Martina Rossi, la morte si prescrive?

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La Corte d’Appello di Firenze, ha dichiarato estinto il reato di “morte come conseguenza di altro reato” nel processo a carico di Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, accusati della morte di Martina Rossi.

Nel processo di primo grado che si era svolto ad Arezzo, i giudici avevano condannato i due imputati a sei anni di carcere ciascuno.

Ma in appello, l’accusa più grave si è estinta per prescrizione. 

Una vera beffa per la famiglia di Martina, morta in vacanza a Palma di Maiorca.

La ragazza, precipitata da un balcone dell’Hotel Santa Ana, stava sfuggendo a un tentativo di stupro. 

La condanna in primo grado, sembrava aver restituito una verità processuale a tutta la vicenda.

La decisione della corte d’Appello di Firenze, dopo otto anni dalla tragedia, lascia invece l’amaro in bocca.

Ora l’unica accusa, resta la tentata violenza di gruppo e la corte d’appello di Firenze ha rinviato il processo al 20 settembre 2020.

La difesa ha sempre sostenuto che la ragazza si sarebbe suicidata per una forma di depressione, ma i genitori hanno negato tale ipotesi. 

La procura di Arezzo aveva stabilito che la morte di Martina non poteva attribuirsi ad un suicidio e che Martina, era scivolata dal balcone perché terrorizzata. 

“Fuggiva da due ragazzi aretini che la volevano violentare e tentò un ultimo e disperato tentativo di mettersi in salvo raggiungendo un altro terrazzo”, aveva spiegato il pm. 

Quindi il reato in primo grado era stato riconosciuto.

Così come la colpevolezza dei due imputati.

Da qui la condanna a sei anni di carcere, tre per la morte in conseguenza di un altro reato e tre per tentata violenza sessuale di gruppo. Ma la difesa si è opposta a tale decisione.

Ipotizzando che il suicidio della ragazza era da imputare a una forma di depressione sfociata in un incidente.

I due imputati non hanno mai ammesso le loro colpe.

Luisa Betty 

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