La verità sulle cartucce ricaricabili

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di Martina Meneghetti

Le cartucce per le stampanti sono uno degli oggetti fondamentali della nostra giornata. Non ce ne accorgiamo finché sono piene, le diamo per scontate, ma appena finiscono iniziano i guai.

A chi non è mai capitato di trovarsi nel bel mezzo della stampa di un documento importante e di accorgersi che è finita la cartuccia della stampante? In quel momento, improvvisamente, la cartuccia diventa un bene di prima necessità, indispensabile, che dobbiamo immediatamente correre fuori a comprare. Senza contare che ogni stampante adotta un tipo particolare di cartucce per stampanti, e il negoziante potrebbe aver finito proprio le nostre. Una cosa che accade più frequentemente di quanto si pensi.

In quel malaugurato caso, bisogna continuare a cercare, oppure ancora meglio sarebbe comprare delle cartucce ricaricabili. Esistono però due tipi di cartucce ricaricabili, ed è importante fare attenzione a ciò che si acquista. In merito a questo argomento c’è da fare una piccola premessa, perché in molti o perlomeno in chi non è un esperto del settore è viva la credenza che tutte le cartucce siano ricaricabili, e in alcuni casi è anche difficile spiegare che non tutte le cartucce di stampa siano ricaricabili. Per esempio le cartucce Epson originali non sono ricaricabili, infatti l’intelaiatura della cartuccia presenta delle piccole aperture fatte con lo scopo esclusivo di “boicottarne” la ricarica, inoltre il microchip post sulla cartuccia almeno per gli ultimi modelli dà non pochi problemi di resettaggio e di conseguenza la cartuccia continua a risultare scarica e non parte. Esistono ad esempio cartucce vuote definite “no sponge” perché senza spugna che possono essere ricaricate, questa tipologia di cartucce è ricaricabile più volte ma ogni volta va azzerato il microchip montato sulla cartuccia che ne ripristina il livello dell’inchiostro.

Altra tipologia di cartucce ricaricabili è quella definita “monoblocco” e sono le cartucce con testina integrata, come per esempio le cartucce Hp, Lexmark, e alcune tipologie di Canon. Queste cartucce sono ricaricabili a patto che la cartuccia venga ricaricata non appena è terminata o per lo meno entro un breve lasso di tempo e soprattutto, venga utilizzata con una certa frequenza. È questo infatti il vero segreto che sta dietro una buona riuscita di una ricarica inkjet e cioè che la cartuccia la si utilizzi spesso con questo non si chiede di stampare come dei matti, ma nemmeno di abbandonare la stampante nel dimenticatoio.

Ricaricare una cartuccia costa in media molto meno che comprarne una nuova, ma occorre fare attenzione a che tipo di stampante di possiede per essere sicuri che la cartuccia ricaricata poi funzioni davvero. Stiamo parlando ovviamente di stampanti a getto d’inchiostro e non di stampanti laser, che utilizzano invece il toner.

Ormai moltissimi negozi propongono la vendita cartucce ricaricabili o rigenerate. La rigenerazione delle cartucce è però sicuramente un processo sia anti-crisi, in quanto più economico, che ecologico, in quanto si evita di dover buttare la cartuccia nelle immondizie e creare così una enorme quantità di rifiuti solidi e non riciclabili. Gli agenti chimici contenuti nelle cartucce sono infatti altamente tossici.

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