“Molte Riforme per nulla” si è parlato della politica italiana, quella vera, a Lodi Liberale

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In vista dei primi 10 anni di vita dell’associazione, si è tenuta la 208esima serata di Lodi Liberale in cui è stato presentato il libro “Molte riforme per  nulla. Una controstoria economica della seconda repubblica“, pubblicato da Marsilio, insieme a Alberto Saravalle (Professore di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Padova), Carlo Stagnaro (Direttore dell’Osservatorio sull’Economia Digitale dell’Istituto Bruno Leoni), Oscar Giannino (Giornalista), Alessandro De Nicola (Presidente di The Adam Smith Society) e Lorenzo Maggi (Presidente di Lodi Liberale).

“Lodi Liberale torna finalmente in presenza con una cadenza regolare di una volta al mese, riprende il calendario come da programma e ringrazia i soci che la sostengono con le quote e le persone che lavorano alle spalle di questi incontri. I grandi statisti liberali rimane il tema del V lunedì, quando c’è.” Il presidente di Lodi Liberale ha introdotto la presentazione dell’opera, che ha un anno, incentrato sull’esperienza del governo che ha visto molti tentativi di modernizzare l’Italia per introdurre efficienza, libertà economica, concorrenza, libertà di scelta. Tutta la pubblicazione comprende le proposte analizzate in modo puntuale e una serie di proposte che i governo dovrebbero mettere in agenda. Tocca tutti i temi cardine della politica moderna. Compreso il PNRR. Gli autori che hanno presenziato sono personalità care a Lodi Liberale.

 

L’Istituto Bruno Leoni è uno dei punti cardine dello studio della politica economica liberale in Italia: il libro si rivolge a elettori liberali, politici e cittadini in generale, i relatori sono tutti esponenti di think tank liberali di spicco.

TANTI CAMBIAMENTI FORMALI E NESSUN CAMBIAMENTO SOSTANZIALE

“Un libro che mantiene la sua attualità perché accanto alla storia e alle motivazioni che ci hanno portato fino a qui, è molto legato alle riforme attuali e al PNRR.” Alberto Saravalle ha illustrato la pubblicazione spiegando che c’è stata una ipertrofia giuridica, non è vero che non si è lavorato, ma sono state attuate pochissime riforme, quindi le leggi non hanno ottenuto alcun effetto di cambiamento sostanziale.

“Il principale problema in Italia è stata la mancanza di una leadership forte, che abbia una visione lungimirante d’insieme, perché le Riforme hanno costi materiali e sociali. Invece l’Italia ha semplicemente applicato direttive europee, il che ha comportato gravi carenze a livello di riforme.” Secondo Saravalle la pubblica amministrazione non ha svolto particolari opere di cambiamento, tranne il minimo.

L’ESPERIENZA DI CARLO STAGNARO CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

“Le Riforme italiane sono state vissute con un approccio puramente tecnico e non politico. Senza la capacità e la voglia di capire cosa si sta facendo, ci si mette nelle mani di altri. La componente tecnica delle riforme è inopinabile, ma qualunque riforma è un mezzo politico studiato per arrivare a un fine. Stagnaro descrive i governi riformisti come paesi che hanno espresso il loro DNA con questi cambiamenti strutturali. In Italia questo non è successo. Un’attenta analisi è stata condotta in passato dall’economista Alberto Alesina.

ESECUTORI PER CONTO TERZI

“La Riforma, in quanto cambiamento strutturale, genera comunque uno scontento, almeno inizialmente. Noi non siamo stati capaci di fare delle riforme efficaci per un problema di natura politica.” Stagnaro parla di come i politici hanno spesso fatto interventi invasivi, ma per accontentare le piccole necessità e per metterle insieme alla richiesta di cambiamento da parte dell’Europa. In questo modo le riforme sono state viste come negativo, come cambiamento imposto: per questo in Italia si è sviluppato un fortissimo attrito populista che ha trovato espressione nell’elettore 5 stelle. Infatti quello che è stato recepito è che l’Italia non ha sovranità e che il politico si limita ad applicare le normative europee.

 

“Il principale cambiamento è relativo alla logica del PNRR che ha ribaltato la situazione dell’obbligo, come prezzo da pagare per recuperare qualche parte di PIL. Oggi non si ha l’impressione che la riforma sia un prezzo, ma che la riforma sia un meccanismo. Non cambia niente in pratica, ma cambiano le idee che circolano in politica. Il secondo cambiamento è quello relativo alle concessioni, le prime quelle balneari, cioè le concessioni sulle risorse demaniali della costa. Questo cambiamento è importante perché rende a tutti la possibilità di cambiare e di andare oltre.” Secondo Stagnaro anche le elezioni in Italia, quelle più recenti, sono state fondamentali per il cambiamento, perché c’è una grande compattezza sul centro destra, che ha vinto con una larghissima maggioranza, per la prima volta ha la possibilità di portare a termine una legislatura.

