Alcide Degasperi: un politico attuale transfrontaliero con la qualità della buona mediazione

di MARTINA CECCO

L’Unione Europea ha visto in lui un modello politico da ricordare, dedicandogli una sala che è stata inaugurata il 23 marzo scorso, la sala del Gruppo Popolare Europeo a Bruxelles. Uno degli esempi più coerenti che possiamo trovare tra i politici italiani che hanno avuto un ruolo di grande responsabilità nel nascente Parlamento italiano è proprio quello di Alcide Degasperi, uno statista più volte citato per la sua integrità morale, una caratteristica che lo contraddistinse in tutta la sua carriera politica, cominciata da rappresentate di una minoranza, la minoranza italiana, per cui rappresentò nei suoi interventi principalmente i trentini, parlando però in tedesco, presso Camera dei deputati (Haus der Abgeordneten) del Reichsrat austriaco.

Nel corso della celebrazione del suo 55° della morte, avvenuta il 19 agosto del 1954 a Sella Valsugana avvenuta poco dopo la fine del suo mandato politico al Parlamento italiano, è stato fatto accenno a due parole con cui Degasperi concluse uno dei due suoi più brillanti discorsi politici, tenuto a braccio, che tenne alla fine del suo mandato politico nel 21 giugno 1947 davanti alla Costituente che ben descrivono il percorso trasversale di Alcide Degasperi nella politica di allora, che poi è anche la nostra politica.

Forse senza rendersene conto, anche se pare improbabile, Degasperi fece uso di due lemmi: le parole Libertà e Dio. Le stesse parole che furono l’incipit di un famoso giornale francese, fondato nel 1830 da Robert de La Mennais, il giornale “L’Avenir” che all’epoca parlava della liberazione dell’Europa dalle ideologie monocolore, principalmente riferendosi al Dio cristiano.

Ma non per questo le passate liberazioni sono meno attuali delle liberazioni di oggi, dove quotidianamente si assiste a una liberazione dalle oppressioni di una o dell’altra nazione. Elencare le più vicine all’Italia e ai giorni attuali è comodo, l’Egitto ci interessa perché ci legano interessi economici evidenti, la Tunisia ci interessa perché le migrazioni ci spaventano, la Libia ci interessa perché è parte della nostra storia, invece la Striscia di Gaza brucia da anni e lo stato cuscinetto che divide l’Occidente dall’Oriente è ormai diventato un terreno di prova che grida orrore.

Parlavamo però di Degasperi, interpretandone le sue parole, il suo motto se così vogliamo dire, maturato grazie a un incontro con la molteplicità delle culture politiche e anche economiche di un passato, quello europeo, che nel periodo pre e post bellico, parliamo della caduta del Regno d’Italia e della prima democrazia nazionale e del periodo di passaggio tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, che per l’Italia si riassume bene anche in periodo fascista/colonialista, ha vissuto un profondo e radicale cambiamento.

Si pensino a modelli che sono caduti proprio in quel frangente di una manciata di anni (poco meno di trent’anni per far capire come in un terzo di vita si fa presto a veder cambiare le cose, generazione di 30enni tra cui io stessa rientro!): cadde il modello Monarchico, si trasformò il pensiero Statalista, cadde il modello Dittatoriale, si iniziò a combattere il Cesaropapismo, svanì la prospettiva dell’Eurocentrismo inteso in proporzione al mondo; la Seconda guerra mondiale infatti fece sentire forte la debolezza dell’Europa, fece sentire la necessità di ricostruire alleanze con l’oltre oceano (NATO) e il bisogno di riorganizzare l’economia della nazione (CECA), fece sentire la piccolezza dell’Italia ma le sue mille sfaccettature da salvare (Riforma Agraria e Cassa del Mezzogiorno).

In questa fetta di storia italiana, fondamentale per le giovani generazioni che si dedicano alla politica, fatta non solo di incartamenti, di armi e di sfide politiche, ma anche di ingerenza politica, Alcide Degasperi fu artefice di un profondo cambiamento nel modo di concepire la rappresentanza del popolo, quella che fu la Democrazia Cristiana all’epoca della sua nascita si riconosceva in due principali valori indiscutibili per uno Statista transfrontaliero:
1. il potere del popolo, diremmo noi demoscopico, democratico, popolare, inteso come politica frutto della rappresentanza della gente, che si esprimeva nei forti valori legati a gruppi, associazioni e per la DC anche la Chiesa, che nasceva come reazione alla dittatura ma anche come risultato dell’effetto doppler del Suffragio maschile, con un indiscusso cambiamento del punto di vista del popolo che diventa elettore e in seguito del Suffragio universale (maschile e femminile) che raddoppiava i voti necessari per arrivare a governare.
Sempre per il popolo tra le scelte di politica economica interna di Degasperi, vi fu anche quella di istituire un “Piano Casa” dando una abitazione a migliaia di italiani che non avrebbero mai potuto averne una, la “Cassa del Mezzogiorno” il primo passo per unire l’Italia e la Riforma Agraria. Parte della sua attenzione verso il popolo la si deve probabilmente al suo essere aperto anche all’incontro con la politica estera.
2. la libertà intesa come liberazione dalle oppressioni, che per Degasperi ben si poteva incarnare nella solidarietà cristiana e nel modello di assoluta fede ai valori umani della politica, ben lontano dalla idea che di politica abbiamo noi oggi. Tuttavia sempre in questa libertà si inserisce un concetto ben diverso da quello dell’ostracismo ideologico, che porta ancora a una attualità Degasperi, che come più volte ripete sente la necessità che ci siano in ballo tra i poteri sia quello democratico cristiano che quello democratico laico, che indicava nel socialismo, (don Camillo e Peppone se vogliamo) gettando il seme per una idea di bipolarismo, di rappresentanza, ma specialmente di dialogo, in pieno stile aristotelico. Come anche gli storiografi notano, che il modello degasperiano del fare politica riuniva lo stile latino e romano che veniva applicato alla rappresentanza, allo stile greco che veniva applicato alla discussione parlamentare.

Nel primo dopoguerra di una Italia senza un Governo centrale ma con il potere in mano a una rappresentanza fortemente accentrante e sono due cose diverse, la nazione si trovava in un momento critico, priva di unità, in cui non solo il bisogno di ricostruire un paese era impellente, ma era necessaria anche una politica moderata, che fosse lontana dal monopolio ideologico ma anche stabile e coerente. Se la prima reazione della nazione fu quella di lasciarsi affidare a un potere monopolizzato, ben presto emersero le esigenze di rappresentatività, che l’Europa auspicava. Nel secondo dopoguerra proprio la coerenza politica di Alcide Degasperi lo ha reso indispensabile e proprio in questi 15 anni circa di mediazione politica si possono leggere gli esempi che lo fanno attuale come modello proponibile per trarne esempio per la situazione attuale europea. Quello che avvenne dopo la caduta di Mussolini è paragonabile a quanto avviene in assoluto dopo le cadute di un potere “ad personam”.

Degasperi torna attuale nel ripensare delle strategie per la Unione Europea di oggi. Nel Mediterraneo da sempre, ma solo adesso, con il pressing delle migrazioni e con il problema della insostenibilità dell’etica contemporanea, la storia, che va avanti esattamente così, come lo vediamo nei video dei reporter, diventa improvvisamente una emergenza. All’epoca non ebbe dubbi Degasperi nell’aderire al Piano Marshall per la ricostruzione dell’Italia, come non ebbe dubbi nell’aderire alla NATO e alla CECA (1951) , ma non riuscì mai a importare questo modello populista e moderno in Europa, facendo in modo che fosse la stessa Europa ad auto-motivarsi per creare un sistema di autonomia nella gestione delle emergenze. Se guardiamo a come sono ora gestite le emergenze nella Comunità Europea ci rendiamo conto che il pensiero frastagliato emerge ancora, (Europa non è Italia, non è Francia, non è Germania) esattamente come allora, facendo leva sui bisogni e sugli interessi dei singoli stati, una idea ben lontana da quello che l’Europa dovrebbe essere attualmente. Lui ne fu il padre fondatore con il cancelliere tedesco democristiano Konrad Adenauer e al francese Robert Schuman.

