Marxismo occidentale e marxismo occidentale. La Cina alla prova dei fatti

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Lo scorso 24 ottobre, l’associazione socialista Friends of Socialist China ha organizzato un evento, a New York – presso la sede dell’International Action Center – per presentare l’uscita dei saggi “People’s China at 75: The Flag Stays Red”, a cura di Keit Bennet e Carlos Martinez e “Western Marxism”, del filosofo italiano Domenico Losurdo, nella sua traduzione in lingua inglese.

Il convegno – presieduto da Sara Flounders dell’International Action Center – ha visto la partecipazione dello studioso Carlos Martinez; dell’editore di “Western Marxism” Gabriel Rockhill e di Danny Haiphong, giornalista indipendente e conduttore radiotelevisivo.

Temi particolarmente trattati, l’impatto della Rivoluzione cinese, la quale ha cambiato profondamente il mondo e i processi di costruzione del socialismo e l’analisi del marxismo occidentale, rispetto al marxismo e al socialismo originario, che viene maggiormente seguito nelle società orientali.

Relativamente a tale aspetto, scrisse molto il filosofo Domenico Losurdo (1941 – 2018), di cui è appunto stato recentemente pubblicato il saggio in lingua inglese.

Secondo Losurdo, infatti, il “marxismo occidentale” è piuttosto dogmatico e considera il socialismo in modo astratto.

Secondo Losurdo, i cosiddetti “marxisti occidentali” sono una sorta di accademici che passano il loro tempo partecipando a conferenze e scrivendo enormi volumi incomprensibili alle masse.

Diversamente, il marxismo orientale è orientato alla lotta, alla pratica contro l’imperialismo e per l’edificazione di un socialismo autentico. Contro ogni egemonia e per l’elevazione della collettività umana.

Da notare, in tal senso che, mentre in Occidente le condizioni economiche di benessere, hanno favorito un certo ammorbamento/addormentamento della coscienza; in Oriente le difficoltà economiche, hanno spinto le masse fare in modo di emanciparsi, lottando e rimanendo vigili. Esattamente come avveniva per i nostri operai e contadini nei secoli passati, allorquando nacquero i primi movimenti socialisti e le prime Società Operaie di Mutuo Soccorso.

I relatori del convegno hanno ricordato, peraltro, come Mao avesse affermato nel suo saggio “Sulla pratica” che “Se vuoi la conoscenza, devi prendere parte alla pratica del cambiamento della realtà. Se vuoi conoscere il sapore di una pera, devi cambiare la pera mangiandola tu stesso”.

Rimanere ancorati alla teoria, come fanno gli intellettuali occidentali, in sostanza, è mero esercizio di retorica, senza alcuna incidenza nella realtà pratica.

La Cina socialista moderna, del resto, ha fatto dell’azione pratica il suo fiore all’occhiello. E, mentre essa cresce, l’Occidente arretra, preda di fondamentalismi, scelte irresponsabili, infantilismo e ignoranza di ritorno.

Aspetti, se vogliamo e se mi è consentito sottolineare, dovuti anche alla distruzione della scuola pubblica, resa fin troppo semplice, con promozioni anche per chi non ha voglia di studiare, anziché invitare gli svogliati, caldamente, a trovarsi un lavoro, anche e soprattutto umile.

Nell’ambito del convegno newyorchese, gli intervenuti hanno rilevato peraltro come Marx ed Engels non vissero abbastanza a lungo (e forse non avevano sufficiente conoscenza del mondo intero) per prevedere l’emergere di Paesi socialisti in Asia e dei processi di riforma che sarebbero stati avviati in Cina a partire dal 1978.

Un Paese che, del resto, sviluppò il socialismo dopo essere passato da Paese semi-coloniale e semi-feudale, accerchiato dalle potenze imperialiste occidentali e con un quinto della popolazione mondiale da sfamare, oltre che con il 6% delle terre coltivabili al mondo.

Un Paese, la Cina, che molti cosiddetti intellettuali “di sinistra” vedono erroneamente come capitalista, ma non notano l’eliminazione della povertà assoluta; il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, ove tutti hanno una casa, oltre che accesso a istruzione, sanità, e energia gratuite.

Una Cina che, come fatto presente dai relatori, si è concentrata sui diritti fondamentali delle persone a partire dai bisogni fondamentali, sviluppando nuove tecnologie nell’esclusivo benessere della comunità e salvando vite durante l’epidemia di Covid 19.

E ciò grazie a una economia mista, in cui il pubblico domina il privato e non viceversa, come accade nel moderno Occidente, che ha completamente distrutto o dimenticato gli antichi insegnamenti socialisti.

Aggiungerei che, chiunque volesse ricostruire il socialismo in Occidente, dovrebbe partire da qui.

Dal superamento dei vecchi steccati ideologici della Guerra Fredda. Dalla consapevolezza che il liberal capitalismo ha fallito, ma che ha parimenti fallito anche il dogmatismo vetero-sovietico, che la Cina dal 1978 in avanti superò, introducendo quel “socialismo con caratteristiche cinesi” che fu, di fatto, economia socialista di mercato.

Ove capitale e lavoro convivono e sono posti al servizio delle comunità e non del singolo o dell’egoismo del singolo privato o di un manipolo di azionisti privati.

Una lezione che in Italia compresero e intrapresero per primi il PSI di Pietro Nenni e Bettino Craxi; il PSDI di Giuseppe Saragat e Pietro Longo e il PRI di Mario Bergamo e Randolfo Pacciardi.

Nenni e Craxi, peraltro, furono fra i primi a credere nella Cina socialista e a mantenere, con essa, un rapporto di amicizia, solidarietà e fratellanza.

Il marxismo originario dei socialisti, del resto, è sempre stato un marxismo umanista e libertario. Non dogmatico, elitario, intellettualoide, servile nei confronti di uno dei blocchi contrapposti, come quello dei comunisti italiani e occidentali. I cui eredi, peraltro, passarono ben presto – a partire dal 1993 in avanti – dalla parte del carro dei momentanei vincitori a Stelle e Strisce.

La Storia, nei fatti, anche se in Italia e Europa non esistono pressoché più, ha dato ragione ai socialisti e continua a farlo.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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