Israele, Netanyahu vince ma in Parlamento è pareggio

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JANIKI CINGOLI

Perde terreno la destra di Benjamin Netanyahu e Avigdor Lieberman: nelle elezioni per il rinnovo della Knesset, il parlamento israeliano, la coalizione conservatrice non ottiene la maggioranza e si ferma a 60 seggi su 120 alla Knesset. Netanyahu – la cui lista (frutto dell’alleanza Likud-Yisrael Beitenu) ha conquistato solo 31 seggi, 11 in meno rispetto alle scorse elezioni – potrebbe essere riconfermato premier per la terza volta ma con un margine di manovra estremamente limitato. E infatti garantisce di voler creare «la coalizione più ampia possibile».
È stata del 66,6 per cento la percentuale definitiva di voto nelle legislative israeliane del 2013. Lo rende noto la commissione elettorale. Nelle elezioni precedenti (2009) era stata del 65,2 per cento. Nel 2006 avevano votato solo il 63,2 per cento degli aventi diritto.

La vera sorpresa di queste elezioni israeliane si chiama Yair Lapid, 49 anni, e il suo partito centrista, fondato solo a gennaio del 2012, Yesh Adit (“C’è un futuro”) risultato la seconda formazione con 19 seggi. Lapid ha già fatto sapere potrebbe rientrare in un esecutivo a guida Netanyahu solo se questo si impegnerà ad apportare cambiamenti economici e a riprendere seriamente i colloqui di pace con i palestinesi.

Dietro figurano i laburisti di Shelly Yachimovich (in leggera ripresa, 15 seggi) e il Focolare ebraico (Habayit Hayehudi) di Naftali Bennet, l’ultradestra nazional-religiosa legata al movimento dei coloni, con 11 seggi.

A seguire il Meretz (6 seggi); i centristi di Hatnuah dell’ex ministro degli Esteri Tzipi Livni (6 seggi). Quattro i seggi per Hadash mentre Kadima, che rischia di non passare il quorum, si ferma a due. Tra la destra religiosa lo Shas avrà 11 deputati, la United Torah Judaism 7. Le formazioni arabe-israeliane hanno conquistato in totale 8 deputati: 5 la United Araab List, 3 Balad.

Netanyahu sfida l’Iran: Malgrado il calo dei consensi, Benjamin Netanyahu si sente comunque il vincitore delle elezioni israeliane e ringrazia gli elettori per averlo confermato premier per la terza volta. «Sarò ancora premier, voglio creare la coalizione più ampia possibile». Poi ha ribadito le priorità del prossimo governo, elencate in cinque punti: «In primo luogo bisogna impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari». Gli altri pilastri della futura grande coalizione sono la «responsabilità economica» – un modo velato per suggerire che non potrà cooperare con i laburisti di Shelly Yachimovich, fautori di un programma di interventi sociali e pubblici più robusti – la «responsabilità politica», prendendo le distanze dalla destra più oltranzista, la necessità di puntare ad una «giustizia nel fardello» – ossia alla necessità che i doveri, fra cui il servizio militare, siano spartiti in maniera più equa fra laici e religiosi zeloti – e la lotta al caro vita, e in particolare all’emergenza casa.

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