India: scese le stime di crescita all’8,6%‎

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di ANTONIO PICASSO

È questa la potenza del Terzo millennio? Oppure l’India sarà destinata, ancora per anni, a far da gregario ad altri giganti del mercato mondiale, per esempio gli Usa o la Cina? Sono due tra le tante domande che ci si può fare cercando di restare neutrali al caos umano di Chandni Chowk, il bazar più dinamico di New Delhi. Di fronte alla più grave crisi finanziaria vissuta dall’Occidente negli ultimi dieci anni, il sub continente sembra reagire con la massima dell’imperturbabilità. I quotidiani locali parlando di collasso dei mercati in Europa e Stati Uniti, senza che siano messe in evidenza le eventuali e comunque possibili ripercussioni sugli indici locali.

L’Industan Times sottolinea le caratteristiche delle speculazioni in corso, ma senza spendersi in allarmismi.
Il Times of India, addirittura, non riporta la notizia in prima pagina.
Curioso è poi scoprire che il presidente della Standard & Poor’s, Deven Sharma, è proprio un indiano. L’agenzia che ha declassato Washington è guidata da un cittadino di una nazione che agli Usa sta soffiando sul collo. Paradossi e scherzi della globalizzazione.
In realtà le contraddizioni del subcontinente sono una marea. Difficile, prima di tutto, far finta di nulla sui luoghi comuni dell’India povera e arretrata.

Vale a dire un’India che, pur essendo una potenza nucleare – e che giustamente mira a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu – presenta allarmanti sacche di indigenza. Poi però, ci si rende conto della sua potenza.
Una potenza fatta di semplici numeri. I suoi 1,2 miliardi di abitanti, secondo il censimento del 2010, che fanno del subcontinente la più grande democrazia al mondo. L’età media della società nazionale, intorno ai 26 anni, che le permette di osservare il futuro da una prospettiva di cui i Paesi occidentali non dispongono. L’India è un Paese per giovani. E come tale sarà guidata nei prossimi decenni. A questi elementi si aggiungano l’arsenale nucleare appunto, le ambizioni di soggetto forte su scala globale, non sono in Asia centro-meridionale, e il 10% di crescita annua della produttività nazionale. Last but not least, l’eterogeneità del suo tessuto etnico-religioso, spesso visto come ventre molle per la stabilità politica interna.

L’India è una vera democrazia in cui la miriade di minoranze vivono in armonia? Se si ponesse questa domanda a un attivista del National democratic front of bodoland (Ndfb), nello Stato nord-occidentale dell’Assam, la risposta sarebbe negativa. Uno medesimo risultato si raccoglierebbe in seno al poliedrico mondo dell’indipendentismo kashmiro. Lo stesso dicasi per i gruppi maoisti attivi nel Bengala occidentale. In tutti i casi, si ha a che fare con realtà politiche che New Delhi ha iscritto nella propria lista nera del terrorismo.

Per quanto riguarda i maoisti, Singh ha attribuito la particolare etichetta di “peggior nemico dell’India”. E mentre nell’Assam la situazione sembra sotto controllo, il Kashmir resta l’area con la più alta densità militare di tutto il pianeta. Qui è dislocato quasi un milione di uomini agli ordini delle Forze armate indiane. Ancora nel 2004 nel Jammu-Kashmir, era stata calcolata la presenza di un soldato ogni otto abitanti. Peraltro, la sua vicinanza con il Pakistan – storico nemico dell’India – e la possibilità che si trasformi in un bacino di proselitismo da parte di al-Qaeda oppure dei talebani rendono il Kashmir indiano uno delle maggiori fonti di apprensione per il governo federale. Proprio sulla base di questa costante tensione, il governo Singh è stato accusato di adottare misure repressive in antitesi con la propria immagine di democrazia. Certo, della questione kashmira è necessario sottolineare la totale eccezionalità. Tuttavia, l’estremo rigore a cui fanno ricorso le truppe indiane, anche contro maoisti e combattenti dell’Ndfb, nasce come risposta inevitabile alle iniziative terroristiche di questi gruppi.

Lo stesso va detto per quanto riguarda i gruppi fondamentalisti di ispirazione islamica, per esempio Lashkar-e-Toibe, uno dei gruppi forse responsabili dell’attentato di Mumbai nel novembre 2008; molto probabilmente anche con quello del luglio scorso. Ed è così che l’India lascia in sospeso gli interrogativi di chi la affronta in presa diretta.

pubblicato su Liberal

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