Nuovo Medioevo

Riflessioni sulla Rivoluzione russa e sul destino dell’Italia e dell’Europa

«La rivoluzione in Russia c’è stata. Questo è un fatto, e non resta che prenderne atto. Constatare un fatto non vuol dire apprezzarlo. La rivoluzione è un fenomeno naturale, come il terremoto in Giappone, e non ha senso discutere se riconoscerla oppure no. La Rivoluzione russa è una grande disgrazia. Non vi è mai stata una rivoluzione felice. Ma le rivoluzioni sono opera della saggezza divina, e per questo i popoli hanno molto da impararne».

Pubblicato a Berlino nel 1923, grazie alla sua prosa incalzante e visionaria e alle sue intuizioni sorprendenti, Nuovo Medioevo è il libro che ha dato a Berdjaev celebrità internazionale. Il filosofo russo articola la sua concezione della storia a partire dal Rinascimento, quel momento in cui in Italia, e in Europa, si raggiunsero le vette più alte del pensiero e della produzione artistica: da Giotto a Michelangelo, da Dante a Piero della Francesca. La vera forza propulsiva del Rinascimento, però, va scovata nella convivenza tra la spiritualità cristiana medievale e una nuova visione del mondo, l’umanesimo. Se la modernità non è altro che la storia del progressivo smarrimento dei valori cristiani in favore della completa egemonia dell’umanesimo, la Rivoluzione russa rappresenta la loro completa dissoluzione e il fallimento dell’umanesimo stesso. Questo deserto spirituale, però, non è un esito, ma solo un’ulteriore tappa della storia: a riscattarci da questa condizione sarà il Nuovo Medioevo. Non un’epoca buia, ma un periodo di rifioritura spirituale e culturale.

«Le riflessioni di Berdjaev sembrano scritte ieri, dense come sono di quell’impasto di rifulgente ossessione per la modernità e senso della fine che fanno il nostro pane quotidiano. Impressionante, in specie, l’analisi del ritorno al divino».
Mario Fortunato, «La Stampa»

Nikolaj Berdjaev Singolare figura di filosofo e scrittore, appassionato di Dostoevskij, tormentato dal fondo nichilistico dell’anima russa, Nikolaj Berdjaev (1874-1948) ha elaborato una “filosofia cristiana della libertà” dal forte timbro aristocratico. Travolto dalla rivoluzione bolscevica, di cui pure subì la grandiosa fascinazione, passò il resto dell’esistenza in esilio, prima a Berlino poi a Parigi, partecipando attivamente alla vita culturale francese. Tra le sue opere, Il senso della creazione, Filosofia dell’ineguaglianza, La concezione di Dostoevskij, L’idea russa.

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