MK-ULTRA: quando la mente divenne campo di battaglia

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Negli anni più tesi della Guerra Fredda, mentre il mondo era sospeso tra la paura dell’annientamento nucleare e la corsa al dominio ideologico, la CIA varò uno dei progetti più segreti e controversi della storia americana: MK-ULTRA. Ufficialmente celato dietro voci di bilancio criptiche e ramificato in centri di ricerca, ospedali e università, questo programma aveva un unico obiettivo: trovare i metodi per controllare la mente umana.

A rafforzare la portata di queste operazioni, è utile ricordare che il progetto MK-ULTRA non fu l’unico nel panorama americano dedicato al controllo mentale. Come ricorda Roberto Roggero in uno studio dettagliato, sotto il termine generico di “Mind Control” erano raccolti una serie di esperimenti segreti condotti dalla CIA, con l’obiettivo di manipolare emozioni, pulsioni e volontà di un individuo, al fine di “ottenere risultati senza sporcarsi le mani”. Fra questi figurano anche operazioni come Artichoke e il cosiddetto Criptorian Candidate, definito da alcuni “la storia più sorprendente dopo la bomba atomica” (New York Times, 16 luglio 1977).

Nato nel 1953 sotto la direzione del chimico Sidney Gottlieb, MK-ULTRA era un esperimento su vasta scala che mirava a indagare e sfruttare i meccanismi psichici più profondi per scopi di interrogatorio, manipolazione, condizionamento e annullamento dell’identità. La CIA temeva che l’Unione Sovietica e la Cina stessero già sperimentando tecniche simili, e il progetto si giustificava come un tentativo preventivo di “difesa” — ma i metodi utilizzati raccontano un’altra storia.

LSD, barbiturici, ipnosi, privazione sensoriale, elettroshock, deprivazione del sonno: questi e altri strumenti furono applicati su migliaia di persone, spesso senza il loro consenso, in esperimenti condotti anche all’interno di carceri, ospedali psichiatrici e centri universitari, negli Stati Uniti e perfino all’estero. Molte cavie umane erano inconsapevoli, altre furono spinte al limite della follia. Alcune, come il biologo , morirono in circostanze mai del tutto chiarite.

Secondo le testimonianze raccolte da Walter Bowart e riportate da Roberto Roggero, tra le tecniche più inquietanti c’erano anche l’uso combinato di droghe e ipnosi, come nel progetto PDH (Pain-Drug-Hypnosis), una forma estrema di manipolazione mentale che mescolava droghe e sedute ipnotiche per creare veri e propri “zombi programmati”. Questo procedimento, raccontato già nel 1951 da ufficiali della Marina americana, fu definito «una guerra con armi più efficaci della bomba atomica».

Per la CIA, MK-ULTRA rappresentava la possibilità di creare “l’agente perfetto”: un individuo in grado di eseguire ordini senza memoria cosciente, oppure un prigioniero in grado di rivelare segreti senza opporre resistenza. Era l’alba del concetto di “controllo mentale”, la speranza che la coscienza potesse essere deprogrammata e riprogrammata, come un nastro magnetico.

Ma più che una rivoluzione scientifica, MK-ULTRA si rivelò un esperimento etico fallito, un tradimento profondo della dignità umana in nome della sicurezza nazionale. Alla metà degli anni Settanta, dopo lo scandalo Watergate, una serie di indagini parlamentari (tra cui la celebre Commissione Church) fece emergere frammenti di verità. La CIA distrusse gran parte della documentazione nel 1973, ma ciò che restava bastava a far emergere un quadro allucinante, degno della più cupa distopia orwelliana.

Oggi, MK-ULTRA è ricordato non solo come uno degli episodi più sinistri dell’intelligence americana, ma anche come una riflessione ancora aperta sui limiti morali della scienza, del potere e del controllo. In un’epoca in cui il confine tra realtà e manipolazione sembra farsi sempre più sottile, la lezione di MK-ULTRA è più attuale che mai: quando si gioca con la mente, si gioca con l’essenza stessa dell’umano. E non sempre chi muove i fili resta immune alle conseguenze.

Frank Olson: la vittima consapevole

Frank Olson era un biologo e specialista in armi batteriologiche, collaboratore della CIA presso il laboratorio militare di Fort Detrick

Frank Olson era un biologo e specialista in armi batteriologiche, collaboratore della CIA presso il laboratorio militare di Fort Detrick. La sua figura è diventata centrale nella storia di MK-ULTRA, non per il ruolo da carnefice, ma per quello — tragico — di vittima designata.

Nel 1953, durante una riunione segreta tra scienziati e funzionari dell’intelligence, gli fu somministrata una dose di LSD senza il suo consenso. Da quel momento, iniziò a manifestare segni di profonda crisi psicologica: paranoia, senso di colpa, disturbi della percezione. Le sue reazioni divennero ingestibili per i superiori, tanto da indurre la CIA a inviarlo a New York con un agente per “accertamenti psichiatrici”. Ma nella notte tra il 28 e il 29 novembre 1953, Frank Olson precipitò dal tredicesimo piano dell’hotel Statler.

