Pdl, inizia traversata nel deserto. Sfida a enorme rischio, ma i liberali devono provarci

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di DANIELE CAPEZZONE

Non giriamoci intorno: la nascita del governo Monti è una durissima sconfitta politica per il Pdl e per il centrodestra berlusconiano. Sono a rischio, nei prossimi mesi, molte cose di importanza capitale: l’essenziale legame democratico tra governi e cittadini (di questo passo, se lo spread fosse alto anche allora, qualcuno finirà per sostenere sostenere l’esigenza di non votare neppure nel 2013, alla scadenza naturale della legislatura); la dignità nazionale, calpestata dal direttorio e dalle direttive franco-tedesche; un chiaro bipolarismo, forse l’unica vera conquista della seconda Repubblica; lo stesso esperimento di un centrodestra come contenitore di liberali, cattolici, socialisti ed esponenti della destra nazionale (ora sarà fortissima l’opa neocentrista di Casini, con il rischio di isolamento e marginalizzazione di tutte le componenti più innovative e modernizzatici del Pdl).

Ci sarà tempo per analizzare i limiti dell’esperienza di governo Pdl-Lega, in particolare sul terreno economico (vero, ministro Tremonti?), e la distanza che tutti abbiamo constatato tra le premesse/promesse di innovazione liberale e una gestione che invece è stata molto spesso di accettazione/conservazione dello stato di cose esistente sui punti essenziali della malattia italiana: tasse alte, spesa alta, debito alto, chiusure corporative, ecc.

Se è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, paghiamo anche – per limitarci agli ultimi dieci giorni – una non lieve incertezza tattica. Ci saremmo potuti attestare subito sulla linea dei princìpi (da me preferita, per essere franchi), quella del no senza subordinate al governo tecnico; oppure, al contrario, avremmo potuto immediatamente “intestarci” e “occupare” il governo Monti (tesi sgradita a chi scrive, ma certo non priva di buone ragioni): come maggioranza, purtroppo, non abbiamo fatto né l’una né l’altra cosa, e ora ci ritroviamo in una terra di mezzo, resa ancora più scomoda dalla divaricazione con la Lega e dall’atteggiamento improvvido di alcune figure di punta dell’esecutivo uscente, che, con il loro assenso pronto, cieco e assoluto al governo tecnico (e addirittura con le minacce di rottura in caso di mancato appoggio del Pdl), hanno indebolito il potere negoziale di Berlusconi, già ridotto da circostanze obiettivamente difficilissime e quasi proibitive.
Fanno bene Berlusconi e Alfano, in queste ore, a tentare di porre “paletti”: durata limitata del governo Monti, focus programmatico sui 39 punti del questionario Ue (tutti e solo quelli: e vedremo come farà Bersani a digerirli…), e richiesta di non candidatura di tutti i membri dell’esecutivo tecnico alle successive elezioni politiche. Ma sappiamo che non sarà facile ottenere risposte univoche, sincere, verificabili. Così, quella che ci porterà al 2013 assume i connotati di una traversata nel deserto, senza neppure la certezza della possibile sosta in qualche oasi.

Per i liberali, i riformatori, gli innovatori, la sfida è tanto doverosa quanto impervia. Abbandonare la lotta ora potrebbe essere perfino saggio, da un certo punto di vista (“ad impossibilia nemo tenetur”, sta scritto da qualche parte), ma sarebbe la certificazione di una sconfitta totale. Oggi la fotografia è troppo avvilente per rassegnarvisi: una sinistra in mano agli odiatori di piazza (che i vertici sono costretti a inseguire e a coccolare: hanno nutrito la belva, e ora non sanno nemmeno loro come placarla), e un centrodestra in enorme affanno, in cui il peso delle tessere e delle conte interne rischia di essere prevalente rispetto a una più vitale contesa delle idee e delle proposte.

Meglio non mollare, allora, o almeno provarci. Occorreranno pazienza, lealtà, fantasia, e le chances di poter dare un contributo davvero utile – è bene dirselo – non sono molte: ma proprio in queste ore, e poi nelle prossime settimane, occorre concentrarsi su idee, tentativi, simulazioni, per cercare di riprendere a inserire stimoli liberali nel centrodestra, e, attraverso il centrodestra, nel corpo vivo del Paese. Per molti anni, e anche giustamente, gli slogan sono stati centrati sul “fare”. Ora sarà utile soprattutto ragionare, cercare, pensare e ripensare, perché il possibile centrodestra liberale riprenda una spinta efficace, non velleitaria, non illusoria. Proviamoci, sperando che il tentativo abbia un esito.

fonte: Taccuino Politico

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