Il fallimento bolivariano

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Mentre l’ultimo baluardo del tentativo socializzante sudamericano, dopo tredici anni di insolente populismo, ecco che esso si sta sfasciando in un mare di fango – per non dire altro – in un ordine di corruzione dalle dimensione mai vista in alcun Paese al mondo, al punto di riuscire a rovinare la più importante e prestigiosa società brasiliana – PETROBRAS – e fra le prime produttrici di petrolio del pianeta. Alla fine, dunque,  anche in Brasile si conferma la generalizzata tendenza del fallimento delle politiche populiste che con le rispettive demagogiche distribuzioni di sussidi, oltre ai pericoli di imporre la cosiddetta democrazia diretta, ricorrendo come prima misura alla censura dei liberi media, ori i suoi fautori inneggiavano alla nascita di un nuovo modello collettivista – più versatile, ma altrettanto perverso della declinata originale versione -, incuranti della storia reale, drammaticamente, conclusasi sotto le macerie del muro della vergogna di Berlino; ed ora, sorprendentemente, ci si imbatte in chi ancora non ha imparato molto dalle lezioni che l’empirica storia ha proporzionato al mondo intero.

Infatti, produce forte perplessità il fatto che ci sia ancora chi vorrebbe convincere distratti lettori come certi modelli dispotici, costituirebbero altrettante adeguate versioni di conio perfettamente democratico, in sostituzione di quelle che caratterizzano il normale mondo industrializzato. Tuttavia, conviene osservare che, uno dopo l’altro, come tessere del gioco del domino, non resistono alle prove della pragmatica e cedono sotto gli effetti dell’economia reale. Così, i regimi che credevano nell’illusione di poter forzare ed imporre politicamente modelli economici paternalisti eterodossi, che a turno, in seguito all’emblematico ingranaggio parassitario burocratico di corporativismi improduttivi, alla fine, si sono con sorprendente tempismo dimostrati semplicemente disastrosi, terminando con un fragoroso tracollo economico ed un altrettanto devastante dissesto sociale.

Senza entrare nell’ambito del più noto fiasco derivato dall’inutile esperimento castrista a Cuba, che prima della calamitosa rivoluzione costituiva la zona più colta e con il turismo più fiorente di tutta l’America Latina, mentre oggi – si potrebbe dire – risulta indotta ad umilmente inginocchiarsi, come se tenesse in mano il piattino dell’elemosina, davanti alle pietose visite del papa Bergoglio e di Obama

Ma a prescindere dall’incubo che i poveri Cubani che non sono riusciti ad emigrare in Florida vivono da oltre mezzo secolo, il peggiore esempio sul continente, lo vediamo proprio in Venezuela dove, ormai da tempo, i supermercati sono sempre più vuoti e la gente più dipendente si deve accontentare dei pochi viveri che il governo “generosamente” distribuisce ai bisognosi, mentre per il resto, dalla carta igienica al sapone e per qualsiasi altro bene non strettamente necessario alla sopravvivenza, la gente deve pazientemente rimanere in fila per ore ed ore, proprio come avveniva ai tempi dell’economia pianificata dell’Unione Sovietica o cinese di Mao. Ed infatti, nonostante tutto il potere e gli imbrogli, le ultime elezioni venezuelane, hanno definitivamente sconfessato il regime che da un giorno all’altro, democraticamente, destituirà anche l’erede dell’isterico energumeno di Hugo Chaves. Tuttavia, nel frattempo, con le farmacie sempre più sprovviste, molto ammalati vengono curati con i rimanenti medicinali veterinari…

Ed ecco che al totale fallimento del socialismo cosiddetto “bolivariano” inventato da un presunto messia, il megalomaniaco militare che con la sua ridicola retorica parodia era riuscito non solo ad emulare ma addirittura a superare i farseschi discorsi d’altri tempi a cui ricorreva – come ben sappiamo – con innegabile discreto successo il nostro astuto Duce, esaltando le masse più svantaggiate che, ignare delle privazioni in cui è sprofondato il Paese, sembravano essere alimentate, non da un vero benessere, bensì da teorici discorsi che in un Paese Europeo, oggi, provocherebbero perfino fra i più fedeli devoti seguaci del Grillo strillante o della Marine Le Pen predicante, nient’altro che sonore risate. Eppure, il ricco Venezuela, potenzialmente prospero, non solo per le sue risorse naturali, ma soprattutto per il capitale umano di cui dispone, ma che con le proprie aspirazioni frustrate, non può nemmeno più esprimere se stesso e, dopo aver raggiunto un incredibile stato di miseria, ormai integra l’esclusivo gruppo dei Paesi più problematici del terzo mondo.

