Fuga dalla Tunisia: un’analisi politica

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di CHIARA MARIA LÉVÊQUE

Si fa sempre più tesa la situazione a Lampedusa e la preoccupazione cresce di ora in ora in Italia. Ma chi sono le migliaia di persone in fuga dalla Tunisia?

L’analisi dei nuovi sbarchi merita un’attenzione particolare. In molti si interrogano sulla tempistica: perché scappare ora, a rivoluzione avvenuta, con un Paese che si affaccia finalmente alle soglie di una vera democrazia, che prospetta per i suoi figli un futuro migliore e dove lo spazio per una reale crescita economia, equamente distribuita all’interno del Paese non è più un miraggio?

L’analisi è complessa. Fonti tunisine segnalano alcuni dati su cui vale la pena soffermarsi.
Molti dei tunisini che hanno intrapreso la via del mare in questi giorni, sognavano da anni una fuga dal Paese e certo è che, se prima ciò era severamente impedito dalle strette maglie della dittatura, il vuoto di potere lasciato da Ben Alì ha agevolato ogni possibilità di fuga.
Il Paese, intento a ricostruire il cuore della propria Nazione, non ha fatto in tempo a riprendere il controllo delle periferie, le quali non si sono fatte sfuggire la possibilità di inseguire il sogno italiano covato per anni.

Non solo, è vero anche che Ben Alì, all’atto della fuga ha aperto alcune carceri, sperando di lasciare il Paese nel caos. Delusa questa sua aspettativa, c’è certamente da temere che, sui “barconi della speranza” sbarcati a Lampedusa, vi siano detenuti in fuga dalla giustizia tunisina.

Anche qualora fossero confermate queste voci, è però del tutto inopportuno ridurre il fenomeno al solito allarmismo delle “infiltrazioni terroristiche nel nostro Paese”. La questione è molto più complessa e una simile etichetta non fa che distogliere l’attenzione del pubblico dal cuore del problema: chi realmente ha diritto di godere della protezione offerta dal Diritto internazionale ai popoli in fuga da evidenti pericoli alla sicurezza personale?

Salta all’occhio come la maggior parte dei barconi sia composta da giovani uomini e non, come nel corso di altre crisi, da famiglie; tuttavia ciò non consente di poter trarre alcuna conclusione. L’unico dato certo è che l’Italia avrà un bel filo da torcere per poter ricostruire le storie personali di ognuno, in modo che eventuali fughe ingiustificate dalla Tunisia non eclissino le ragioni di chi, al contrario, un motivo per scappare ce l’ha davvero.

Sicuramente la speranza dell’ottenimento dello status di rifugiato politico o quantomeno di un visto per motivi umanitari, fa sì che si sprechino descrizioni della Tunisia come di un Paese in ginocchio, nel quale il caos regna sovrano e dove nessuno è in grado di ristabilire l’ordine.

Queste dichiarazioni non forniscono un reale quadro della situazione tunisina dove ancora si registrano focolai di protesta, ma dove la situazione è tornata pressoché alla normalità, con la riapertura delle scuole, delle università, con la fine degli scioperi e con un coprifuoco ridotto ormai all’osso (dalle 24 alle 4 del mattino).

E se è vero che i governi italiano e francese ancora sconsigliano i viaggi nel Paese, essi segnalano altresì un notevole miglioramento delle condizioni di sicurezza, in particolare nella zona costiera, verso la quale la Francia si è assunta la responsabilità del nulla osta alla ripresa dei flussi turistici dei propri cittadini.

È trascorso soltanto un mese dalla fuga del dittatore e il Paese sta già facendo tanto per ristabilire l’ordine e per affrontare questa nuova emergenza: da ieri l’esercito presidia il porto di Zarzis, principale punto di partenza dell’esodo di questi giorni e la volontà è quella di lavorare per far cessare i massicci flussi migratori.

Taïeb Baccouche, portavoce del governo tunisino di transizione, rifiuta fermamente l’offerta del Ministro Maroni di inviare contingenti di poliziotti italiani per fermare le partenze dalla Tunisia, vivendo tale proposta come una pesante ingerenza negli affari interni del Paese, che pure si dichiara assolutamente pronto a cooperare con il resto d’Europa e, ovviamente con l’Italia, per trovare una soluzione adatta alla corretta gestione del problema.

La speranza è che l’innegabile emergenza che sta vivendo Lampedusa, non distolga l’attenzione generale dal successo che Tunisia e Egitto hanno ottenuto, dalla loro capacità di sradicare in pochi giorni dittature decennali e dall’inizio di una nuova era, nella quale la democrazia non parrebbe più essere appannaggio di pochi, bensì una necessità che scaturisce dalle piazze, in grado di decide in maniera autonoma, senza alcun bisogno di imposizioni esterne, il miglior governo per il proprio Paese.

* Caffè geopolitico

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