Pagare l’IMU e vivere in ospizio

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di PIERO OSTELLINO

Trecentomila anziani ricoverati in case di riposo e ospizi per malati terminali pagheranno l’ Imu sulla prima casa – spesso un appartamentino acquistato con i risparmi di una vita modesta, non una villa in Sardegna o a Cortina – come fosse la seconda, il 7,6 per mille, invece del 4, perché ai fini fiscali la casa di riposo e l’ ospizio sono considerati «dimora abituale». Mi chiedo a chi possa essere venuta una «trovata» tanto infame e con quale faccia il presidente del Consiglio possa ancora dire «il mio compito è salvare il Paese. Sono stato chiamato per questo, per metterlo in sicurezza. Deve essere chiaro».
No, caro professore, a me è chiara solo una cosa: che spacciare per «dimora abituale» una casa di riposo, allo scopo di tassare di più la modesta proprietà di un vecchio condannato dall’ indigenza a passare gli ultimi suoi anni in una condizione mortificante, è roba da «sterminio dei kulaki», i contadini condannati da Stalin a morire di fame perché etichettati ricchi.

Se questo è il suo modo di salvare il Paese, lasci perdere, prima che gli italiani lo trovino definitivamente ripugnante (nonostante la promessa di rivedere il provvedimento). Presidente Napolitano, lei dice (giustamente) che gli evasori fiscali sono indegni di essere italiani. Capisco la sua preoccupazione istituzionale – che condivido e che la induce a battere sul rispetto della legalità e della moralità pubblica anche di fronte a una tassazione fra le più alte del mondo – e, ancorché con qualche fatica, capisco persino l’ intenzione tutta politica di tutelare un governo che, finora, non ha fatto molto per far crescere il Paese.

Ma, con la franchezza cui lei stesso mi ha invitato di fare ricorso se avessi dovuto prospettarle un caso non propriamente gradevole, le chiedo: sono più indegni di essere italiani gli evasori o è più indegno di un Paese civile un governo che spaccia una casa di riposo e un ospizio per la prima casa allo scopo di derubare trecentomila vecchi di una manciata di euro?

Mi rendo conto che, come giornalista, non avrei titolo per porle tale domanda data l’ abitudine di troppi colleghi di mettersi in ginocchio ogni volta che lei apre bocca e di applaudire qualsiasi cosa faccia il governo dei professori. Consideri, allora, questa perorazione «politicamente scorretta» e la ritenga la sortita del tutto personale di un irredimibile liberale poco incline a usare il lessico di quella parodia del mussoliniano Popolo d’Italia che sono molti media.

Sono certo che – non fosse altro per aver militato in una parte politica che aveva a cuore la povera gente – lei mi capirà e, magari, in cuor suo, condividerà la mia indignazione.

Caro Presidente, non solo per il rispetto e la stima che le porto, ma per l’ equilibrio e la saggezza di cui dà costantemente prova, senza superare mai i limiti del suo ruolo istituzionale, avevo evitato, finora, di entrare nel merito delle sue funzioni. Ma, adesso, con la franchezza che mi deriva dall’ attenzione che al mio lavoro ha voluto spesso testimoniarmi, le chiedo di intervenire, con la consueta discrezione, ad evitare questa infamia e che, con me, altri abbiano a vergognarsi di essere italiani.

© Pagina 59 – postellino@corriere.it
(21 aprile 2012) – Corriere della Sera

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