Chavez, il Venezuela e la nuova America latina.

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E’ facile accusare Paesi sfruttati da secoli di avere, oggi, regimi dittatoriali.

E’ facile puntare il dito contro coloro i quali hanno dovuto subire prima gli attacchi e le violenze dei Conquistadores spagnoli e, successivamente, l’instabilità politica, spesso fomentata da questo o quell’imperialismo. In particolare, per vicinanza geografica, dall’imperialismo yenkee, con le sue multinazionali, con la CIA e la sua politica di infiltrazione subdola che ha finanziato fior fiore di dittature autoritarie vere, quelle sì, in nome non della libertà e della democrazia, bensì del Dio Dollaro a Stelle e Strisce.

E non occorre essere comunisti per sostenere questo, anzi. Nemmeno Fidel ed il Che erano davvero comunisti, ma, se volevano liberarsi del regime di Batista, un approdo internazionale avrebbero pur dovuto trovarlo.

Pensiamo, del resto, che lo stesso Gabriele D’Annunzio, allorquando fondò la libertaria Repubblica di Fiume, ovvero la Reggenza del Carnaro del 1920, trovò il pur stumentale appoggio solo da parte dei sovietici.

E’ per questo che libri come “Chavez. Il Venezuela e la nuova America latina”, edito in Italia da Vallecchi, sono di un’importanza fondamentale per comprendere una realtà solo apparentemente lontana dalla nostra.

Il saggio, che è frutto di un’accurata intervista fatta dalla pediatra cubana Aleida Guevara – figlia del noto rivoluzionario argentino Che Guevara e di Aleida March – all’allora Presidente del Venezuela Hugo Chavez, è un ulteriore approfondimento storico di un leader e di una realtà, quella venezuelana, ma anche latinoamericana, che, sfruttata e vilipesa da secoli, ha trovato, fra la fine degli Anni ’90 e per tutti gli Anni 2000, un nuovo riscatto. A differenza di quanto accaduto nel cosiddetto Occidente liberaldemocratico, che, preda di una globalizzazione che ha voluto dimenticare le sue radici – anche spirituali – si è infilato in una crisi senza più alcuno sbocco utile ai popoli medesimi.

E’ così che, nel saggio della Guevara, Chavez le racconta il Venezuela precedente al suo avvento, preda della corruzione dilagante e di un sostanziale monopartitismo in quanto, i due maggiori partiti del Paese, di fatto governavano assieme, costituendo una vera e propria oligarchia anti-popolare.
La cosa, forse, a noi italiani, può ricordare qualche cosa, in effetti…

E Chavez, dunque, racconta la necessità del golpe del 4 febbraio 1992, allorquando era ufficiale dell’esercito e racconta di come avesse ispirato l’impresa a Simon Bolivar, El Libertador, eroe nazionale venezuelano e dell’intera America Latina, per aver contribuito a sconfiggere l’Impero Spagnolo all’inizio del XIXsecolo. Golpe purtuttavia miseramente fallito, ma che getterà le basi per la successiva elezione democratica di Chavez, allorquando si candiderà alle elezioni presidenziali del 1998 con il Movimento Quinta Repubblica e sarà rieletto sempre con percentuali attorno al 60% dei consensi sino alla sua prematura morte, avvenuta nel 2013. E pensare che i suoi avversari di centrosinistra e di centrodestra l’avevano sempre considerato un matto, un ousider da prendere in giro, dato che il suo movimento non aveva nemmeno i soldi per pagarsi la campagna elettorale ed al punto che i media stessi faranno di tutto per non pubblicare mai i dati relativi ai sondaggi elettorali del suo movimento, considerandolo un candidato ridicolo e marginale !

Hugo Chavez racconta alla Guevara le sue umilissime origini indigene in una famiglia povera di Barinas, così povera che i suoi genitori non potevano pagargli gli studi. E fu così che decise di iscriversi all’Accademia militare, al fine di poter studiare e di trasferirsi a Caracas, nella Capitale, rinunciando purtuttavia così al suo sogno di diventare un campione del baseball.

Da allora divorerà interi libri di Storia e di storia dell’America Latina, diventando un vero e proprio autodidatta e scoprendo così come la scuola di allora avesse bandito dalla cultura nazionale figure findamentali quali Bolivar.

E le raccontò la sua profonda amicizia con Fidel Castro, basata sulla reciproca amicizia fra popolo venezuelano e cubano e su una costante collaborazione economica e sociale. Le missioni sociali avviate dal Governo Chavez, del resto, riceveranno un forte contributo da Cuba, spesso senza richiedere nulla come contropartita.

Nel saggio edito da Vallecchi, Chavez fa presente alla Guevara quello che egli battezzò “Piano Bolivar 2000”, ovvero il contributo delle forze armate del Paese come forze di matrice civico-militare di assistenza ai più deboli, nei quartieri periferici, ovvero come forze armate di pace e di cooperazione con il popolo, così come le aveva intese Simon Bolivar nell’800.

E le racconta anche della necessità del Venezuela di uscire dal Fondo Monetario Internazionale e dalle logiche di sfruttamento perpetrate dalla Banca Mondiale, ricominciando così ad essere un Paese sovrano, con un’industria del petrolio nuovamente restituita ai cittadini e che contribuirà a finanziare gran parte delle missioni sociali e finanziando la scuola per tutti, vero e proprio fiore all’occhiello dei governi Chavez ed ormai di gran parte dei Paesi latinoamericani che hanno debellato pressoché definitivamente l’analfabetismo.

Aspetto interessante del racconto di Chavez è l’istituzione della Banca del popolo, ovvero un istituto di credito nazionale a scopo non commericale, la quale concede microcrediti a chi necessita di riceverne, compresi i disabili che non possono pagarsi le cure ed ai quali non vengono nemmeno calcolati gli interessi.
Tutti aspetti positivi peraltro riconosciuti anche dall’ex Presidente USA Jimmy Carter, in qualità di osservatore internazionale, che visitò molto spesso il Venezuela chavista.

Molto commoventi, poi, i racconti dell’infanzia di Chavez, di quando sua nonna lo invitava a raccogliere e vendere le arance di casa, gli insegnò a leggere e scrivere e a bagnare le piante e di quando, sin da bambino, amasse cantare, specie le canzoni popolari.
L’ultima parte del saggio è dedicata ad una puntata della trasmissione televisiva “Alò Presidente” nella quale Chavez invita Aleida Guevara a parlare, fra le altre cose, di suo padre.

Il saggio può ritenersi un’apologia dello chavismo-guevarismo ed i più maliziosi lo intenderanno in questo modo.
Per il lettore senza pregiudizi e più aperto alla conoscenza dei fatti, diversamente, il saggio “Chavez. Il Venezuela e la nuova America latina”, può essere inteso come un viaggio all’interno di un continente che ha una cultura latina come la nostra; che, attraverso i secoli bui della violenza e della sopraffazione ha saputo ricercare una autentica Terza Via – oltre comunismo e capitalismo – di emancipazione civile e sociale. Nonostante i problemi che ci sono e permangono.

Persone e leader come Bolivar e Chavez, ad ogni modo, hanno saputo mostrarci una via alternativa all’oligarchia degli imperi, degli imperialismi, della partitocrazia“bipartisan”. Una via che, ci auguriamo, approdi finalmente agli Stati Uniti dell’America Latina, nel nome di Bolivar, di Garibaldi, di Peron, di Chavez e del Socialismo del Ventunesimo Secolo.

Luca Bagatin

www.lucabagatin.ilcannocchiale.it

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Nato a Roma nel 1979, è blogger dal 2004 (www.amoreeliberta.blogspot.it). Dal 2000 collabora e ha collaborato con diverse riviste di cultura risorgimentale, esoterica e socialista, oltre che con numerose testate giornalistiche nazionali, fra le quali L'Opinione delle Libertà, La Voce Repubblicana, L'Ideologia Socialista, La Giustizia, Critica Sociale, Olnews, Electomagazine, Liberalcafé. Suoi articoli sono e sono stati tradotti e apprezzati in Francia, Belgio, Serbia e Brasile. Ha pubblicato i saggi "Universo Massonico" (2012); "Ritratti di Donna (2014); "Amore e Libertà - Manifesto per la Civiltà dell'Amore" (2019); "L'Altra Russia di Eduard Limonov - I giovani proletari del nazionalbolscevismo" (2022) e "Ritratti del Socialismo" (2023)

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