenerazione totalitaria.” Il professor Bernardini ha messo il focus sul taglio storico dell’opera soffermandosi sulla riflessione sul conservatorismo in rapporto al liberalismo. Infatti, secondo Bernardini, la Storia delle discipline politiche, ha detto, va radicata nel contesto vivo della storia, che altrimenti non si comprendono e si apprendono solamente come dottrine a se stanti.

“Il libro è da leggere anche solo per le splendide traduzioni, dopodiché il libro dimostra molta cura nella bella prosa, apparentemente sembra fluido, ma ha molte trappole. Riflette lo spirito del tempo verso la cultura in Inghilterra del tempo.” Il professor Bernardini ha invitato i giovani a leggerlo insieme al saggio “Pensieri sulla scarsità” che è un trattato di economia politica.

Martina Cecco

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