Ufficialmente fu dichiarato suicidio, ma l’autopsia riesumativa del 1994 rivelò fratture al cranio anteriori alla caduta, compatibili con un’aggressione. In molti sostengono che volesse rivelare i crimini a cui aveva assistito — esperimenti disumani condotti su prigionieri nei centri clandestini della CIA, in Europa e in Asia.

Olson si era probabilmente trasformato in un testimone scomodo, e forse anche in un uomo in cerca di espiazione, in conflitto tra il segreto militare e la coscienza umana. La sua morte resta una delle ferite più profonde nella storia dell’intelligence americana, un omicidio mascherato da suicidio, coperto dal silenzio per decenni.

Oltre ai casi documentati, esistono testimonianze raccolte da giornalisti e studiosi secondo cui gli esperimenti coinvolsero anche cittadini inconsapevoli reclutati tra detenuti, malati psichiatrici e soggetti ritenuti “ai margini della società”. Questi esperimenti erano condotti in strutture segrete, a volte collegate ad agenzie militari o ospedali universitari. «Molti dei documenti ufficiali relativi a queste operazioni — scrive Roggero — risultano scomparsi o volutamente distrutti».

Sidney Gottlieb: lo stregone e il paradosso

CIA chemist Sidney Gottlieb headed up the agency’s secret MK-ULTRA program, which was charged with developing a mind control drug that could be weaponized against enemies.

Il direttore occulto di MK-ULTRA era Sidney Gottlieb, chimico geniale e oscuro architetto delle tecniche di controllo mentale. Nato Joseph Scheider, figlio di immigrati ebrei, Gottlieb si laureò in chimica e farmacologia con risultati brillanti. Ma la sua traiettoria personale è una delle più sconcertanti dell’intera vicenda.

Era un ebreo praticante, vegetariano, ambientalista convinto, dedito alla meditazione, alla vita rurale e alla spiritualità orientale. Viveva in una fattoria, coltivava il proprio cibo, amava la semplicità. Ma dietro questa immagine bucolica si celava l’uomo che autorizzò esperimenti brutali su soggetti non consenzienti, spesso poveri, detenuti, malati psichiatrici, drogati con LSD, ipnotizzati, sottoposti a deprivazione sensoriale o a torture psicologiche.

E soprattutto, fu lui a recuperare, adattare e applicare le tecniche sviluppate dai medici nazisti nei campi di concentramento. In un grottesco paradosso storico, un ebreo statunitense mise a frutto le conoscenze nate da crimini perpetrati contro il suo stesso popolo. Gottlieb supervisionò operazioni segrete all’estero, utilizzando metodi “acquisiti” da ex scienziati del Terzo Reich reclutati con l’Operazione Paperclip. In molti casi, le sue tecniche non si limitavano al controllo mentale, ma arrivavano fino alla distruzione totale della personalità.

Nel 1973, con la chiusura ufficiale del progetto, fu lui stesso a distruggere la maggior parte degli archivi di MK-ULTRA. Non fu mai incriminato. Si ritirò a vita privata, morì nel 1999, lasciando dietro di sé un buco nero di memoria e responsabilità.

Due destini speculari

Frank Olson e Sidney Gottlieb sono due figure speculari del progetto MK-ULTRA. Il primo, vittima del sistema, incapace di accettare ciò che aveva visto e forse contribuito a realizzare. Il secondo, architetto consapevole di un impero invisibile, dove l’etica fu sistematicamente sospesa in nome della sicurezza nazionale.

Il caso di Gottlieb, in particolare, mette a nudo una vertigine morale profonda: come può un uomo attento all’ecologia, alla meditazione e alla giustizia sociale praticata nel privato, essere allo stesso tempo il promotore di un sistema di torture mentali e sperimentazioni illegali?

«Uno dei documenti più inquietanti, conservato per anni sotto la dicitura “Eyes Only”, riporta tra gli obiettivi del progetto la creazione di individui programmati per compiere missioni omicide, per poi “dimenticare” quanto fatto a comando», ricorda ancora Roggero. E aggiunge che il progetto MK-ULTRA e i suoi derivati, come Operation Monarch, sarebbero arrivati fino a coinvolgere giovani addestrati ad agire sotto ipnosi con ordini cifrati.

Forse MK-ULTRA è il simbolo perfetto della Guerra Fredda: una guerra combattuta non solo nei laboratori, ma nell’anima degli uomini, dove la scienza non fu più al servizio dell’umanità, ma della paura. E dove, come disse lo stesso Olson poco prima di morire, «abbiamo attraversato un confine dal quale non è più possibile tornare indietro».

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