Nel frattempo, dopo la chiara sconfitta elettorale subita dal “caudillo” bolivariano di turno, Nicolas Maduro, anche il Peronismo della screditata politicante Kirchner, ora nuovamente indagata per il suo coinvolgimento nella poco trasparente morte del P.M. Alberto Nisman che investigava i suoi compromettenti intrighi della governante con l’allora regime di Ahmadinejad, pochi mesi fa, ha sofferto una commemorata batosta elettorale inflittale dal liberale Macri al quale, ora, spetta il difficile onere di riordinare la confusione economica dell’indebitata Argentina, non sulla base ideologica o della pura demagogia, ma in funzione del pragmatico giusto merito. Come tutti sanno, l’oltremodo fertile Nazione, sempre per iniziativa di deleterie politiche economiche equivoche, ambiguamente paternalistiche e dettate da politicanti corporativisti, fin dai tempi del fascistoide Domingos Peron, a danno del merito, da zona oltremodo benestante, era scivolata, in un autentico stato di povertà. Non per niente, per molti anni, la ricca Argentina era stata l’ambita meta di immigranti – fra i quali molti dei nostri -, ormai da qualche anno in qua, si è trasformato in Paese di emigranti, nonostante la ricchezza del suo potenziale capitale umano, non offra più prospettive ai suoi poveri cittadini ridotti a meri sudditi alla mercé di indottrinati demagogici incompetenti politicanti.

Sempre nell’ambito di tale ambigua inclinazione, c’erano ancora altri due Paesi che esaltavano il cosiddetto nuovo e creativo socialismo latinoamericano; quello del regine dell’Ecudor che affronta un’altrettanto complicata e contestata sopravvivenza ed il regime della Bolivia, dove Evo Morales, in un frustrato tentativo di perpetuarsi al potere, è stato recentemente sconfitto dal referendum che gli ha palesemente negato tale pretenziosa ambizione.

E mentre in Brasile sta per essere esautorato il governo di una ex-militante marxista che, a distanza di oltre cinquant’anni, si vanta ancora oggi di aver integrato una delle organizzazioni terroriste che praticavano rapine e sequestri di diplomatici, per trasformare il Brasile in una Cuba, e che da quando lei ed il suo predecessore Lula guidano il gigante sudamericano,  hanno generato la peggiore crisi degli ultimi i cinquant’anni. Gravidi di un’obsoleta presunta ideologia solidale collettivista, dopo aver messo in pratica un’assurda politica di generosi sussidi, a carico di chi veramente merita, ovvero di chi genera e di fatto in modo spontaneo e concreto distribuisce ricchezza, proprio in questi giorni, assiste al più vergognoso spettacolo mediatico, in cui per il suo più emblematico commemorato simbolo – l’agitato rauco capopopolo -, sta per suonare l’ora della resa dei conti. Infatti, con un mandato di arresto che potrebbe essere messo in pratica a qualsiasi momento, mentre il Brasile è tornato a contabilizzare milioni di disoccupati, inflazione da due cifre, Paesi come Colombia, Paraguay, Perù che dopo anni di difficoltà, mostrano come una politica economica di libero mercato, può contribuire al benessere ed allo sviluppo delle loro nazioni, seguendo l’esempio contrario a quello dei cosiddetti “bolivariani”,  adottando addirittura quello, a suo tempo, applicato dal Generale Pinochet che, fra l’altro, contrariamente a Fidel Castro, dopo aver risanato l’economia, ha anche restituito volontariamente il potere alla cittadinanza, essendosi giustamente ispirato alle fortunate formule riformatrici della Margareth Thatcher. Non per niente, questi Paesi sudamericani, oggi, attraversano eccellenti congiunture economiche, in franca espansione, totalmente opposte a quelle degli ambigui Hugo Chaves(Nicola Maduro)Cristina Kirchner, Evo Morales, Rafael CorreaDilma Rousseff e il suo degno patrocinatore Lula, che pretendevano rivitalizzare il socialismo. Oggi, mentre gli altri registrano crescite sorprendenti, Venezuela, Ecuador, Bolivia e Brasile sono indotti a gestire nient’altro che giganteschi scandali, forte disoccupazione, inflazione in crescita, malcontento generalizzato ed ovviamente fomentando recessione e scarsità, al punto di stimolare moltitudini intere a riversarsi nelle piazze e per le strade a milioni di dimostranti che non si rassegnano a tutta questa inadeguatezza ed a tanta scandalosa predominante impunità.

