Ancora Paese dei balocchi. L’assenteista non lo licenzia nessuno. Solo Dio

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di Nico Valerio

Pirandello si rigira inquieto nella tomba. Nella sua Sicilia si trascina per 20 anni una vicenda minore, ma così ingiusta, esagerata, paradossale, e con un prefinale pirandelliano, e nessuno ne approfitta per ricavarne almeno un racconto? “Bah, che discendenti strani!”, deve essersi detto il commediografo di Agrigento.

Però, appena lo sapranno, anche quelli del Consiglio Superiore della Magistratura qualche risolino o mugugno di disappunto per l’immagine del Giudice Italiano, sono sicuro che se lo faranno. D’accordo, le leggi italiane in materia di lavoro erano e sono quelle, ma sono sicuro che importando giudici dal Regno Unito l’interpretazione della norma e la sentenza finale sarebbero state diverse. Fatto sta che la Magistratura e la Giustizia in questo ennesimo episodio non ci fanno una bella figura. E i britannici continueranno a prenderci in giro.

E’ la stessa vittima, l’avv. De Luca, condannato a sei mesi per fatti accaduti in una società di trasporti di sicurezza siciliana, quando non era ancora responsabile della ditta, a raccontare per sommi capi la vicenda che lo ha coinvolto in un comunicato firmato con l’amministratore delegato:

“La vicenda che si è conclusa con la condanna degli Amministratori della Sicurtransport S.p.A. ha origini lontane, che risalgono ad oltre un ventennio, quando gli stessi non erano ancora in carica. Si tratta di una guardia particolare giurata che aveva svolto regolarmente per circa 10 anni il proprio lavoro ed era stato rappresentante di una sigla sindacale autonoma. Lo stesso veniva indicato da un pentito quale basista di una grave e clamorosa rapina in città. Questa circostanza avrebbe impedito il rinnovo, da parte del Prefetto, del decreto di guardia particolare giurata, che impone la buona condotta.

“Da quel momento questi diventava un dipendente “superassenteista” per evitare di sottoscrivere la richiesta di rinnovo dei titoli di polizia necessari a proseguire la propria attività. Dopo un’assenza continuativa durata 572 giorni, di cui 335 nel solo anno 1989, la società procedeva con il licenziamento, che tuttavia veniva annullato dal giudice del lavoro, secondo cui per un giorno non era stato superato il massimo previsto dalla legge.

“La società era così costretta a pagare per intero le retribuzioni relative al periodo di durata del giudizio e riassumere il dipendente. Dopo un breve periodo di attività presso una società partecipata, a causa della cessazione dell’attività di tale ultima azienda, il dipendente veniva licenziato. Nuovo giudizio del lavoro, nuovo ordine di riassunzione, nuovo pagamento di tutte le mensilità trascorse, anche senza un giorno di lavoro.

“A questo punto la società decideva, conformemente a quanto previsto in sentenza, di riassumere il Campione [ il nome del dipendente, NdR] con le originarie mansioni di guardia giurata. In circa un anno e mezzo, quest’ultimo, si è assentato per un periodo complessivo di giorni 235 di malattia, oltre a giorni 45 tra ferie e permessi, per un totale di soli 75 giorni di presenza. Dopo il formale rifiuto di sottoscrivere la relativa istanza al Prefetto, sapendo di non avere i requisiti per ottenere il decreto di g.p.g ed il porto d’armi, veniva definitivamente licenziato.

“A questo punto il Campione denunciava i datori di lavoro per mobbing, che sarebbe consistito nel non avergli affidato alcuna mansione specifica nei pochi

giorni in cui ha prestato servizio. Tra le malattie che ne sarebbero derivate, anche l’impotenza, mentre proprio in quel periodo ha riconosciuto un figlio naturale, nato fuori dal matrimonio. Il Pubblico Ministero, dopo avere istruito il processo, chiedeva l’archiviazione, il GIP disponeva invece il rinvio a giudizio.
“Il sig. Campione, durante il processo penale, è deceduto perché, forse colto da malore, è caduto dalle scale di casa propria. Quindi per cause assolutamente indipendenti dal suo eventuale turbamento per le vicende relative al rapporto di lavoro.
“Gli amministratori della Sicurtransport, società di riconosciuta professionalità e serietà, che opera da quasi 40 anni, intendono precisare che hanno compiuto le loro scelte responsabilmente nell’interesse della sicurezza dei propri clienti e del personale addetto, nonchè della propria immagine. Dichiarano che, pur rispettando, com’è doveroso, la decisione del giudice monocratico, la ritengono sbagliata, e come tale, la impugneranno. Soprattutto si comporterebbero nell’identico modo, se un fatto analogo si ripetesse, poiché innanzi tutto intendono privilegiare, sempre, la professionalità e la responsabilità, come il rispetto delle rigorose norme di pubblica sicurezza, cui gli istituti di vigilanza sono soggetti.

Il Presidente, Avv. Stefano de Luca. L’Amministratore Delegato, Dott. Luciano Basile”.

Ero convinto che buchi del genere nella nostra legislazione fossero stati tappati, ma evidentemente non è così. Una vicenda che ci riporta al Paese dei Balocchi di Pinocchio, dove viene promosso chi non va mai a scuola, a patto però che abbia mangiato molti gianduiotti, marzapane e frittelle dolci.

Che commento posso fare? Il più strano che mi viene in mente. Non credo in Dio, ma mi piace immaginare che questo simbolo inutile abbia voluto smentirmi rendendosi una buona volta utile, almeno per “punire” – visto che non lo facevano i giudici – il lavoratore pluriassenteista di Palermo, per poi tornare nel nulla dal quale era venuto.

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