NON VOGLIO MORIRE IN UN CERTO MODO

“Il nostro contributo culturale può essere utile per dare una svolta? Continuerò a dare il mio aiuto, ma la rivoluzione culturale non la facciamo noi, noi non siamo in grado di arrivare ad attivare alla massa critica per cambiare le cose. Invece, questo libro, agisce su questo: si chiude dicendo che ci vuole qualcuno che spiega in un linguaggio che gli italiani capiscono che qui si testa un programma, che devono dire quello in cui credono, non perché gli viene spiegato con la teoria come funzionano le rendite: serve entrare nel cuore degli italiani come una lama.” Il giornalista Oscar Giannino ha spiegato che, oggi come oggi, servirebbero politici come Beniamino Andreatta, che dall’interno lavorava per liberare l’Italia.

INCENTIVARE LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE CHE FUNZIONANO

“Alcuni politici che erano capaci di spiegare con il linguaggio popolare le riforme in Italia ci sono stati: senza di loro non saremmo come siamo oggi, la Banca d’Italia sarebbe stata la leadership, le schifezze abissali sarebbero state di più. Ultimamente di politici capaci di cambiare ce ne sono stati molto pochi.” L’Italia è fortemente cambiata: dagli anni novanta abbiamo una bassissima crescita, ma stratigraficamente le imprese, nel capitale investito e quello umano, ci sono molte novità; dal 2009 in poi una parte minoritaria ma molto qualificata ha cominciato ad organizzarsi, a formare, ad assumere capitale umano di qualità maggiore, che era stato formato investendo di più. Si parla di migliaia di aziende.” Secondo Oscar Giannino le produzioni italiane che sono sopravvissute alla crisi fanno l’80% delle crescita e la maggior parte dell’export. Hanno trainato l’Italia, portandola fuori dalla pandemia. Nel 2002 – quando tutti pensavano che sarebbe stato un disastro – è andata bene.

LE IMPRESE STATICHE CHE SONO IN STAGNAZIONE

“Queste imprese sono molte, trainando l’economia in modo significativo, ma una vasta parte non ha nessuna crescita: si tratta di una lunga serie di imprese.” Secondo Oscar Giannino una delle conseguenze principali è l’azione sul salario, con la conseguente perdita del valore del danaro. Se la produttività non aumenta, i salari non aumentano, le paghe rimangono basse: ma chi ha gli stipendi più bassi? Non è l’industria, perché la produttività è aumentata. I salari da fame stanno nei servizi, che non valgono più niente. Il salario minimo in Italia è stabilito per legge: Confindustria aveva già detto che non spetta alle grandi industrie allora intervenire, infatti gli stipendi sono da rinnovare ma c’è una serie di paradossi.

I DATI FISCALI DEL NOSTRO TRIBUTARISMO

“L’Agenzia delle Entrate si è sempre curata di gestire in toto le vicende tributarie. Però, a pagare le imposte di IRPEF è solamente il 5% dei contribuenti, mentre la enorme massa oltre il 67% non paga quasi niente. Allora qui non si tratta di moralismo fiscale, ma di far emergere che il motivo per cui le cose non cambiano è legato al fatto che su pochissime persone grava un peso enorme. In questo errore sono caduti tutti, destra e sinistra. Attualmente chi ha goduto di questi piccoli interventi a margine che hanno frammentato la ricchezza, sono i beneficiari dei vari bonus: serve una riforma fiscale organica. Se è vero che comunismo, socialismo, democrazia e fascismo hanno una forma mentis diversa rispetto alle tasse, è anche vero che tutta l’economia italiana si basa su questo abuso che Giannino ha definito come sessuale.

Secondo Oscar Giannino siamo in sproporzione rispetto ai dati ISTAT: i super poveri sarebbero 5 milioni, ma i bonus oggi come oggi sono erogati a oltre la metà delle persone che lavorano. Come mai allora queste persone non riescono con il solo mercato ad avere una posizione economica solida? E’ evidente che le riforme sono indispensabili: riforma fiscale, tributaria, scolastica, del lavoro. La verità del nostro paese non è quella delle cifre: l’Italia non è priva di energie e di possibilità.

