Il liberalismo come antiautoritarismo e antiproibizionismo

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di DOMENICO BILOTTI

Il liberalismo storico si è progressivamente affermato come teoria erosiva nei confronti del dispotismo; nondimeno, dal punto di vista della dottrina economica, ha probabilmente agito in modo determinante per disarticolare le concentrazioni rurali e gli scambi curtensi, aprendo nuovi scenari produttivi e rompendo quegli schemi che per coazione a ripetere imbrigliavano la circolazione delle merci.

Anche il liberalismo ottocentesco e quello novecentesco hanno avuto alcuni meriti. Non è da escludere che proprio lo sfarinarsi del primo abbia dato, in meno di un trentennio, agio a un primo scorcio di secolo contraddistinto da nuovi, più pugnaci, assolutismi; né si può escludere che lo scenario giuridico, politico e sociale post-bellico avrebbe potuto prosperare in assenza di un contributo forte di cultura liberale. Senonché, in questa approssimativa rassegna di posizioni, si evidenzia agilmente che il liberalismo ha avuto dei meriti e ha generato persino benefici (cosa che alle dottrine politiche difficilmente riesce…) soltanto quando ha saputo aggiornare il suo statuto tanto alle critiche che aveva ricevuto quanto alle nuove situazioni che andavano figurandosi.

In assenza di questo esercizio critico e autocritico, che è esercizio di libertà, il liberalismo tende ad essere assorbito o in un conservatorismo blando o in un liberismo dei consumi e degli eccessi: una simile polarizzazione esiste quando si rinuncia a crescere, a creare, ad articolare un discorso. È, perciò, da chiedersi che forme nuove dovrà avere questa attitudine non solo per esistere nel presente, ma anche e soprattutto per garantire un beneficio di natura collettiva, non fondato sulla superiore valutazione della centralità economica e, soprattutto, finanziaria.

Il liberalismo dovrà essere luogo di elaborazione di un rinvigorito antiautoritarismo. L’autoritarismo ha assunto forme cangianti e sovente contraddittorie: oggi sopravvive tanto come dittatura poliziesca, quanto, più frequentemente e più sottilmente, come contrazione progressiva di libertà fondamentali, agitando presunti consensualismi ed elettoralismi (il che non manca, come mascheramento rude, alla storia dell’autoritarismo). Perciò: difesa della libertà di stampa, non residuale, anzi implementando quegli strumenti di libera espressione che la tecnologia ha sostanzialmente esteso; riforma del diritto d’autore, in modo più confacente alla libera circolazione dei saperi; allargamento oggettivo e, soprattutto, soggettivo delle libertà politiche. Ciò, comunque sia, non sarebbe sufficiente. Perché nello stesso mondo occidentale riarticolazioni repressive della forza comprimono le libertà, ben oltre i limiti che esigerebbe la sicurezza (invece, univocamente esaltata come giustificazione complessiva di ogni restrizione, anche e soprattutto illegittima).

Dovrà essere il liberalismo del XXI secolo antiproibizionista? Una dottrina politica basata sulla responsabilità individuale non rinnega la necessarietà dei regimi sanzionatori; tuttavia, quel medesimo principio di responsabilità personale esige che esso possa espandersi almeno nei confini del “neminem laedere”. Proibire è non raramente scelta di politica criminale inappropriata e insoddisfacente; proibire inasprendo i regimi sanzionatori, sperando di solleticare l’umore collettivo nei confronti del pregiudizio individuale, significa perseverare nell’errore, stravolgere la distinzione tra peccato e reato, trasformare un (particolare di) ragionamento morale in uno strumento di egemonia. Al contrario, un antiproibizionismo attuale dovrà aggiornare i propri metodi, senza dimenticare che può avvantaggiare categorie sfruttate e che sempre difende un solo orientamento: nessuna restrizione che non sia necessaria; e non “nessuna libertà che non sia irresponsabile”.

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Nato a Cosenza nel 1985, vive e lavora principalmente a Catanzaro (raro caso di mobilità professionale verso Sud). Dottorando di ricerca in Teoria del Diritto e Ordine Giuridico Europeo, si occupa di diritto ecclesiastico, relazioni tra Stati e Chiese, laicità e bioetica. Suoi saggi, tra gli altri, sono pubblicati su riviste e web-zine come: Euprogress, Diritto & Diritti, Libertiamo, politicamentecorretto, Stato,Chiese e pluralismo confessionale.

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