Coloro che hanno l’ingenua – se non addirittura maliziosa – pretesa di esaltare questi maldestri regimi mancini, con tutta certezza, non conoscono la cruda realtà di questi Paesi e farebbero bene ad informarsi meglio prima di illudersi di poter dare lezioni su avvenimenti che certamente non hanno mai vissuto in maniera diretta ed eventualmente scrivono per sentito dire, avvalendosi magari di letteratura di superstiti nostalgici indottrinati, di giornalisti naufraghi dal fallimentare socialismo, obsoleti autori di notoria inclinazione marxista, ma che dedicano la propria magnifica scienza letteraria niente meno che ad illustri personaggi eruditi del calibro del folcloristico Diego Maradona, del sanguinario eroe Ché Guevara, del misterioso “subcomandante” Marcos, del polemico super dotato muscoloso Muhammad Alì e via dicendo, non potendo pertanto, essere assolutamente spacciati come attendibili storici, perché manca loro un essenziale minimo di necessaria credibilità.

A coloro che, al contrario, desiderino apprendere qualcosa di meno vago, meno astratto e superficiale, ma aspirino a nozioni dell’America Latina sulla base di solidi e sostanziali fondamenti, raccomanderei vivamente autori ben più qualificati quali, per esempio, uno dei più noti e prestigiosi storiografi della modernità, il francese Fernand Braudel che, fra l’altro, ha lasciato indimenticabili ricordi in America Latina dove ha anche coperto funzioni di cattedratico; oppure, rinomati scrittori come l’accademico venezuelano Carlos Rangel, il messicano Premio Nobel Octavio Paz, il peruviano Premio Nobel Mario Vargas Llosa, suo figlio Alvaro Vargas Llosa, il loro conterraneo economista Hernando de Soto od il prestigioso argentino Luis Jorge Borges, per nominare soprattutto alcuni le cui opere esistono pure in traduzione italiana; questi, credo che abbiano ben altro da insegnarci, piuttosto di un oscuro militante comunista.

Un’altra stella emergente degli ideali di libertà è la guatemalteca Gloria Alvarez, figlia di padre cubano, che con la sua giovane affascinante bellezza dalla straordinaria eloquente oratoria, ha meravigliato i membri del Parlamento Iberoamericano con una straordinaria esposizione sui gravi emblematici problemi che da troppo tempo l’America Latina soffre [https://www.youtube.com/watch?v=xkYEXS16dZA] consiglio perciò a tutti di ascoltarla per poter meglio distinguere i regimi “bolivariani” dai modelli democratici liberali.

10 COMMENTI

  1. Veramente, il socialismo del XXI Secolo si distingue ad ogni nuova data… questa settimana, batte un nuovo record: mentre decine di migliaia di Venezuelani si accalcano in fila per attraversare la frontiera del Venezuela per acquistare i generi di primissima necessità dall’altra parte, in Colombia, il FMI prevede un’inflazione del 700% (Settecento per cento), nel paradiso bolivariano di Chaves/Maduro… Niente male per chi ha voluto rifondare il fallito collettivismo.

  2. Questa settimana il governo bolivariano ha riaperto la frontiera con la Colombia che era stata chiusa tempo fa… Ebbene, il primo giorno, circa 35.000 Venezuelani, hanno attraversato il confine per approvvigionarsi di alimenti…
    Non c’è male per questi geniali rifondatori del socialismo del XXI secolo… Ed intanto la Kirchner è indagata e rischia di brutto…

  3. Di fatto, la Rivoluzione “bolivariana” ha trasformato il Venezuela: oggi i telegiornali brasiliani mostrano come la gente cerca alimenti fra i rifiuti… Questo in un Paese potenzialmente molto ricco!

  4. Vediamo cosa scrive Davide Vannuci a proposito del Venezuela…

    Sarebbero bastate 195.721 firme, ne sono arrivate circa due milioni e adesso, salvo intoppi, partirà l’iter del “revocatorio”, il referendum popolare con cui l’opposizione venezuelana cercherà di destituire il presidente Nicolas Maduro. Dopo la grande vittoria elettorale dello scorso dicembre, gli avversari dell’erede designato di Hugo Chavez hanno alzato l’asticella, avviando la procedura garantita dall’articolo 72 della Costituzione bolivariana. Adesso il Consiglio Nazionale Elettorale, considerato vicino al governo, concluderà il conteggio e verificherà le firme, fino al 2 giugno. L’opposizione, che avrebbe preferito un calendario più rapido, protesta, anche perché la questione delle date è essenziale: se il mandato fosse revocato entro il 10 gennaio, si dovrebbe rivotare, altrimenti sarebbe il vicepresidente a concluderlo. Intanto venerdì Maduro ha stretto ulteriormente la morsa, proclamando lo stato di emergenza per 60 giorni, in modo da “proteggere il Paese dalle minacce esterne ed interne”.

