Un dibattito acceso sulla proprietà intellettuale ha animato Lodi Liberale

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Nella 268esima serata di Lodi Liberale del 21 maggio è stato presentato il libro “Abolire la proprietà intellettuale. Copyright e brevetti costituiscono un male inutile perché non generano maggiore innovazione ma solo ostacoli alla diffusione di nuove idee“, pubblicato da Laterza insieme a Michele Boldrin (Professore di Economia presso la Washington University di Saint Louis), Cesare Galli (Professore di Diritto industriale presso l’Università di Parma), Valeria Falce (Professore di Diritto dell’economia presso l’Università Europea di Roma) e Stefano Firpo (Direttore generale di Assonime).

 

“Il sistema vigente nonostante le positività crea una sorta di monopolio intellettuale, come tutti i monopoli ha degli effetti negativi sull’efficienza, sugli stimoli al progresso e sugli stimoli ai monopolisti intellettuali. Quasi sempre la necessità di arrivare al Copyright è la parte finale, non viceversa.” Il Presidente di Lodi Liberale ha citato un altro testo introdotto da Cesare Galli, sulla proprietà intellettuale, che è un testo che riporta quattro saggi di pensatori liberali, libertari, che sono due a favore e due contro questa limitazione.

 

“Uno dei nemici politici nel testo è la WTO, si tratta di un argomento relativo alla guerra commerciale sotterranea tra USA, UE e Cina, non promette attualmente niente di nuovo e comunque ha una base teorica. Il libro è stato pensato nel 2001, deriva da un lavoro teorico che parte dall’idea della New Growth, ovvero si parlava del fatto che il cambiamento tecnologico era parte di un processo di esternalità. In realtà questa teoria poi è cambiata e si è arrivati a pensare che siano i Brevetti a rendere monopolisti gli studiosi, che poi cercano con questi di far rendere profittevole il merito. I competitor lavorano per combattere il monopolio con un altro monopolio e così via.” Il professor Michele Boldrin sostiene che tutte queste teorie fossero figlie del dopoguerra.

 

“In realtà questa dimensione post Shumpeteriana non si è mai realizzata e non esiste esempio di questo modellino teorico. Contestualmente – ha detto Boldrin – l’allargarsi del controllo sui dati e sulle proprietà intellettuali non ha comportato a crescite o sviluppi. I mercati non sono mai così ciechi da non essere in grado di dare valore alle cose. Il fatto che l’estendersi dell’attività brevettuale abbia aumentato il valore di mercato delle aziende che si fanno accettare i brevetti, certo aumenta le possibilità, ma nella produttività non ci sono evidenze.”

 

“Attualmente la posizione è che ci sia il bisogno di un pelino di monopolio, ma non un vero e proprio monopolio, una posizione diremmo democristiana..” La discussione è che chiunque possiede un brevetto ha in mano un buon valore e l’estendersi di questa costruzione di rendite ha creato un mercato gigantesco. I dati parlano da soli, ma è abbastanza palese che le cose stanno in questo modo. “La parte più buffa riguarda il Copyright e i diritti intellettuali: questa grande discussione mondiale contorta e piuttosto irrazionale sulla crescita delle ricchezze ha molto a che fare con l’accumulo delle rendite di valori intellettuali, le aziende con dominio di mercato sono spesso legate al mondo dei brevetti, ma specialmente ai diritti del Copyright; esistono altre limitazioni, come il Trade mark, etc..”

 

“Dal punto di vista della critica in questo libro c’è un tentativo di associare produttività e brevetti, ma non c’è evidenza di questo. Il libro tuttavia sostiene la tesi in modo debole.” Il professor Stefano Firpo ha portato l’esempio delle industrie dei transistor, dei conduttori, dei laser, di tutte quelle tecnologie che hanno avuto applicazione fisica, militare, oppure nel settore della chimica.

 

Il punto della discussione della riunione si è posto il dilemma se vengono prima le industrie di brevetto o le industrie di ricerca? Ovvero, il brevetto è il motivo della crescita oppure chi cresce arriva spesso al brevetto prima degli altri? Oggi l’argomento è di attualità perché la Open Artificial Intelligence parte proprio senza il brevetto.

 

“L’industria oggi – ha detto Firpo – non si basa più sui brevetti, ma si limita alla protezione blindata del segreto industriale. L’utilizzo degli strumenti legali per proteggere le proprietà intellettuali, che altrimenti una volta sul mercato sono facili da copiare, è tuttavia spesso monopolistico, anticoncorrenziale, in ragione di una cattura del legislatore e del regolatore, in questo ambito. Però il punto non è tanto abolire tout court la proprietà intellettuale, ma perseguire in modo alternativo, calmierante, gli aspetti deleteri dei processi di cattura giuridica. E’ una cosa complessa, il processo per arrivare a questo è lento. Una soluzione potrebbe poi essere in generale di richiedere più approfondimento per un brevetto depositato.”

 

“Il brevetto non è un monopolio, è una chance, che può essere poca cosa se a questo brevetto non corrisponde una conversione, che la decide il mercato. Il diritto di proprietà intellettuale è per controllare e mantenere la paternità su una ricerca.” Secondo le ricerche della professoressa Valeria Falce nei rapporti attuali, nel 45% delle crescite dell’industria in Europa vi è un intenso controllo e una gestione inbound dei diritti di proprietà intellettuale. Il 20% delle innovazioni brevettate nell’ambito della ricerca e dell’eccellenza scientifica hanno contribuito per il 31% per le innovazioni ritenute leader, specialmente a livello industriale, rispetto all’innovatività e alla capacità di applicazione.

 

“Rispetto al diritto d’autore, risulta – ha detto Falce – che al contrario la pirateria sia in aumento, che gli atti illeciti sono stati realizzati in 30 milioni di unità in più. La protezione della proprietà intellettuale è da rivedere.”

 

“A livello europeo è stata presa una posizione drastica proprio oggi, quando è stato chiuso il testo sulla AI App, dove si affronta il problema del diritto d’autore rispetto alla AI, laddove creatività e qualità devono essere tutelate per dare lavoro senza il free riding.” Falce non crede che la libera competizione sia sempre motivo di crescita.

 

Il professor Cesare Galli è intervenuto per spiegare in che cosa consistano i brevetti e perché servono: “In Italia uno dei primi brevetti registrati peraltro in Inghilterra è stato quello di Guglielmo Marconi, della radio. Allo stesso modo sono state brevettate tutte le principali innovazioni tecniche e tecnologiche. Il sistema brevettuale e il diritto d’autore veri e propri nascono seguitamente alla Rivoluzione francese. Il tema che è sfuggito è se la proprietà dell’intelletto sia importante oppure, no. I diritti di proprietà intellettuale non sono un monopolio.” Galli ha quindi cercato di spiegare che anche i marchi sono parte di questo sistema, che servono per attribuire merito, responsabilità, provenienza una funzione importante ma non unica. Il marchio invece è uno strumento che crea valore.

“I segreti industriali sono protetti contro gli atti abusivi, cioè nel momento in cui non si possono copiare dal prodotto finito, oppure contro i reati di effrazione, intrusione e furto di procedimenti e di dati.” Galli è stato molto critico sull’idea di abolire qualsiasi riservatezza contrattuale, e qualsiasi protezione. Probabilmente grazie alla presenza dei brevetti si possono proteggere i casi in cui la scoperta è talmente banale che senza l’esclusiva sarebbe cannibalizzata. Il professore ha difeso i diritti e i brevetti, perché sono spesso indice di qualità e di serietà del prodotto, garanzia di conformità nei settori delicati, come ad esempio la medicina,

 

Martina Cecco

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