Il problema Siria è capire cosa ci toccherà dopo

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ANTONIO PANZERI

Appresa la notizia della liberazione dei due italiani sequestrati in Siria in circostanze ancora da chiarire, continuano gli scontri nel Paese : le immagini di civili in fuga e di guerra in molte città siriane (l’ultima Aleppo) sono ormai all’ordine del giorno. Tutti stanno aspettando che accada qualcosa che segni un cambio di passo rispetto ai sedici mesi che hanno caratterizzato la vicenda siriana fino a oggi. Quando cadrà il regime di Assad? E soprattutto che cosa accadrà dopo? I siriani ci stupiranno con un netto cambiamento rispetto al passato e rispetto ai poteri forti che hanno gestito le rivolte arabe, come in Libia, oppure, deposto il Presidente, i gruppi di potere del passato continueranno a mantenere uno staus quo a loro favorevole, come in Egitto?
In realtà la vicenda siriana, così come tutte le altre realtà attraversate dall’ondata di rivolta, presenta caratteri peculiari per cui non sono possibili generalizzazioni. Qui le forze occidentali, in primis gli Usa, non sono in grado di intervenire, come avvenuto per la Libia. Le opposizioni che stanno da mesi organizzando la resistenza al regime hanno acquisito consapevolezza e forza strada facendo ma costituiscono ancora un fronte diviso ed eterogeneo. Le forze esterne arabe che stanno parteggiando per l’una o l’altra parte (in primis Arabia Saudita e Iran) hanno interesse a mantenere una situazione di equilibrio caotico in attesa di definire uno scenario futuro più certo. In tutto questo, in seno al regime sembra si sia aperta, con l’attentato di Damasco del 18 luglio, una fase di ridefinizione degli equilibri interni alle élite di potere che dovranno subentrare dopo Assad. È evidente che questo spaccato non lascia presagire nulla di immediato e definitivo. Gli interessi in gioco sono molti, diversificati e difficili da realizzarsi attraverso la mediazione. Pesano sul da farsi due rischi concreti. Il primo rischio è quello che una possibile deflagrazione della Siria porti a una situazione di tipo iracheno, come quella che si è concretizzata dopo la caduta di Saddam Hussein. Il secondo riguarda il fatto che la caduta del regime damasceo porrebbe il problema cruciale della riformulazione dell’apparato di sicurezza, elemento fondamentale senza il quale possono aprirsi scenari inquietanti e non rendere possibile nessun modello di transizione. In attesa che la comunità internazionale si chiarisca le idee, quello che noi possiamo sperare che avvenga è che le forze di opposizione riescano a trovare unità di intenti in modo da non disperdere le forze e combattere per obiettivi comuni.

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