“Non voglio morire pensando che non ci saranno altri politici capaci!”

“NON E’ CHE QUESTI ME SE VOGLIONO COMPRA’? – MAGARI!”

“Rispetto agli anni ’80 e ’90 le leggi della concorrenza esistono e sono state fatte: il Trattato di Roma alla fine è stata fatta la legge in linea con le altre: l’Istituto Bruno Leoni calcola l’indice delle liberalizzazioni e l’Italia non è in una posizione negativa. In alcuni settori come televisioni, energia, telecomunicazioni, alta velocità non stiamo andando male, ma stiamo andando male perché sono le situazioni che si sono create solo su impulso dell’Europa, non sono nate spontaneamente. Un esempio è Italo, che è performante e che stimola anche la compagnia di stato.” Il presidente della The Adam Smith Society Alessandro De Nicola ha spiegato come il Trattato di Maastricht aveva una base teoria davvero innovativa, aveva dato impulso anche al pensiero politico italiano.

“Il trattato in questione era stato sfruttato in modo molto buono, ma oltre a questo è stato inserito un calcolo che limita al 3% il livello del deficit consentito, che di per sé non era nulla, ma obbligava a tenere in ordine i conti pubblici. In quella breve stagione furono alzate le tasse e abbassata la spesa pubblica per entrare in Europa: l’Europa per noi – ha detto De Nicola – ha voluto dire tanto. Se le telecomunicazioni ed i taxi sono servizi che usiamo sempre, altre situazioni, come appunto la precedente, le balneari, non sono situazioni che interessano, per cui senza l’Europa non ci sarebbero stati risultati.” L’Europa per molti anni ha fatto da modernizzatore per l’Italia: possibile che oltre l’eroica divisione Andreotti e il dignitosissimo testo Draghi per la regolamentazione dei mercati finanziari ci saranno altre leggi più avanzate, ma senza lo stimolo europeo tutta questa situazione sarebbe tradotta in aiuti di Stato.

“Gli zoppi infesterebbero il paese. Uno dei casi è Alitalia, ad esempio.” Alessandro De Nicola ha lasciato intendere che lo Stato in Italia distorceva il mercato e per di più avvantaggiava chi non merita e puniva chi andava bene.

“Tutto questo è l’impianto soprattutto e buona parte europeo: da qualche anno l’Europa non ha più la spinta propulsiva e Matteo Renzi si è macchiato della colpa di aver parlato contro, ma gli aiuti di Stato, con la pandemia, con la guerra, con la crisi energetica, sono di nuovo tornati e l’Italia ha emesso aiuti di Stati e ha ricevuto poco, perché non era stata formica prima. La famosa OPA; per fare un esempio, è stata annacquata. Insomma, la situazione economica ha notevoli vincoli, amministrare è diventata una questione pesante dal punto di vista della responsabilità, per cui si sta un pochino sfarinando la spinta da parte delle Istituzioni europee di cui noi abbiamo approfittato ma che non abbiamo saputo fare nostra, acquisire.” I politici, per non prendersi delle responsabilità e non lavorare con la propria testa, hanno usato l’Europa come la coperta di Linus e come il parafulmine per eccellenza. Il pregiudizio verso l’Europa era positivo perché i politici europei avevano uno stipendio inferiore e costavano meno, per cui inizialmente c’è stato un appoggio diretto, ma poi un contrasto: ma nel frattempo l’Europa è cambiata.

“Per chi oggi ha l’intenzione e la voglia e la consapevolezza che è necessario fare qualcosa per evitare che il paese continui in questa spirale doppia: economica e demografica di involuzione, una grande attenzione la deve dedicare all’Europa, impegnandosi – come ha fatto Draghi- prendendosi una leadership morale all’interno dell’Europa per la quale si è ascoltati, dicendo le cose giuste per l’Europa. Questa è una cosa che con il nostro governo non è pensabile fare, ci sono molte cose sbagliate, interne o esterne, ma chi ha consapevolezza non deve tralasciare l’importanza che ha l’Europa in questo momento. Da qui alle elezioni europee bisogna parlare molto di Europa e fare in modo che l’Italia mandi in Europa persone e rappresentanti che correggano il più possibile questa deriva europea.

Libertà di movimento, delle persone, delle merci e dei capitali: su questo l’EUROPA ha perso lo spirito e si sta adeguando ai correttivi ai cattivi difetti che aveva corretto fino ad oggi.

Di Martina Cecco

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