Demagogia e demagoghi a Lodi Liberale

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Nella 264esima serata di lodi Liberale si è tenuta la presentazione del libro “Contro i demagoghi. I pericoli della democrazia americana” di James Fenimore Cooper insieme a: ALBERTO GIORDANO, Professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Genova; MAURIZIO SERIO, Professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi e ANDREA CATANZARO, Professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Genova.

“Dal 2013 in cui Piero Ostellino e Alberto Mingardi avevano pensato di tenere a battesimo la prima serata di Lodi Liberale, nel tempo, dopo aver messo in vetrina numerosi autori delle case editrici liberali più note, ancora non ci sono ancora dibattiti centrali a livello politico, pubblico e accademico.” Il presidente di Lodi Liberale Lorenzo Maggi ha introdotto la serata che è incentrata su un argomento spinoso, ovvero la differenza tra le demagogie e il pensiero libertario e liberale vero, che si batte per le libertà. Partendo dai classici si torna alle basi del pensiero: in linea di massima la Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago e il pensiero politico ed economico liberale e liberista, non sono studiati bene. L’associazione quindi procede nel lavoro seminariale sugli autori dell’ambito.

“L’autore di questa sera non è molto conosciuto, perché è più noto come romanziere che non come pensatore. In questo testo si trovano delle riflessioni che partono da un testo di due secoli fa, da cui esce questo interessante libretto. La riflessione è interessante anche usandola per commentare il dibattito pubblico attuale.”

LA MODERNITA’ E LA COMUNICAZIONE CHE CORROMPE IL PUBBLICO E L’OPINIONE PUBBLICA

“Questo autore oggi è da considerare perché – ha detto il professor Alberto Giordano – oltre che essere per me un progetto di qualche anno fa, affronta delle problematicità rilevanti; è uno di quei pensatori che affronta il tema del rapporto tra opinione pubblica e democrazia, mentre il “The american Democrat” era stato scritto nel 1838 come manuale di educazione civica, data che è significativa perché è un momento di transizione per gli Stati Uniti, era appena terminato il mandato di Andrew Jackson, considerato un democrat. Cooper era per certi versi sostenitore di questo presidente, ma era comunque preoccupato, poiché comprendeva che nella democrazia americana alcuni elementi di novità appena introdotti, potevano mettere in pericolo l’impianto istituzionale ereditato dai Padri fondatori, esponendo il fianco alla corruzione, laddove la politica diventasse una questione di accordi tra i leader e le masse.”

“Le sfide del liberalismo politico in questo contesto sono quelle dell’opinione pubblica, soggetta ad essere vittima di comunicazione emotiva, di informazioni parziali, di messaggi sotto la soglia della razionalità, che nel rapporto tra leader e pubblico, con una ragionevole disintermediazione, portano al largo il pubblico, mentre l’opinione pubblica, che prima era chiaramente distinta dal pubblico, ora si avvale di attori politici come i demagoghi e i partiti politici che si avvalgono delle strategie di comunicazione proprio per alterare la percezione della stessa opinione pubblica.” In questo modo le idee sono veicolate per mezzo della polarizzazione, che tecnicamente preclude il dialogo.

“L’autore quindi – ha detto Giordano – pensa anche alla stampa, auspicando che rimanga libera, il IV potere che non deve prendere il posto degli altri tre. Un esempio lampante è la creazione di false rumors, che oggi sono definite fake news diffuse all’epoca dalla stampa schierata. Questo crea un tessuto che può funzionare all’emersione dei demagoghi, gli uomini che dicono al popolo che il suo potere non ha limiti e che il suo giudizio non è mai sbagliato, mascherato da amico dei cittadini, si differenzia da tutti gli altri politici e grazie al suo sapiente uso della retorica cerca di suscitare emozioni, accaparrandosi il favore del pubblico e anche dell’opinione pubblica.”

Molto opportunamente lo storico del pensiero politico Alberto Giordano ci presenta la prima edizione italiana di un’antologia di The American Democrat, or Hints on the Social and Civic Relations of the United States of America, uno degli scritti – datato 1838 – non narrativi di James Fenimore Cooper (Rubbettino, 2023). Il titolo è perfettamente centrato: “Contro i demagoghi. I pericoli della democrazia americana”, e non possiamo che stupire innanzi tutto per una cosa: nel vedere come un autore da noi – ma non solo in Italia – quasi esclusivamente identificato con L’ultimo dei Mohicani, pubblicato in quasi ogni lingua del mondo e oggetto di svariati adattamenti cinematografici (non notissimo ma splendido quello di un Maestro del cinema USA come Michael Mann), sia in realtà anche un acuto, benché forse non profondo, pensatore politico. Ben noto per questo, per le sue polemiche e lotte non solo ideologiche, ma anche giudiziarie, ai tempi suoi, molto meno noto oggi da tale prospettiva.” In Paolo Luca Bernardini.

