Moralità, esempio e coerenza

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di BRUNO POGGI

Stamattina, leggendo il giornale, mi sono imbattuto in due notizie che, a mio parere, hanno in comune tra loro il fatto di riguardare diversi aspetti del tema moralità e politica.

La prima, che probabilmente è sfuggita ai più, riguarda la decisione del Consigliere Regionale del Lazio Rocco Pascucci che, dopo essere stato eletto nella Lista Polverini, ha formato un proprio gruppo consiliare (anche se un gruppo composto da una sola persona è una tautologia) collegato all’MPA, il movimento “autonomista” del Sud Italia fondato da Raffaele Lombardo. Questa decisione ha scatenato l’ira di molti colleghi di Pascucci i quali sostengono (credo con qualche ragione) che lungi dall’essere stato folgorato sulla via di Damasco del federalismo, il Pascucci è rimasto impressionato più dai benefici che si ottengono creando un proprio gruppo consiliare. Infatti, secondo una vecchissima norma del regolamento della Regione Lazio ogni gruppo consiliare ha diritto ha una segretaria, un certo numero di dipendenti, all’erogazione di fondi per l’attività politica e via dicendo. Molti colleghi di Pascucci si sono, giustamente e doverosamente, indignati però non nessuno (e dico proprio nessuno!) ha proposto di fare quello che dovrebbe essere la conseguenza logica dell’indignazione: abrogare quella norma regionale. I gruppi consiliari esistenti dovrebbero essere solo quelli delle liste che si sono presentate alle elezioni e che sono state votate dai cittadini. Magari si potrebbe “dimagrire” la dotazione, visto che siamo in periodo di crisi e si chiedono ai cittadini ulteriori sacrifici. Se uno o più consiglieri entrano in dissenso con il proprio partito o il proprio gruppo e ne vogliono fondare uno loro sono padroni: ma si finanziano autonomamente. Nessuno ha proposto quello che ho appena detto perché è più facile denunciare i privilegi e gli sprechi degli altri che rinunciare ai propri.

Ed è proprio quello che è accaduto con il secondo fatto che mi ha colpito: l’accordo di Michele Santoro con la RAI che costerà all’azienda (e quindi a noi tutti visto che si tratta di una azienda pubblica) una cifra complessiva vicino ai 10 milioni di euro. Atteggiandosi a un novello Nelson Mandela, perseguitato da un Governo antidemocratico in un paese ai limiti della dittatura, il buon Michele non si è fatto (come il leader sudafricano) 27 anni di carcere bensì ha contrattato una “buona uscita” pari a 2,5 milioni di euro. Non mi risulta che Mussolini o altri dittatori abbiano mai dato soldi ai dissidenti antifascisti; al massimo gli dava (come a Mandela in Sudafrica) degli anni di galera. Ma siccome il buon Michele è un martire di professione, è corso a spiegare alla sua redazione che ha dovuto fare quell’accordo perché “era accerchiato”.
E come no! Peccato però che nell’accordo sono previsti anche ulteriori 5 milioni di euro per la realizzazione di 5 docu-fiction (se qualcuno mi spiega cos’è gli sono grato, perché io non lo so). Forse pensa che in futuro sarà meno accerchiato….. Ma, anche qui, perché Santoro che si è sempre battuto (a chiacchiere) per la difesa dei disoccupati e dei precari non fa il bel gesto di devolvere, che so, 2.500 euro a 2.000 disoccupati? Sarebbe una prova di coerenza e un esempio di concreta solidarietà. Peccato però che queste doti, in politica ma non solo, siano tanto rare. In Italia abbiamo dei “professionisti della moralità” che sono più dannosi di quelli dai quali si vorrebbero distinguere, perché poi spesso non si distinguono affatto; anzi fanno peggio di loro. La vera moralità è data prima di tutto dall’esempio e dalla coerenza con la quale si persegue quello che si dice. I Santoro, i Travaglio, i Di Pietro praticano lo sport della moralità urlata, di rivendicare regole e comportamenti che valgono solo per gli altri e non per loro. Come diceva De Andrè in una sua celebre canzone: “si sa che la gente da buoni consigli sentendosi come Gesù nel Tempio/si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio”.

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