La guerra dei trent’anni con Filippo Facci, Paolo Liguori e Maurizio Crippa a Lodi Liberale

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Nella 197esima serata di Lodi Liberale è stato presentato il libro “La guerra dei trent’anni. 1992-2022. Le inchieste, la rivoluzione mancata e il passato che non passa”, pubblicato da Marsilio, insieme a Filippo Facci, Paolo Liguori, Maurizio Crippa e Lorenzo Maggi.

“Dopo due mesi torniamo in presenza e la sala è stracolma, il che significa che la serata ed i relatori sono di interesse e dopo 9 anni, per Lodi Liberale è l’occasione settimanale per portare in primo piano il pensiero liberale e i suoi pensatori.” Il presidente di Lodi Liberale Lorenzo Maggi ha ricordato che la maggior parte delle serate viene gestita da remoto a mezzo zoom.

“Questo libro è importante perché è un diario quotidiano che mette in fila gli avvenimenti e i protagonisti di trent’anni di inchieste che partono dal 1992 e che hanno interessato il nostro paese” secondo Maggi lil nostro paese ha completamente travisato il senso delle inchieste, con gli avvisi di garanzia sono stati colpiti obiettivi senza garantismo. Una stagione che ha dato il via alla tendenza dei giudici di farsi manager della politica, sfruttando le indagini che hanno condotto per inaugurare una carriera politica, come ha fatto Antonio Di Pietro, che ha contribuito ad abbassare il livello dell’idea di Giustizia staccata dalla politica.

«La magistratura debordò e si attribuì un ruolo, l’informazione debordò e se ne attribuì un altro, e l’opinione pubblica debordò di conseguenza, ma si raccontò che aveva soltanto un ruolo da vittima.» A distanza di tre decenni fatichiamo ancora a inquadrare Mani pulite e in che misura abbia creato l’incerto presente politico che viviamo. Se è vero che, come scrive Filippo Facci, «non aveva mai attecchito un vero senso dello Stato, e tantomeno una disposizione a scandalizzarsi per condotte poco etiche», da che cosa ebbe origine il clamore intorno a un’indagine che, in apparenza partita da un comune caso di corruzione, ha cambiato per sempre l’immaginario della nazione? All’epoca giovane cronista, l’autore ha seguito le tracce e le crepe prodotte da quel terremoto, scavando nelle versioni improbabili – la favola del magistrato onesto che smaschera i corrotti, l’epurazione delle mele marce – e in altre non meno improbabili e complottiste legate a scenari internazionali. Da quel lavoro emergono oggi risvolti inaspettati che si ricollegano a eventi e fenomeni vicini e lontani, tra cui il maxiprocesso di Palermo, che avrebbe dovuto essere salutato come la vera svolta e invece venne attaccato da più parti, e il bombardamento mediatico, con giornali e talk show impegnati a tenere vivo il clima emergenziale, spianando la strada all’antipolitica. Tra protagonisti e comprimari, reazioni a caldo e insospettabili derive, rimuovendo ogni patina di ipocrisia, Facci restituisce un impietoso ritratto del paese che siamo stati e che forse siamo ancora, spingendo a domandarci: è giunto il momento di ammettere, con il procuratore capo Borrelli, che «non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare in quello attuale»?

UN LIBRO DA COMPARE E DA LEGGERE

Il giornalista Paolo Liguori non poteva essere in sala, per cui ha partecipato con un collegamento telefonico in cui ha animatamente consigliato il libro perché è da leggere, in quanto contiene una serie di informazioni che non si trovano sulla stampa dell’epoca. Considerazioni che chiariscono molte delle zone d’ombra di questi 30 anni di inchieste e di intrighi. Un libro molto importante perché non è stato scritto con un copia incolla di altri, ma ha ricostruito un periodo con la sua memoria e con i suoi appunti, lontano dal bello e cattivo tempo delle procure dell’epoca.

“La guerra dei Trent’anni è il libro che parla del periodo in cui le procure con Mani Pulite si sono poste contro la società, hanno fatto politica e non hanno raggiunto obiettivi rivoluzionari. Il libro si distingue per la capillarità dei fatti, degli argomenti e della documentazione. In questo libro ci sono appunti che non sono la classica raccolta di testi raffazzonati, tipica del giornalismo moderno, ma sono riflessioni originali che riflettono una storia completamente diversa da quella visione ipocrita che se ne vorrebbe dare seguendo il filo dello story telling dell’epoca. Sfidando le querele di diffamazione.”

