Un governo per l’Europa. Rispondere alle sfide globali

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di MARIO SEGNI

Adesso che il governo Monti è felicemente insediato, che gode di largo consenso e che probabilmente è l’unico che può farci uscire dal guado, si può dire, senza paura di essere considerati di parte, che alcune delle critiche che in questi giorni vengono mosse dalle opposizioni e dall’ala berlusconiana sono in parte fondate. Questo governo infatti non è stato espresso da un voto e da una volontà popolare.

Dire che non è legittimo, come arriva a fare qualche pasdaran, è assurdo, perché un governo che ha la fiducia delle Camere è perfettamente costituzionale. Ma non c’è dubbio che è stato rotto lo schema instaurato con l’avvento del maggioritario (e in molti paesi consacrato nell’ordinamento) che il governo viene scelto dai cittadini con il voto, e che se cade è al voto che bisogna tornare. Se poi si aggiunge che il Presidente della Repubblica ha gestito direttamente la crisi andando ben oltre i suoi normali compiti, diventando addirittura l’interlocutore di capi di stato e di governi stranieri, e che l’indirizzo politico è stato quindi diretto da un organo che non risponde a nessuno, è evidente la anormalità della situazione. Intendiamoci, sono grato a Napolitano di averci liberati da una situazione drammatica, ma il problema esiste. Essendo peraltro un presidenzialista ne traggo la auspicabile conclusione che il presidenzialismo venga introdotto nella Costituzione. Se la guida politica deve essere il presidente è meglio allora che venga scelto dai cittadini e controllato da altri organi costituzionali. Si ovvierebbe così anche all’altro problema, quello di un governo legittimo ma non scelto dagli elettori.

Niente di strano invero. Nei momenti di straordinaria crisi si adottano spesso soluzioni straordinarie. Ma il caso italiano è un pezzo di un mondo in cui agiscono sempre di più soggetti e forze in grado di produrre enormi effetti politici senza che il potere abbia a sua volta un qualche forma di controllo o di risposta. Alludo ai grandi gruppi finanziari internazionali. Nessuno sa (anche se molti lo sussurrano) se il balzo dello spread italiano nei giorni famosi o l’attacco ad altri paesi sia stato pilotato. Quel che è certo che gruppi siffatti avrebbero potuto farlo, e non solo lo stato italiano ma nemmeno la Banca europea potrebbe farvi fronte. E’ come se in un campo di gnomi fossero improvvisamente entrati dei giganti, ai quali le barriere e i controlli posti dagli altri fanno ridere. E’ un effetto perverso e inevitabile della globalizzazione. E pone, su scala mondiale, il problema della debolezza della politica, e quindi degli organi democratici.

Posto in questi termini il problema è grave, perché tocca i limiti e il concetto stesso di democrazia. Non c’è più democrazia se una parte cospicua degli eventi sociali sfugge ad ogni forma di controllo o di regolamentazione dello stato o degli organi sovrastatuali. Non oso proporre rimedi a problemi di tale entità, che saranno forse i più gravi dei prossimi decenni. E’ certo, per quel che ci riguarda, che tutto ciò richiederebbe, oltre la moneta, un vero governo europeo. Qualcuno si spinge a ipotizzare un governo mondiale. Quel che è certo è che il corso delle cose rende sempre più illusorio che basti richiudersi dentro i propri confini e innalzare muri più alti possibile per salvarsi. Il fenomeno va affrontato con strategie globali. Nessun muro resiste agli tsunami della globalizzazione.

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