Equilibrio precario

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di Achille Passoni

In un’inchiesta di poco tempo fa, la Ces (la Confederazione dei sindacati europei) ha stimato che l’esercito dei lavoratori vulnerabile) ha superato i 30 milioni in tutto il continente. In Italia ci sono circa 4 milioni di lavoratori con contratto atipico e per molti di loro l’obiettivo del posto fisso scolorisce e forse svanisce dentro la perfetta tempesta finanziaria. 4 milioni di persone che potrebbero passare da flessibili a precari. Da precari a disoccupati. Un milione di atipici rischia di finire nelle liste di disoccupazione.

Tra il 2004 e il 2007 l’incremento del lavoro atipico è stato del 14,7 per cento contro una crescita di quello tipico di appena il 2,3 per cento; nello stesso periodo i contratti a tempo determinato sono aumentati di quasi il 19 per cento. I numeri complessivi sui precari in transito verso la disoccupazione ancora non ci sono ma per intuire il trend basta guardare le regioni industriali: in Piemonte a dicembre le assunzioni attraverso i contratti a tempo determinato sono crollate di quasi il 20 per cento, dopo il – 13,3 per cento di ottobre e il – 18 per cento di novembre.

I prossimi mesi, va da sé, saranno peggiori. Tra ottobre e novembre nel torinese – dati provenienti dai Centri per l’impiego – si sono persi, senza i rinnovi dei contratti a termine, così quasi 21 mila posti di lavoro, quando solo nei tre mesi precedenti il calo era stato decisamente più contenuto: poco più di 4.000. In Veneto non è diverso e l’inversione di tendenza si è registrata a ottobre: da quasi 12 mila contratti a tempo determinato di settembre e meno di 7.000 a novembre. Poi c’è l’Emilia Romagna: nel 2008 sono stati assunti con contratto a tempo determinato 109 mila persone, 90 mila di queste scadono nei primi sei mesi di quest’anno. Dire che sono a rischio è un eufemismo. Tre economisti del sito de lavoce. info (Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano Sacchi) hanno stimato che a dicembre sarebbero scaduti 300 mila contratti a tempo determinato e solo una parte di questi (meno del 38 per cento) avrebbe poi potuto ottenere il sostegno al reddito.

Questo perché il sistema degli ammortizzatori sociali, salvo qualche intervento realizzato dall’ultimo governo di centrosinistra, non è ritagliato per le misure degli atipici. Gli atipici, si sa, sono i più giovani. Il 21,5 per cento dell’arcipelago del lavoro precario è costituito da lavoratori fino a 34 anni di età. La classe di età compresa tra i 35 e i 44 anni – secondo il Censis – rappresenta il 9 per cento; e ancora meno la classe tra i 45 e i 54 anni: il 6,2 per cento. Ma la precarietà dei giovani – sostiene il Censis – “risulta aggravata” dal netto calo del lavoro tipico nella loro fascia d’età: – 9,5 per cento.

E’ così che la precarietà è entrata nel ceto medio, perché sono anche i figli di un piccola borghesia poco avvezza alle intemperie del mercato del lavoro, cresciuta all’insegna della stabilità e del progressivo miglioramento del proprio status, a fare i conti con l’incertezza. Certo, sono i precari delle professioni intellettuali, degli uffici, delle consulenze, della pubblica amministrazione, delle università, della ricerca. Non delle fabbriche e neanche dei call center. Soprattutto perché non esistono paracaduti sociali: il precario, in Italia, è senza rete protettiva.

di Achille Passoni – D.D.L. discutiamo di lavoro

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