Giustizia dell’altro mondo #3

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di Enrico Gagliardi

Il caso Englaro e tutte le conseguenze che da questo sono scaturite, rappresenta l’esempio lampante di come l’assenza di normazione su temi di grande rilevanza sociale possa recare danni spesso irreversibili: la povera Eluana e con lei suo padre, autentico simbolo di una passione al limite del commovente nel suo essere così legato al rispetto del nostro ordinamento, nonostante una battaglia di anni non riesce ad ottenere quella giustizia che invece meriterebbe.

Sulla questione si sono espressi praticamente tutti, anche troppi, ma soprattutto si è espressa la magistratura, l’unica “istituzione” che in una democrazia liberale ha il dovere di fare rispettare le leggi vigenti. Benché la vicenda si sia cristallizzata in un giudicato della Suprema Corte che ha dato il permesso e la facoltà a Peppino Englaro di rispettare la volontà della figlia ancora non è stato possibile scrivere la parola fine sulla vicenda in cui è intervenuto anche il Ministro Sacconi il quale sulla base di una non meglio precisata (perché inesistente) legittimità, ha diffidato (per usare un eufemismo) cliniche ed ospedali dall’accogliere Eluana Eglaro.

Una posizione incomprensibile soprattutto perché in contrasto con una sentenza che ha chiuso la “partita” senza la necessità di ulteriori discussioni. La vicenda però rappresenta l’emblema di una patologia ben più grave: mancando sull’argomento una legge che il Parlmanto continua colpevolmente a rimandare, la materia resta foriera di differenti interpretazioni sulle quali tutti sentono il diritto di intervenire. Fino a quando continuerà una situazione del genere non si potranno mai fissare punti decisivi sui quali riflettere, fermo restando che a maggior ragione in tale incertezza la decisione della Suprema Corte assume ancora più valore e peso.

In tutto ciò a rimetterci sono le persone maggiormente coinvolte, Eluana Englaro e suo padre (commovente nella sua volontà di seguire le leggi, nonostante tutto) che non possono nemmeno accedere ad un diritto che la magistratura gli ha garantito e definitivamente scolpito in una sentenza.

Giustizia dell’altro mondo.

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