Tempo di elezioni

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di LIVIO GHERSI

L’approssimarsi della data delle elezioni comunali a Palermo rende pessimo il mio umore. Giunto alla mia non più tenera età, confesso di non sapere come devo comportarmi.
Capisco che sarebbe gran pretesa pretendere che almeno uno dei candidati alla carica di Sindaco riscuotesse il mio entusiasmo, la mia fiducia, la mia stima. Il guaio è che non riesco a trovare le motivazioni minime per votare qualcuno come soluzione meno peggiore di altre.

Per quanto mi riguarda, provo angoscia vedendo le condizioni in cui l’Italia è ridotta. Invece, qui la campagna elettorale si svolge con le modalità tradizionali. Come se non avessimo alcun vincolo di politica economica nei confronti dell’Unione Europea; come se il nostro Parlamento non fosse chiamato a ratificare il “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria”, già sottoscritto dal nostro Governo. Qui si continua a ragionare come se si potesse ancora autonomamente decidere quali politiche di spesa pubblica attivare in sede locale. Con i più nobili obiettivi, si intende.

Forse vivo in un mondo diverso rispetto a quelli in cui vivono i candidati e le forze politiche che li supportano. Mi auguro davvero di essere io in torto, perché non so vedere la parte mezza piena del bicchiere. In ogni caso, nel mio piccolo, voglio aiutare gli analisti che commenteranno l’esito del voto, qualunque esso sia.

Calandomi appieno nel mio ruolo di cittadino medio frustrato, mi sono a lungo interrogato su quale scelta elettorale facesse più male ai partiti. Per intenderci, quelli che, in Parlamento, hanno votato affinché il cosiddetto rimborso (ossia, il finanziamento) alle forze politiche fosse erogato per l’intera durata della quindicesima Legislatura, quando la medesima Legislatura è durata appena due anni, interrompendosi anticipatamente nel mese di aprile 2008. Scelta che ha messo in imbarazzo più di un tesoriere di partito, soprattutto dei partiti che nel 2008 non esistevano più perché, nel frattempo, si erano formalmente sciolti. Noi cittadini dovremmo comprendere l’imbarazzo di questi poveri tesorieri, indecisi se comprare immobili per sé ed i propri cari, oppure se investire il denaro pubblico in oro e diamanti.

Non ricordo proteste clamorose da parte di alcun parlamentare quando fu approvata la disposizione di legge che commisurava il rimborso all’intera durata della quindicesima Legislatura. Scelte legislative di questo tipo non provocano rabbia; soltanto disprezzo. Un disprezzo freddo, che forse ci porteremo nella tomba. Da cattivo cristiano ho sempre pensato che fosse preferibile stare tra i perdenti, ma con le mani pulite, piuttosto che vincere sporcandosi le mane di sangue. Anche del sangue di tanti che meriterebbero punizioni esemplari.

Il vecchio Ugo La Malfa, giunto nella parte terminale della sua esistenza, amareggiato per molteplici motivi, arrivò a dire che l’unica soluzione possibile sarebbe stata quella di mettere l’intera classe politica italiana in una grande nave, molto capiente. Bisognava far salpare quella nave e, una volta giunta a largo, dove il mare è più profondo, silurarla. Forse si trattava di voce dal sen fuggita; ma quella battuta di La Malfa fu detta ad un intervistatore e, quindi, messa per iscritto.
L’esperienza ci induce oggi a ritenere che il vecchio leader repubblicano fu ingeneroso nei confronti dei suoi colleghi politici. Perché attaccò soltanto loro. Invece che una sola nave, bisognerebbe far salpare una piccola flotta; con tante altre navi riempite di sedicenti servitori dello Stato, alti burocrati, banchieri, operatori finanziari, imprenditori, docenti universitari, giornalisti. Non soltanto la classe politica, ma la classe dirigente, complessivamente intesa, sarebbe da mettere sotto processo.

Per non farla lunga, ritorno al dilemma iniziale. Come far più male a questi partiti? Votare un Movimento nuovo, portatore di protesta sociale, come il Movimento “Cinque Stelle”, animato da Beppe Grillo? Non me la sento, perché la protesta fine a sé stessa non basta. Ipotizziamo che si determinino le condizioni storiche per spazzare via (in senso letterale) l’attuale classe politica. I rivolgimenti storici sono sempre tumultuosi. Poi bisognerebbe, comunque, preoccuparsi di governare l’economia e la società. E qui le ricette sono ancora troppo vaghe e approssimative. Con i desideri non si governa.

Votare scheda bianca? Questa è, in assoluto, la soluzione più sbagliata. Perché abili scrutatori sono capaci di trasformare le schede bianche in altrettante schede votate. A tutto vantaggio dei più disonesti fra i politici candidati; quelli che non esitano a ricorrere a metodi truffaldini.
Restare a casa e far così diminuire il numero complessivo dei votanti? E’ esattamente quello che farò. Per me è la prima volta; sto un po’ a disagio insieme agli anarchici. E’ un modo come un’altro per prendere tempo.

Più si riduce il numero dei votanti, più aumentano, apparentemente, le percentuali dei consensi ottenuti dai partiti più votati. Ma servirà a ben poco vantarsi di aver conseguito il 40 % dei voti validi espressi, quando più della metà degli aventi diritto al voto avranno disertato le urne. Tantissimi astenuti dal voto equivalgono ad uno scenario da fine della democrazia rappresentativa. Avverto dei brividi lungo la schiena; ma i nostri sedicenti “statisti” potrebbero far finta di niente e continuare a baloccarsi con la legge elettorale e con i premi in seggi per i partiti più votati.

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