John Locke, l’empirista che riconosceva il diritto naturale alla proprietà di se stessi e delle proprie cose, in Lodi Liberale

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Una serata tutta dedicata alla filosofia politica di Locke, quella del 159esimo evento di Lodi Liberale del 17 gennaio, in cui si è preso in esame il libro di John Locke “Il secondo trattato sul governo” insieme a Luigi Marco Bassani (Professore di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università degli Studi di Milano), Claudio Martinelli (Professore di Diritto Pubblico Comparato all’Università degli Studi di Milano-Bicocca), doveva esserci anche il professor Francesco Berti (Professore di Storia delle Dottrine Politiche all’Università degli Studi di Padova), assente per problemi di salute.

“Uno dei primi testi del pensiero liberale, di un autore assolutamente fecondo, che ha proposto con questi trattati alcuni tratti fondamentali del pensiero moderno.” Il presidente di Lodi Liberale Lorenzo Maggi ha spiegato come il pensiero di John Locke sia basato sul concetto di proprietà: del corpo, del pensiero e del lavoro che si fa. Uno stato di natura, quello dell’uomo, vivibile, tranne che in un caso: la gestione del conflitto. Lo Stato per Locke è dunque un arbitro.

Sebbene la terra e tutte le creature inferiori siano comuni a tutti gli uomini, pure ognuno ha la proprietà della propria persona, alla quale ha diritto nessun altro che lui. Il lavoro del suo corpo e l’opera delle sue mani possiamo dire che sono propriamente suoi. A tutte quelle cose dunque che egli trae dallo stato in cui la natura le ha prodotte e lasciate, egli ha congiunto il proprio lavoro, e cioè unito qualcosa che gli è proprio, e con ciò le rende proprietà sua. Poiché son rimosse da lui dallo stato comune in cui la natura le ha poste, esse, mediante il suo lavoro, hanno, connesso con sé, qualcosa che esclude il diritto comune di altri. Infatti, poiché questo lavoro è proprietà incontestabile del lavoratore, nessun altro che lui può avere diritto a ciò ch’è stato aggiunto mediante esso, almeno quando siano lasciate in comune per gli altri cose sufficienti e altrettanto buone. John Locke

In Italia la proprietà privata è vista come una usurpazione di cose d’altri – secondo Maggi –  dove l’imprenditorialità è vista come un male. Fa bene quindi insistere su questi argomenti.

ALLE RADICI DEL PENSIERO LIBERALE MODERNO

“Per capire l’attualità di questo libro è necessario collocarlo nel contesto storico che, per certi versi, diventa un fatto curioso, visto che anticipa in modo suggestivo quanto stava accadendo in Inghilterra. Dove tra Carlo I e Carlo II, il primo giustiziato, vi è il periodo critico di Cromwell, dando saggio di quanto poco la storica Monarchia sia stata in grado di adeguarsi.” Il ripristino della monarchia è peggiorativo, specialmente con Giacomo II infine l’attrito aumenta. Gli Stuart sono scozzesi e la loro politica ha assonanza con i sovrani francesi dell’epoca.

LA SECONDA RIVOLUZIONE INGLESE (GLORIOUS REVOLUTION)

Il professor Martinelli illustra dunque come, sul piano politico, l’esilio e la migrazione di Locke in Olanda con Shaftesbury, dove c’era stato anche Spinoza. Egli ragiona sui mali dell’Inghilterra dell’epoca, a distanza. Prende di mira come è ovvio l’assolutismo monarchico di Thomas Hobbes e critica apertamente, nella prima parte del Trattato in questione, il teorico politico Robert Filmer, che nel 1680 scriveva il testo “Patriarcha” una sorta di teorizzazione del conservatorismo patriarcale. Una teoria alternativa al giusnaturalismo individuale.

Locke infatti nella prima parte del Trattato sul Governo confuta l’intera opera di Filmer. Il secondo Discorso, che si chiama per noi Trattato, pubblicato (entrambi) anonimo, come aveva fatto Spinoza e come era uso all’epoca in Inghilterra, apre con le considerazioni nuove, che si sviluppano nel testo.