LA DEMAGOGIA E LE ANTICHE RADICI DELLA PERSUASIONE POLITICA IN ANTICA GRECIA

“Questo testo è vecchio, ma qualcosa comunica a livello di contenuti, grazie alle domande che i testi suscitano, rendendo possibile interpretare la contemporaneità.” Il professor Andrea Catanzaro ha detto che in questo modo si tende a manipolare le idee degli autori piegandole alle esigenze odierne, mentre questo libro svolge l’operazione contraria, facendo parlare direttamente l’autore. “Fornito il contesto in questo libro si lascia parlare l’autore, lasciando parlare l’autore. C’è un aspetto del metodo di Cooper che è interessante, cioè spiega come si deve osservare il fenomeno politico, in particolare si riferisce agli Stati Uniti. In seguito fa una disamina sul concetto del problema, cioè si sofferma su come si devono affrontare queste cose che chiamiamo problemi.”

“Hobbes tradusse dal greco i testi di Tucidide e parlò di demagogia per mettere in guardia gli inglesi dai rischi della persuasione politica. Cooper nella sua definizione di demagogo tiene presente che il principale significato è quello di portare dietro di sé il popolo, che in Aristotele il demagogo è definito anche adulatore del popolo. Non è un caso che quando Cooper ne parla sottolinei anche come l’adulazione metta in pericolo il popolo.”

“Il popolo nella democrazia non è la totalità, ma è la totalità rappresentata come pluralità espressa dalla maggioranza temperata, cioè i più prevalgono sui meno, ma contano anche i meno.” Dunque la polarizzazione del demagogo (esattamente come la propaganda nei regimi autoritari) è rischiosa perché compromette la dignità della minoranza.

La persona nella sua unicità deve avere il diritto di trovare la strada per realizzare la sua felicità. La tutela della democrazia deve difendere questo, perdere questo significa perdere il potere della democrazia nella protezione del singolo. Norberto Bobbio, ha spiegato Catanzaro, ha definito in modo puntuale la dignità della democrazia in rapporto al potere asimmetrico dell’individuo rispetto alla maggioranza e viceversa.

IL LATO POLITICO IN COOPER

“Il libro è destinato a dare un contributo alla costruzione del discorso pubblico sullo stato di salute/crisi delle democrazie contemporanee. Con Cooper parliamo di un tipo di liberalismo particolare, ovvero incontriamo un testo molto bello in cui l’autore si confronta con i concetti di individuo e di libertà.”

Il professor Maurizio Serio ha citato dei passi scelti di Cooper in cui si sottolinea che le relazioni secondarie e primarie, i corpi intermedi, le società naturali, realizzano l’individuo che vi è inserito; ma nella misura in cui l’individuo è pressato da queste invadenti interferenze, l’individuo diventa infelice.

“L’analisi di Cooper mette alla luce una sorta di pensatore politico, ma non tout court. Non si tratta di decidere se collocarlo o meno nel pantheon dei pensatori politici, ma stiamo cercando di mettere insieme i punti centrali del pensiero politico dell’autore. Il rapporto tra l’individuo e il potere del gruppo è un argomento sempre attuale, ad esempio; l’individuo e la comunità sono sempre in rapporto; il liberalismo di Cooper inoltre è inserito in un concetto governativo, ovvero nel quale il potere deve essere limitato, non può essere libero perché prevalente, prevaricante, arbitrario per definizione (la volontà del numero); un altro argomento che merita meditare è il dibattito sulla teoria del libero scambio, che secondo Cooper deve il tutto all’Inghilterra. Tutto questo serve per aiutarci a porre una domanda fondamentale: la riflessione sul ruolo delle istituzioni democratiche per distinguere la specificità tra regimi autocratici o aristocratici e regimi moderni. Nelle società aristocratiche le istituzioni servono per mantenere i privilegi della classe, nei regimi democratici le istituzioni sono a salvaguardia per il principio del sistema democratico in sé, cioè uno strumento che svolge alla funzione neutra di mantenersi in piedi rispettando i propri principi di sopravvivenza.” Il professor Serio ha quindi cercato di far capire che la differenza la farebbe la qualità delle istituzioni e non l’istituzione in sé. Il principio che guida siffatto sistema, analizzandolo dal punto di vista storico, parte dalla post Rivoluzione, per cui non si tratta di ragionare sulle qualità del politico e del sistema, ma sulle regole del sistema: il problema fondamentale che emerge nell’età delle rivoluzioni dell’età moderna è il tema Toquevilliano e Lockiano della libertà e della uguaglianza in un sistema.

“Un altro principio molto caro ai liberali però è l’anti-perfettismo, perché l’individuo è un essere umano che controlla le azioni intenzionali, ma non può controllare gli effetti non intenzionali dell’interazione delle scelte intenzionali. Dunque non può che scrivere che le imperfezioni sono il contraltare dell’astrattismo politico, tipico ad esempio dell’Illuminismo. Il suo è un appello alla concretezza, al pragmatismo, un appello fortemente americano. In questo senso egli riconosce che la disuguaglianza resta un elemento strutturale delle società moderne, anche se le istituzioni cercano di mediare e mitigare la disuguaglianza tra sessi e individui.”

L’ampio spazio, secondo Serio, è quello che si deve prendere una serie politica democratica, dove la libertà crea tensione ma nel sistema democratico è fondamentale perché porta a risultati e a perturbazioni per movimentare l’ordine non perfetto, che nel movimento può migliorare, perché è perfettibile.

Martina Cecco

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