De Magistris: se la politica la possono fare i mafiosi, ma non i magistrati

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di Elia Banelli

In un paese dove tutto va alla rovescia, dove i magistrati vengono rimossi dagli indagati, dove in televisione troviamo facce di tutti i tipi, ma ci si indigna se a parlare è un procuratore, può succedere anche questo, che la candidatura di De Magistris venga commentata in modo polemico e strumentale.

Non conta sapere che grazie ad una delibera del Csm non potrà più svolgere le funzioni di magistrato inquirente, che i suoi stessi indagati sono al sicuro e hanno contribuito a mandarlo via da Catanzaro, che la Procura di Salerno, che ha svolto correttamente il suo dovere, è stata messa alla stregua di chi commette illeciti, che un consulente delle procure viene accusato di fare il consulente delle procure, cioè il suo mestiere, e si inventano milioni di intercettazioni quando il suo ruolo non prevede neanche un intercettazione.

Ci si indigna se i politici vengono pizzicati al telefono, dimenticando che si tratta solo di tabulati e schede telefoniche intestate al Parlamento, e non emergono i contenuti (per quello ci vuole l’autorizzazione a procedere dalla Giunta delle Camere, che sistematicamente la nega).

Si montano polemiche assurde su dettagli inutili e inconsistenti, e si oscura tutto il resto.

Così non sapremo mai chi si è spartito 800 milioni di fondi Ue per la costruzione di depuratori in Calabria mai realizzati (l’indagine Poseidone scippata a De Magistris), non conosceremo mai il ruolo di Saladino e di Why Not sul tessuto produttivo locale (indagine realizzata senza neanche una intercettazione!), non entreremo a fondo in un sistema di potere, quello calabrese, dove il nipote del magistrato viene assunto dall’imprenditore di turno, magari per “chiudere un occhio” sulle sue attività, dove il figliastro del procuratore generale del capoluogo lavora nello studio di uno degli indagati del magistrato della stessa procura. Dove uno degli indagati (di Forza Italia) diventa l’avvocato di quello stesso procuratore generale che se la prende con il magistrato che fa il suo mestiere, cioè indagare senza guardare in faccia nessuno.

Ignoreremo perchè giovani imprenditori calabresi legati alla Pianimpianti Spa, azienda milanese di progettazioni ambientali, coinvolta nello scandalo dei depuratori, siano stati bloccati su un treno al confine con la Svizzera, con valigie piene di milioni in contanti non dichiarati.

Non capiremo mai quale è stato il ruolo dei comitati d’affari e della presunta loggia massonica di San Marino.

Sappiamo invece che come in un romanzo manzoniano, “quell’inchiesta non s’adda fà”.

Adesso che De Magistris è stato licenziato dal ruolo di pubblico ministero, può finalmente portare la sua esperienza in Europa, come indipendente nelle liste dell’Italia dei Valori.

Finalmente un uomo della società civile, non il solito politico di professione.

Un magistrato impegnato nella lotta per la legalità, attento ai problemi dell’etica e della giustizia.

E’ proprio quello di cui ha bisogno in questo momento l’Italia: di essere rappresentata all’estero da gente onesta e pulita, non dai soliti Gasparri, Cicchitto, Calderoli e dai pregiudicati che siedono in Parlamento.

La politica la possono fare gli imprenditori, la gente dello spettacolo, gli attori, i mafiosi.

Ma se si candida un magistrato, ecco che scatta subito la reazione sarcastica: “adesso che è famoso, figurati avrà montato tutto quel polverone per fare carriera”.

In questa Italia dove tutto va al rovescio, qualcuno ha deciso invece di camminare dritto.

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