    Come si è arrivati a questo recall in salsa sudamericana, a soli 3 anni dall’elezione del delfino del Redentor? La risposta va trovata in una crisi che è duplice, istituzionale ed economica. Da una parte, l’impasse politico, con il Parlamento in mano all’opposizione che si vede bocciare le leggi dalla Corte Suprema, opportunatamente rimodellata, con l’elezione di 12 nuovi giudici, prima che le chiavi delle nomine passassero in mano agli avversari (una norma su tutte, l’amnistia per i prigionieri politici, respinta con la paradossale motivazione che in questo modo sarebbe stato negato loro il diritto a una piena assoluzione). Dall’altra, il crollo economico, con un’inflazione a tre e, in prospettiva, quattro cifre – 500 per cento nel 2016, 1.600 per cento nel 2017, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale – e un tasso di povertà che cresce in maniera accelerata.

  5. La frana del socialismo “bilivariano” non si ferma; il successore della figura folklorica venezuelana di Hugo Chaves, Nicolás Maduro, già minacciato dal referendum che lo destituirà dall’incarico di presidente, ora riduce i servizi pubblici a due (2) giornate alla settimana, questo, nel tentativo di arginare la scarsità di fornitura energetica… Qualcosa di inconcepibile per un Paese così ricco di petrolio. Segno che le cose ormai stanno già fuori controllo… E c’è ancora chi, ingenuamente, esalta i modelli di questi dilettanti della gestione pubblica, guidati unicamente dalla dottrina; la stessa che ha decretato la fine degli esperimenti collettivisti in Unione Sovietica, in Cina ecc. ecc.

  6. Oggi è una data storica, dopo dodici anni di predominio politico del PT (Partidos Trabalhista: Partito dei Lavoratori) di Lula, la Camera dei Deputati brasiliana ha dato scacco matto alla cosiddetta auto denominata “presidenta” – che negli anni ’60 faceva la terrorista nell’intento di emulare la rivoluzione cubana -, è finalmente stata destituita dall’incarico che non meritava di coprire. Si tratta di una ulteriore tappa del declino del socialismo “bolivariano” sconfitto dalla cruda realtà pragmatica che di solito, prima o dopo, non perdona e nega nei fatti i diversi tentativi di introdurre il collettivismo.
    Infatti, con una maggioranza che è andata ben oltre il quorum minimo legale dei due terzi, ha finalmente riscattato la dignità dei Brasiliani che hanno subito l’umiliazione del peggiore scandalo di corruzione di tutta la storia mondiale della politica. La Signora Dilma Roussef, dunque, considerata la peggiore autorità massima del Brasile di tutti i tempi, dopo la conferma del Senato per maggioranza semplice, sarà definitivamente allontanata dal potere che così male ha voluto gestire. Noi liberali, non possiamo naturalmente fare altro che rallegrarci e lamentare che ciò non sia avvenuto prima.

  7. E LA FRANA BOLIVARIANA NON SI FERMA:

    Così come già da tempo in Brasile è in atto un ampia azione di pulizia contro il gigantesco apparato di corruzione, apparentemente istituzionalizzata, con decine di parlamentari, ministri , importanti politicanti ed ex-dirigenti di società pubbliche, come pure i più importanti massimi dirigenti delle società vincitrici di appalti truccati si trovano in stato di arresto, in attesa che segua anche l’arresto del grande vecchio, vero mandante di questo degenerato modello di gestione della cosa pubblica, dalle dimensioni mai visti in tutta la storia politica mondiale, anche in Argentina, i mafiosi vicini ai governi Kirchner cominciano ad essere incarcerati. Buon segno.

    Segnale che con il neoeletto presidente Magri i tempi sono effettivamente cambiati.

    Fra l’altro , subito dopo eletto, Macri ha immediatamente chiesto l’esclusione del Venezuela dal MECOSUL – quello che dovrebbe essere il mercato comune dell’America del Sud – e del quale fanno parte Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay e che in modo poco convincente, ai tempi del governo Lula/Dilma, è stato incluso anche il Venezuela, essendosi espresso contrario solo il Paraguay che, invece, era stato sospeso per il fatto che il suo Parlamento aveva, a suo tempo, legalmente esautorato il proprio presidente mancino per iniziative contrarie alla costituzione. Infatti, Brasile di Lula/Dilma e Kirchner non avevano digerito l’allontanamento del loro “kompagno” ideologico.

    Ebbene, ora che il Parlamento brasiliano sta per decidere l’allontanamento anche della Dilma e che su Lula pende una minaccia di imminente arresto, anche in Venezuela, ormai i tempi per il regime dispotico si fanno sempre più critici…

  8. Il cosiddetto socialismo bolivariano soffre un nuovo colpo: Il presidente argentino Mauricio Macri ha abbandonato la rete TELESUR della quale il governo argentino detiene 16%. È la rete di propaganda chavista di cui fanno parte Venezuela, Cuba,Ecuador, Bolivia, Nicaragua e Uruguay. Dunque, un nuovo capitolo dell’epilogo boliviano…

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