Economia e 2012: Ripresa o Fine di un’epoca?

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2209

di MARTINA CECCO

Diversi pareri su un anno che .. per mille ragioni .. era meglio non conteggiare nel calendario.

Ne hanno dette di tutti i colori ormai sull’anno 2012, tant’è che anche noi spesso siamo meravigliati di risvegliarci ancora al mattino, vivi e vegeti, specie quando si scatena qualcosa di grave nel mondo, una sommossa, una guerra, un terremoto, siamo sempre convinti che “sia la volta buona”.

Ecco, anche i giornalisti e gli economisti, insieme ai politici, a volte, si lasciano prendere la mano e a seconda di come la pensano (politiconomicamente parlando) interpretano il 2012 sotto i peggiori auspici. Ma si sa, dipende sempre dal punto di vista.

Due libri parlano della visione economica futuribile per Italia ed Europa. Il primo “2012: la grande crisi” è una inchiesta catastrofista, il libro è stato scritto da Aldo Giannuli, ricercatore e saggista, collaboratore di “Libertaria” considerato uno dei maggiori esperti in tema di storia e di cultura della politica e della economia “eversiva” e “mafiosa”, traccia una indelebile e netta linea di demarcazione tra la vecchia economia e la nuova economia. Scrive il suo libro nel 2010, anticipando per certi versi i tempi, ma anche no nella previsione di un punto di rottura rispetto alla ex economia globalizzata, sempre più in bilico e sempre meno affidabile nelle trattative a lungo termine.

Il suo saggio vede nel passato un riferimento che non può tornare, specie riferendosi ai dati di fatto “nascosti” della economia globale, le trame che sfuggono, ma che moltiplicate per l’intera economia hanno portato a quella che abbiamo chiamato crisi, ma che secondo Giannuli non è che all’inizio. O meglio: per Europa e Italia si prospetta una epoca nuova, mentre il danaro perde il suo potere e la politica si indebolisce (tocca anche Obama questo saggio) la Cina non si scompiscia e la piccola Italia invece si divide.

America e Asia si scontrano per il valore del danaro e in mezzo ci stiamo noi europei. Il debito internazionale e il costo del danaro non lasciano vedere nessuna possibile uscita se non la più vasta crisi economica mondiale mai vista prima, che finirà di scatenare le sue forze ben oltre il 2012, si prospettano danni nel sistema mondiale, secondo il saggio fin oltre il 2014.

Il secondo libro, meno catastrofico se vogliamo e più politico, è quello scritto da Enea Franza, con prefazione di Gianfranco Fini. Sempre un libro pessimista dal titolo “2012 – Crisi del Capitalismo?” che, più che altro, vuole presentarsi come saggio di riflessione su un periodo storico, quello attuale, in cui di fronte ai grandi problemi legati alla competitività e alla incapacità per la nostra economia di “fare fronte alle emergenze” , dei grandi “gap” che sono quasi incolmabili, non tanto per la loro grandezza, quanto piuttosto per la totale impreparazione nel riuscire a prevenirli e a gestirli.

Anche Franza è un libertario, appartiene però alla destra liberale, il suo libro è edito dal Borghese; il saggio pone l’accento più sul problema della nostra dimensione nazionale, con una economia da riprendere in mano, che non sulle conseguenze di una economia mondiale. La economia di oggi contempla tra gli attori determinanti nel processo economico anche la Cina, che per Franza resta un continente incongruente al punto di vista economico e gli USA, su cui l’autore si sofferma in tema di debito pubblico e internazionale.

Infine sulle ipotesi e sugli scenari di vita o di morte economica legati al 2012 si pronuncia anche l’economista Mario Deaglio, che nel “XV Rapporto Einaudi sull’economia internazionale e l’Italia” la vede triste, ma non per tutti. Solo per le economie che in seguito alla crisi, per effetto di ritorno, non sono riuscite a rinnovare e si sono stabilizzate più in basso rispetto al 2008 ci saranno tempi difficili. Cita Italia e Spagna, tra le economie nazionali che perderanno dal 2012 il loro potere, mentre per il Giappone si tratterà di uno stazionamento nella crescita.

Secondo quest’ultimo, uno studioso che potremmo anche definire tendenzialmente di sinistra, gli USA per la loro elasticità economica non avranno difficoltà nella ripresa, a conti fatti, mentre per le economie che non hanno rischiato con industria, innovazione, tecnologia e ricerca (e noi rientriamo in questa categoria) il 2012 sarà il punto più basso di un abisso da cui lentamente riusciremo a riprenderci a partire dal 2015.

Anche se per le persone che non se ne intendono (oltre il 70% della popolazione italiana) le percentuali incoraggianti dei dati economici, frutto della resa del “maltolto” sembrano dare già dei primi segni di ripresa dall’agonia la realtà invece è “No! Sbagliato!. Secondo gli economisti la nostra visione è deformata, abbiamo perso la cognizione del valore del danaro, negli anni della crisi dal 2008 al 2010, anche perché per l’Italia la crisi ha dato i primi segni a partire dalla seconda metà degli anni ’90, quindi anche se i dati segnano positivo, si tratta di positivi relativi, siamo ancora in evidente e profonda crisi.

Di Martina Cecco

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