La pietra filosofale del liberalismo

1
1319

di MARIA GIOVANNA MAGLIE

Per piangere il morto ci dovrebbe essere stato il vivo, e così non è nel nostro Paese, secondo la mia modesta ma ferma opinione, per la sola e tremenda ragione che il pensiero liberale non si è mai affermato né nell’Italia della Prima Repubblica, che è quasi naturale vista la natura in salsa resistenziale della fondazione, né nella seconda, che sarebbe sembrato naturale vista la natura in salsa giudiziaria della rifondazione, ma poi occasioni proficue scaturite dal caos non sono state sfruttate e il consociativismo ha trionfato. Il pensiero liberale è la pietra filosofale, solo l’affermazione di un tale tipo di pensiero avrebbe reso, renderebbe, possibile e lecita l’affermazione di un pensiero più generale così detto della cultura di centro destra; un pensiero alto o basso, filosofico o trucido, qualsiasi tipo di pensiero reazionario, avrebbe avuto la liceità e lo spazio della dignità e della percorribilità, invece di essere assimilato a boutade o dadaismo, perfino a razzismo, se solo qualche elemento di liberalismo si fosse affermato nella nostra decadente, fastidiosa società.

Faccio esempi banali e sparsi di pensiero liberale, per poi passare alla domanda retorica se dei seguenti concetti e principi vi sia traccia nella nostra vita quotidiana. La Repubblica italiana è fondata sull’individuo; tra i diritti dell’individuo c’è il perseguimento della felicità; lo Stato non può esigere una sola tassa senza spiegarmi a cosa serve, e devo essere d’accordo; il denaro non è sterco del demonio, quello guadagnato non è sempre guadagnato disonestamente; se valgo e lavoro più di te, è normale e giusto che guadagni più di te; se sono una donna mi devi garantire il diritto a pari partecipazione, ma poi devo pedalare e meritare, il genere non è un alibi; se un tribunale mi giudica innocente è finita lì, il ricorso in appello vale per le condanne non per le assoluzioni; il carcere preventivo si utilizza solo in casi di delitti gravissimi e per un tempo minimo; in presenza di un solo ragionevole dubbio un imputato va assolto; in caso di condanna gli anni comminati si scontano, non sono un numero da giocare al lotto; la domenica si può santificare in molti modi, non necessariamente chiudendo i battenti e assomigliando alla Gerusalemme degli ortodossi; non si pubblicano intercettazioni che siano legali o illegali, che riguardino conversazioni private o interrogatori giudiziari; non si pubblicano i fatti privati di persone che si vogliono attaccare; non si fanno i nomi e i cognomi di indagati; non si forniscono ai giornalisti i nomi e i testi di cui sopra; la Chiesa cattolica ha tutto il diritto di fare il suo mestiere e affermare principi e regole, lo Stato è una cosa diversa.

Per smettere di tediarvi, la separazione tra etica e politica, tra diritto e morale, tra religione e scienza, su cui si regge ogni società liberale degna di questo nome, noi non sappiamo che cosa sia, e questo ha danneggiato non certo la cultura di sinistra, che del pasticcio si nutre, ma solo e irreparabilmente quella di destra.

E’ colpa della cultura dominante di sinistra se le cose stanno così? L’uscita di scena di Silvio Berlusconi ha innescato un celebrazione ante mortem che è anche il funerale della cultura della destra e delle sue ambizioni? Non credo, hanno solo cambiato i titoli. La caduta del Muro di Berlino ha solo altrove fatto perdere credibilità a quanti si richiamavano al marx-leninismo come , per citare il pessimo Jean Paul Sartre. Altrove i reduci di destra e di sinistra si sono rifugiati nella democrazia liberale, affidati in ritrovata umiltà da lezione della storia al mercato e al modello democratico occidentale. In Italia quel micidiale blocco sociale fra Stato burocrazia e partiti, fintamente contrapposto a mondo imprenditoriale e sindacale, ha creato un ‘blocco sociale’ che definiamo trasversale come se fossimo tra gli acrobati al circo, e che è un cancro, il cancro del consociativismo.

E’ stato soprattutto un progetto del centro sinistra, ne ha fatto le spese qualunque aspirazione di novità e di riforma del centro destra? Certamente. Hanno lavorato pancia a terra per mantenere una società protetta dalle vicissitudini del mercato, protetta dal diritto della maggioranza di governo di riscrivere gli accordi tra i poteri forti, di fare le riforme amministrative che potrebbero minacciare status e privilegi dei grands commis d’Etat, di chiudere tanti enti inutili, di togliere fondi ai settori culturali parassiti che sopravvivono solo grazie alle sovvenzioni statali, di mettere fine alla dissennata proliferazione delle Università. Quel che è più volgare, l’hanno fatto in nome della democrazia, dell’interesse collettivo, determinati a limitare le libertà civili dei cittadini, a metterli sotto tutela di pubblici ministeri; determinati a invocare la cosiddetta giustizia sociale contro il funzionamento corretto del mercato.

Ma la cultura di Repubblica si è mossa con alleati portentosi: prima di tutto un popolo talmente uso alla cultura del piagnisteo assistito da sposarne con entusiasmo le pessime cause, ma anche, e pesantemente, un centro destra asfittico, rinunciatario, ignorante, colluso con il consociativismo, disinteressato progressivamente e sprezzantemente a qualsiasi rivoluzione liberale. Un leader circondato da belle fanciulle invece che da saggi consiglieri ha fatto il resto , e poiché il felice dibattito di Libero è partito proprio da libri e pubblicazioni sul berlusconismo, vogliamo spendere due parole sulle scelte editoriali di Mondadori e satelliti, e di Mediaset, o preferiamo stendere un velo di pietoso silenzio?

© Libero

1 COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome