Enfant gatée: lei non sa chi sa chi sono io!

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AUSILIA GUERRERA

E’ indubbio che sia avvenuta nella nostra cultura un’omogeneizzazione, una fusione tra infanzia e maturità; sono cambiati i ruoli sociali dei bambini e degli adulti; una mutazione antropologica e sociologica, collegata almeno in parte ai cambiamenti nei mezzi di comunicazione, è avvenuta già da un pezzo. Che internet, superando i media tradizionali, modificando il flusso e i canali tradizionali dell’informazione, abbia influito pervicacemente sulle gerarchie tradizionali, finendo con il travolgere anche i custodi dell’educazione ed i modelli classici di riferimento nella loro autorevolezza, per cui genitori e insegnanti si sono quasi arresi di fronte all’onda d’urto di una marea montante di notizie e stimoli che plasmano i loro figli, a immagine e somiglianza di chi e cosa è ancora tutto da scoprire, è un fatto storico epocale. Un tempo, insegnanti e genitori, avevano il controllo quasi assoluto sulle informazioni sociali generali a disposizione dei bambini. La perdita di controllo sulla direzione e la progressione del flusso informativo, ha inoltre creato un appiattimento dello status familiare, compromettendo l’esistenza delle tradizionali figure autoritarie, nel campo dell’istruzione e dell’educazione.

Internet è molto più efficace e pervasivo della televisione nel fondere gli ambiti che un tempo erano privati e pubblici, in una sovraesposizione delle sfere di socializzazione, che produce un appiattimento dei giudizi, della forma mentis in particolare delle nuove generazioni, cui loro si adeguano nella ricerca inevitabile del proprio senso di appartenenza e di un’identità sociale. Lasciando i genitori a rigirarsi fra le mani la patata bollente del solito antico quesito: cedere o non cedere, è questo il dilemma! Solitamente si cede. Come si può dir di no, senza lasciar ghettizzare tuo figlio? Genitori ammansiti da un senso critico sempre più narcotizzato, che fa abbassare la guardia, in nome di un permissivismo, lassismo, o infantilismo dell’ultima ora, non è dato poi sapere. Cosa permettere e cosa no: questo è il rovello delle ultime generazioni di aspiranti genitori (perché quelle precedenti non erano molto larghi di vedute in materia di concessioni), anzi è uno degli universali, dei pilastri dell’educazione familiare attuale. Ci troviamo di fronte a un’intera società puerile.

Laddove il bambino è “maturo” e l’adulto è immaturo: si sono accorciate le distanze fra i modi di vestire, di parlare, fra ambiti che prima si lambivano – lasciando che la natura ed il naturale corso dell’educazione facessero il loro corso – e che adesso collimano provocando un generale marasma. Sono scomparsi i confini tradizionali. Perché se l’infanzia è irriconoscibile, anche il mondo adulto ha subito dei cambiamenti complementari. Forse la psicologia degli adulti è in trasformazione. Come non riconoscere che gli atteggiamenti molto discussi e discutibili della “generazione dell’io”, come improprio refuso di un egocentrismo, quale manifestazione tipica dell’infanzia e quindi attribuita ai bambini, ora venga sfoderata con “naturalezza” dagli adulti, e perciò sia loro imputabile? Un simile esempio di duetto colloquiale tra genitori e figli – a dir poco “magnanimi” nelle loro concessioni ai primi – non ha eguali nella storia antropologica e sociale del mondo; è un’orchestra senza armonia che mal si addice a una corretta pedagogia sentimentale, che forgerà, plasmerà individui ancora sconosciuti a livello di categoria mentale e sociale. Idem per i genitori. Figli nuovi e genitori nuovi, bambini e rimbambiti, alle prese con una quotidianità perennemente in fieri. Nulla è più immobile.

Sono le interiezioni da retroscena (sul web) a far regredire la vita?… Fermo restando che l’esposizione del comportamento di retroscena di gruppo incide nelle scelte e nelle spese private delle famiglie, e che le colpe vanno equamente ridistribuite, fra genitori, pubblicità e rete, senza scadere però necessariamente in un “j’accuse” fuorviante, pur di trovare la ragione ultima dell’evoluzione-involuzione (che non si troverà mai in questa annosa caccia alle streghe), si può sostenere l’assioma filosofico montaliano per cui il progresso è regresso (più avanti di così non è possibile andare), e che la civiltà s’involve. È una potente consorteria l’era multimediale, in quanto tale fonte di gioie e di guai senza precedenti. Ha ucciso il senso dell’interno, il senso stesso della clausura domestica e familiare; nessuno si sente più dentro, tutti si sentono sempre fuori, eternamente in ballo, sempre partecipi… alle nuove distrazioni alle nuove distruzioni e alle nuove distorsioni, alle nuove digressioni. Per cui bisogna stare sempre al passo coi tempi!…

E se un tempo Marguerite Duras raccontava che: “tutte le vite erano uguali, tranne che per i bambini” (ne La pioggia d’estate), adesso sfido io a pensarla ancora così. Peccato! Dei bambini, non si sapeva niente. Adesso si sa che non sono grati, quasi per niente, quasi mai, nonostante abbiano proprio tutto. E adesso che sono stati intercettati i loro sogni, persino anticipati, e che la società risponde, prodigandosi in lungo e in largo per assecondare l’infanzia e prolungarla a più non posso, e che si vive, alla Lewis Carroll, con Alice e Bianconiglio nel paese delle meraviglie, l’opinione pubblica è allertata e si grida “a lupo a lupo”? Tale l’ossimoro della nostra società, in un’ideale passaggio del testimone di generazione in generazione.

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Laureata in Lettere e Filosofia, saggista, appassionata di cultura, ha appena terminato la Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi. Attualmente sta perfezionando il praticantato da giornalista-pubblicista.

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