L’altro lato di Alitalia

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1997

La contro-informazione di liberalcafé

Di Maurizio Moschi

A volte mi capita di essere esperto in un argomento che occupa per lunghi giorni le prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali e normalmente tutto questo ha un non trascurabile effetto secondario: smetto di credere a qualsiasi altro argomento pubblicato, o urlato. Le sciocchezze o, meglio, le assolute evidenze di malafede che posso rilevare sono talmente tante da impedirmi di dubitare del fatto che il pennivendolo di turno, sugli argomenti di cui non so nulla o quasi, mi infinocchi come crede.
Prendiamo il caso di Alitalia: il lettore medio oramai è stato talmente convinto che il coma della compagnia è dovuto essenzialmente agli assurdi privilegi dei dipendenti, in particolare del personale di volo, che le malefatte dei politici e degli amministratori, da quelli nominati, scompaiono in una quasi normale routine all’italiana.
Premesso che anche i dipendenti hanno le loro colpe -in primis un numero esagerato di sindacalisti- vorrei insistere un attimo sui privilegi, sintetizzabili in “lavorano poco e guadagnano troppo”.

Chi volesse prendersi la briga di controllare scoprirebbe che, con grande disappunto di imprenditori e politici, tutto quello che vola è soggetto a leggi e regolamenti, approvati in sede europea e trasformati in regola nazionale dall’ENAC, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile. Tra questi regolamenti trova posto il “Regolamento sui limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti di riposo per il personale navigante” e scoprirebbe anche, leggendo il contratto collettivo, che questo consente tranquillamente di impiegare i piloti ai limiti legali, e che non pochi di loro, specie di lungo raggio, devono essere fermati prima della fine dell’anno per il raggiungimento dei limiti di legge, di legge ripeto e non solo contrattuali, e che quelli che non ci arrivano è perché Alitalia non è capace di impiegarli.

Anche i vituperati ben 42 giorni di ferie verrebbero ridotti, da un giornalista e non dal solito pennivendolo, a quello che sono: 28 giorni lavorativi come ha la maggior parte dei lavoratori, infatti, la formula “42 giorni di ferie che assorbono i riposi in ragione di uno ogni tre giorni” equivale a dire che le festività, i sabati e le domeniche sono inclusi nel totale, quindi 42 giorni meno 14 riposi che vengono assorbiti fanno 28 giorni lavorativi. E il giorno di riposo di 36 ore? Scusate, ma un lavoratore x, che avesse il giorno successivo libero, non finirebbe di lavorare, diciamo, alle 19 e non ricomincerebbe, il secondo giorno, alle 9? Anche lui allora ha un giorno festivo di 38 ore! Ma per piacere!

Quanto agli stipendi basta controllare per dati omogenei -senza paragonare capre e cavoli- e si scopre che, lontanissimi dall’Europa, non c’è nemmeno in Italia quell’abisso che si vuol lasciar intendere. Certo che anche per quelli che dovrebbero essere i difensori naturali dei lavoratori Alitalia deve essere forte la tentazione di lasciare che il pubblico si distragga dall’assurdità di nove sigle, che moltiplicano per nove permessi e franchigie sindacali e abbassano le medie, per cui un pilota normale Alitalia vola quanto i suoi colleghi Air France, per esempio, ma “si porta dietro” molti più colleghi che, a vario titolo, scaldano scrivanie, e magari è meglio anche non indagare sul fatto che da noi si spenda l’89% del ricavato in materie prime e servizi, contro il 65% di Air France-KLM o Iberia o il 71% di quegli spendaccioni della Lufthansa, a fronte di un costo del lavoro inferiore di 7-11 punti.
Basterebbe sapersi, o volersi, informare per poter informare correttamente i lettori.

Maurizio Moschi è un ex pilota Alitalia.
maurizio.moschi@fastwebnet.it

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