Il giornalista Filippo Facci, autore del libro, ha confessato di essere stato molto corteggiato relativamente a questo libro. la ricostruzione invece si esaurisce al 1994 (nulla sulla parabola politica di Di Pietro, ad esempio), e dopo riflessioni di tipo sociale, politico, giudiziario ed economico sulle conseguenze di quel trienno. Il carattere fuorviante del titolo esaurisce gli aspetti negativi del libro, costruito su un duplice registro (i paragrafi del secondo in corsivo): a quello degli eventi non solo milanesi ma anche siciliani (leggi: mafia e antimafia) e romani, le connessioni tra i quali sembrano sempre meno rapsodiche, Facci interseca quello della propria crescita personale e professionale, da giovane cronista disprezzato dai colleghi, a giornalista (straordinariamente gustoso e significativo il racconto dell’esame orale di giornalismo), a uomo nei suoi rapporti con colleghi, donne (una in particolare) e il padre. Ciascuno colpisce una corda differente, e a fondo. Facci non trascrive, come altri, avvisi di garanzia prendendoli per oro colato ma li sottopone al suo personalissimo e non avventizio spirito critico: li colloca nel momento in cui sono stati prodotti, con un prima e un dopo riscontrabili, nel contesto storico e biografico di ogni protagonista, comprendendone così il testo esplicito e quello implicito. Chi come me abbia vissuto quegli anni percependo già con orrore l’evidente sovvertimento di principi costituzionali elementari (lo sconcerto per magistrati che convocano telecamere per leggere alla nazione un comunicato onde bloccare un provvedimento legislativo è indimenticabile), realizza qui con desolazione l’abdicazione del giornalismo anche più attento dell’epoca ai voleri della piazza: nessuno (tranne rare eccezioni, quorum Facci, derise e insultate) che osasse proporre anche solo in via dubitativa un ragionamento di minimo spessore civile: a riprova del vero valore del giornalismo italiano (come nota Montanelli, in quarta di copertina). Notevole.

“Avrei potuto scrivere un libro: breve storia di Mani Pulite; in occasione del trentesimo anniversario di quel periodo. L’idea era di fare questo, invece sono uscite circa due milioni di batture, con un grande apparato di note, che l’hanno reso un lavoro pretenzioso, inattuale, un mattone di 752 pagine, che descrive come nel 17.02.1992 con l’arresto di Mario Chiesa – quando io avevo 23 anni – si sia aperto per il mio periodo giornalistico un momento di intenso lavoro, con un meccanismo per cui mi sono trovato a informarmi sulle indagini, che erano le prime, facendo un lavoro giornalistico e una serie di cose che, di fatto, mi hanno consentito di scrivere un libro di argomenti vissuti in prima persona come giornalista e come parte di quella storia.” Il giornalista Filippo Facci racconta di come i giornalisti avevano fatto una linea unificata, dove decidevano che cosa scrivere in modo uniforme, per cui la stampa aveva fatto sostanzialmente cartello, facendo parte di questa inchiesta, come giornalisti, che erano usati a fini istruttori, con dei nomi che venivano fatti con funzioni di richiamo, per cui i nominati sulla stampa venivano poi coinvolti in qualche modo nelle inchieste.

“Trent’anni perché in realtà il libro è ambizioso e vuole essere un libro di storia, è stato scritto con la mente di una ricerca storica, basata su fonti disponibili. Ho cercato di mettere insieme un apparato di note, di fonti, che sono state confrontate con le notizie storiche degli storici contemporanei, che si trovano in difficoltà a descrivere il passaggio dagli anni ’90 ad oggi, dove non è facile capire come la storia si sia evoluta.”

“Latrocinio ed ipocrisia: i partiti erano una fonte di ricchezza personale, Mani Pulite era un periodo galvanizzante, che faceva emergere la contraddizione di una nazione in mezzo all’evasione fiscale che metteva in luce come i soldi avvero da tempo preso il volo nelle tasche del sistema. Ma l’opinione pubblica, dopo le stragi, era concorde con la Custodia Cautelare” In nessun altro paese civile ci sarebbe mai potuta essere una simile inchiesta, distantissima dallo Stato di Diritto, ha detto Facci, che fu anche indagato per calunnia, per aver scritto e messo in dubbio talune cose di Di Pietro quando si occupava di controinformazione a “Il Foglio”.

L’Ordine degli Avvocati di Lodi con la presidente Odescalchi è protagonista della serata per quanto riguarda i crediti formativi. Infatti le serate in presenza a Lodi Liberale, quando sono accreditate, consentono di acquisire i crediti per la formazione continua.

Maurizio Crippa ha scritto la prima recensione sulle oltre 700 pagine di Facci: “Un lavoro storico, che però ho già descritto a maggio, nel lungo articolo che ho scritto – ha detto – in realtà francamente alcune pagine le ho lette nella fretta di scrivere. L’idea è che questo sia un romanzo senza innocenti: queste vicende si leggono come un romanzo, Filippo scrive bene, è una bella penna, con parti ariose, di pettegolezzo, di ricostruzione, di racconto.”

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“In quel periodo tutto ciò che riguardava un certo tipo di Giudiziaria finiva sotto il trattore di Di Pietro. Tuttavia questo periodo ha segnato una intera generazione di cronisti e di giornalisti, che oggi è la ruota principale del giornalismo italiano e si sono formati in un mondo di menzogne, tale e quale a come è sempre stato, ma con la tendenza a costruire un tipo di informazione ad hoc, sull’esempio delle procure, tanto che il frutto finale è stata la schifezza del grillismo, nutrito alla base da quel clima di odio verso la presunta casta, colpevole a prescindere di essere ladra. Questo è un aspetto generazionale che ha demolito completamente tutto. Tanto che ora si accusa con vittimismo la casta.” Il giornalista Maurizio Crippa ha descritto il libro di Facci come un fluviale racconto che comprende episodi di storia della vita del giovane giornalista, che ha inserito delle parti in corsivo autobiografiche, inserendo quanto accadeva a lui stesso.

La serata è stata molto partecipata e ci sono stati anche diversi interventi dal pubblico, che relativamente a questo periodo inquisitorio ha portato con sé molti ricordi, domande, dubbi.

Di Martina Cecco

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