“Con la salita al potere di Giacomo II Stuart si apre una stagione di contrasto con lo stile inglese, con l’idea anglosassone di essere una nazione.” Sostiene Martinelli che la sovrapposizione della nomina dei religiosi anglicani con i cattolici, culminato con il controllo sulle nomine del sovrano nei grandi uffici pubblici diviene una provocazione estrema, di un cattolico che vuole imprimere il proprio pensiero nel parlamento inglese. Probabilmente da questo punto in poi si apre la via per Guglielmo d’Orange, che si vede in qualche modo agevolato nella nomina anche a Re d’Inghilterra. Con la firma del Bill of Rights e del Toleration Act del 1689.

 

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IL PADRE NOBILE DEL PENSIERO INDIVIDUALE

“John Locke attacca da tutti i punti di vista il sistema monarchico, attaccando l’opera di Filmer. Padre nobile di una lunga storia liberale, il cui termine nasce in un ambito periferico europeo all’inizio dell’800. Oltre un secolo dopo la morte di John Locke.” Il professor Marco Bassani spiega come queste opere siano state pubblicate in ritardo rispetto alla loro pubblicazione, avvenuta anonima. In quel periodo gli autori pubblicavano spesso in maniera anonima visto che, nel caso in cui il testo fosse antimonarchico o repubblicano, il rischio era di essere giustiziati. Per questo dunque, nonostante la II Rivoluzione inglese, nonostante la deformazione marxista che ha caricato John Locke di un’ideologia all’epoca inesistente, il liberalismo, Locke era un apripista che ha, di fatto, cambiato certi stilemi della sua epoca, ma in modo molto diverso rispetto a quello dei rivoluzionari.

LA QUESTIONE DELLA PROPRIETA’

“Lo Stato di Natura da Pufendorf a Grozio, fino quindi al pensiero di Locke: prima di qualunque Governo il silenzio assenso cambia la visione delle cose. Il diritto di proprietà non richiede, secondo Locke, il consenso tra gli uomini, ma il fatto di essere nati, nel proprio corpo, nella propria persona in quanto essere umano, individuo politico che riconosce se stesso e gli altri come proprietari di se stessi è antecedente allo Stato.”

John Locke in quanto filosofo storico, presume di poter addomesticare in un certo modo il Leviatano – sostiene Bassani – di fatto fallendo sul piano pratico: questa idea infatti arriva all’estremo tradimento di Aushwitz. Lo Stato sarebbe dovuto essere il garante del Diritto umano, ma dal punto di vista storico è stato un fallimento. Forse pensandolo come un granello di sabbia che in qualche modo ha portato verso lo Stato totalitario?

L’UOMO AL VERTICE DEL CREATO

Già nello Stato di natura ci sono la moneta, ci sono i contratti, c’è la proprietà: a differenza di Hobbes, per Locke, questi sono bisogni insiti nella natura umana. Locke parte dal punto di vista dell’uomo come al centro della piramide naturale dell’universo. Dunque nella Giustizia naturale esiste una proprietà in comune, ma anche una proprietà individuale, di ciascun uomo che governa se stesso. Seppure il basso continuo tenda a rivalutare in un certo senso il fondamento cristiano di un uomo il cui ruolo è indiscutibile. La sua costruzione l’uomo a Dio per renderlo libero dalle interferenze degli altri esseri umani sul pianeta.”

IL DIRITTO ALLA VITA E SUL PROPRIO CORPO

“Il Governo deve proteggere i naturali diritti dell’uomo e deve avere il completo consenso dell’uomo per essere legittimo.” Il professor Bassani sposta in Locke lo Stato di natura nell’uomo, dove il baricentro decisionale è l’individuo e non lo Stato di natura in sé. Al contrario di Hobbes, dove senza il sovranismo governa il caos dell’orda primordiale egoista. Il potere dunque fa rispettare dei diritti pre-esistenti che sono ordinati in modo naturale, per necessità insita nella natura umana, che in questo si distingue al vertice dello sviluppo delle società animate: piante, animali, etc…

“Il Governo tutela una società già esistente. La moralità dunque si fonda sul soggetto.”

MC

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