Degasperi in questa lettura, che per noi è semplificata dal corso degli eventi storici, ha rappresentato un uomo politico di particolare interesse, proprio per la sua capacità di essere di taglio, cioè una persona che ha avuto la fortuna storica o il merito di poter essere presente in realtà politiche talmente diverse tra loro ma territorialmente compresse tra Italia e Austria, da aver lasciato una testimonianza diretta delle differenze e delle asprezza della politica europea, che non hanno pari. Uno dei motivi per cui ben lo sapeva cosa dire e cosa fare era presumibilmente legato alle sue origini, nato a metà tra una terra italiana e una terra austriaca, in un momento in cui parlare di confine diventava un fatto naturale e in cui la sua stessa persona era posta in una situazione anche personale transfrontaliera. Ben diversa è la situazione attuale dei nostri “cari” parlamentari, che han sempre più interesse a sedere tra le fila, economicamente remunerative, dell’homo politicus, piuttosto che rimanere coerenti a una linea di pensiero aderente alle necessità contingenti.

Ecco dunque che mi pare d’obbligo puntualizzare sulla importanza di avere un riferimento coerente nella politica, come fu coerente Degasperi. Tuttavia, sempre citando Alcide Degasperi, mi pare altrettanto importante mantenere fede a un pensiero europeo mediatore, che sia però anche contestualizzato alle necessità e alle urgenze di un periodo storico, dono di interpretazione che solo uno Statista di esperienza avrebbe potuto maturare. Dice Degasperi in merito al pericolo dei condizionamenti, della idolatria, ma anche dell’odio politico e della perversità del potere, lo dice scendendo dagli alti scranni, fuori dal suo posto dove era uso stare, ponendosi in basso tra il suo popolo, polemico ma triste, sicuramente coinvolto con la sincerità dell’uomo che medita ogni parola con la mente ma anche con il sentimento, dice qualcosa di importante che emerge anche ai giorni nostri, come assoluta priorità nel gestire lo Stato:

* “Non è piacevole questa sensazione di avere sempre in Nenni (si rivolge al suo avversario e collega politico come interlocutore ndr) ed amici dei pungolatori, come se noi fossimo dei buoi. Caro Nenni, quando Marx scriveva quello a cui ti riferisci come ad un vangelo, erano altri tempi, e il socialismo era in marcia per conquistare, per vincere, per rovesciare lo Stato borghese; ma oggi nella Repubblica, di cui voi siete parte, non può essere tollerabile lo stesso metodo.”.

Di Martina Cecco

*LECTIO MAGISTRALIS tenuta il 18 agosto 2010 dal Prof. Francesco Traniello nell’ambito di un evento organizzato dalla Fondazione Trentina Alcide De Gasperi in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, l’Istituto Luigi Sturzo di Roma, il Comune di Pieve Tesino, il Comprensorio della Bassa Valsugana e Tesino e il Centro Studi Alpino dell’Università della Tuscia.

No Comments Yet

Leave a Reply

Your email address will not be published.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

©2013 LiberalCafe'. All rights reserved.

Testata giornalistica registrata al Tribunale di Roma - n.228/6 luglio 2011

Creative Commons License

Immagini, contenuti e marchi citati in queste pagine sono copyright dei rispettivi proprietari.
Se qualcuno, vantando diritti su immagini e/o testi qui pubblicati, avesse qualcosa in contrario alla pubblicazione, può scriverci per richiederne la pronta rimozione.