Manifestazioni al Cairo

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di ILARIA PEDRALI

Piazza Tahrir al Cairo oggi ha visto la più grande manifestazione della storia moderna dell’Egitto.
Alcuni dicono che fossero due milioni a protestare contro il regime di Hosni Mubarak. A gran voce tutti chiedono che il Rais getti la spugna. Che se ne vada o che si ritiri in buon ordine poco importa, l’importante è che molli il potere. L’esercito oggi non è intervenuto, si è schierato dalla parte della gente. E il cambio al vertice del Paese dei Faraoni lo vuole anche tutta, o quasi, la Comunità Internazionale. In primis il presidente Obama, che auspica una ordinata transizione che porti a libere elezioni, idem Bruxelles, che chiede una soluzione di ponte per arrivare a governi democraticamente eletti. Unica voce fuori dal coro è Israele, che ufficialmente non si esprime, ma che teme di rimanere isolata e senza appoggi nel mondo arabo qualora in Egitto al governo salissero i Fratelli Musulmani. Per questo motivo, con tutta probabilità, ha chiesto confidenzialmente agli Stati Uniti di mantenere la stabilità del regime e di frenare la critiche pubbliche al Rais. Solo oggi il premier Bibi Netanyahu ha rilasciato una nota ufficiale in cui chiede a qualunque altro governo che si insedi in Egitto il rispetto degli accordi di pace sottoscritti 32 anni fa tra i due stati e garantiti durante tutti questi anni da Mubarak.

Pare che la rivoluzione nel mondo arabo, innescata per effetto domino dalla Rivolta dei Gelsomini, stia segnando la fine dei cosiddetti regimi moderati, quelli che per anni sono stati gli interlocutori preferiti dall’Europa e da Washington. Quello che è sfuggito ai più nell’esplosione incontrollata delle proteste, prima in Tunisia, ora in Egitto e nei prossimi giorni in altri paesi della Regione, è la realtà del mondo arabo e islamico. Una realtà ben diversa da quella a cui siamo abituati a pensare: persone che hanno voglia di libertà, di democrazia vera, che usano la rete per relazionarsi con il resto del mondo.

Da qualche ora i tweet rumoreggiano che Mubarak abbia accolto l’invito ad andarsene e sia in volo con un jet privato. Direzione: Bahrein. Dopo Ben Ali, riparato in Arabia Saudita, dunque, anche un altro grande dittatore nordafricano starebbe scappando per trovare rifugio in un altro emirato petrolifero del Golfo. Sarà vero? Per ora non è dato saperlo. Sta di fatto che questo tweet è dilagato a macchia di leopardo e più di un sito ha ripreso e ribattuto la notizia dandola per vera.

Qualche giorno fa, a proteste già iniziate anche in Egitto è stato proprio il re del Bahrein a chiedere a Mubarak un summit dei capi di stato dei paesi arabi per capire come affrontare i malumori sempre crescenti dei loro popoli. Il primo a darsi una mossa sembra essere stato re Abdhallah di Giordania che ha licenziato tutto il governo e nominato un nuovo premier. Ma in Bahrein cosa succederà il 14 febbraio, proclamato giorno della collera, così come era stato il 25 gennaio per l’Egitto?
Ma soprattutto, se Ben Ali è in Arabia Saudita e Mubarak in Bahrein, chi sarà il prossimo?

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