Terre martoriate

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di THOMAS MARGONI

Le elezioni svoltesi pochi giorni fa in Afghanistan, i cui risultati saranno peraltro resi noti solo a fine ottobre, quando verrà ultimato lo spoglio delle schede, riportano la mente alle tempestose vicende che questo Paese (ma anche diversi altri, come Palestina, Iraq, Ruanda, Armenia) ha passato e continua a vivere, in una situazione che non sembra proporre mai una via d’uscita vera e duratura.
L’invasione sovietica alla fine del 1979 avvenne come episodio esemplare della cosiddetta Guerra Fredda, visto che il Paese asiatico si trovava sotto un Governo, da poco insediatosi, sospettato di legami con la CIA. La volontà dell’URSS di riportare l’Afghanistan sotto la sfera d’influenza di Mosca, svanì dopo più di 9 anni di guerra, non solo per l’appoggio anche finanziario che gli Stati Uniti d’America diedero ai mujaheddin, ma anche per quella sorta di ‘forza d’obbligo’ storica che mai vuole l'”invasore” capace di mettere fine in maniera reale alla situazione che ha scatenato il conflitto: un po’ quello che avviene ai nostri giorni con l’Iraq, dove gli USA non sono riusciti ad ottenere una soluzione convincente.

Ciò è verosimilmente dovuto anche alle resistenze, in termini di collaborazionismo, ma anche in termini culturali, che la popolazione locale, e soprattutto i potentati locali, oppongono a chi intenda mettere le mani in ordini storici spesso millenari e comunque dalle tradizioni inveterate e resistenti ai cambiamenti, siano pur essi positivi. Si ha insomma, a mio parere, una sorta di mancanza di volontà di modoficare un ordine arcaicamente immutabile, e all’interno di tale Weltanschauung, si può rilevare il persistere di forze al limite dell’occulto, del magico, dell’arcaicamente superiore, laddove per superiore si intende divino, soprannaturale.
Lo stesso intervento militare dell’America, nel 2001, a seguito del terrificante attacco alle Twin Towers, fu inizialmente legato alla caccia al Re del Terrore, come lo chiamò Nostradamus, Osama bin Laden, ma poi andò ad inscriversi in un più ampio cerchio culturale-religioso-politico, che vedeva i talebani controllare, anche se in maniera totalitaria, la vita di popolazioni che in questi decenni, forse, sono state investite da accadimenti più grandi di loro. Ciò che si vuole esprimere in questa sede è la sensazione (forse non solo sensazione) che al di là dell’inervento delle potenze militari per antonomasia, qualcosa di più profondo e difficilmente afferrabile contraddistingue e segna l’avvenire storico di certe popolazioni.

Vediamo di approfondire il tema, avvisando immediatamente che qui non si vuole affatto scendere nel campo di teorie acrobaticamente legate al soprannaturale o alla magia. Ma in Afghanistan, come in Iraq, come in Palestina, chi analizzi i fatti deve necessariamente scontrarsi con la strana impressione di trovarsi dsi fronte ad un’apparente maledizione, intendendo con questo termine un disegno storico di matrice vichiana che non permetta mai a chi vive in queste aree, un’autodeterminazione moderna nel senso comune del termine. Una questione che viene spontaneo porsi è quella della volontà, o della non volontà, delle popolazionui in esame, di fare propri stilemi e comportamenti della vita moderna, occidentale se si vuole, anche se quest’ultimo termi ne è riduttivo al massimo.
Ebbene, chi abbia avuto la possibilità, peraltro molto affascinante culturalmente, di approfondire il tema, può testimoniare che non di rado, gli indigeni non amano troppo chi da fuori viene per ‘liberarli’. E questo pwer una serie di ragioni, economiche, culturali, anche per il persistere ed il resistere, di certe ‘formae mentis’ non facili da modificare, anche per chi è abituato a dominare il mondo. E’ la storia stessa, che si ribella, e sembra non permettere certe operazioni all’uomo, quasi che un qualcuno di misteriosamente potente avesse comandato dall’alto. Certo una tale interpretazione potrebbe essere tacciata di scarsa veridicità realistica, potrebbe sembrare che si prenda in giro l’obiettività che giustamente si pretende e si chiede allo storico. Ma è difficile credere che certe situazioni e certi ripetersi di fatti siano esenti da un ingrediente come quello che definirei della ‘forza d’obbligo’.

E non si creda che sia necessario andare lontani per ravvisarne una buona presenza anche qui in Italia, al Sud, dove l’eradicazione della malavita fu compito improbo e impossibile anche per Benito Mussolini.
La sopportazione silenziosa di un destino duro e difficile, sembra il tratto caratteristico degli occhi delle donne afghane, se le si guarda mnei filmati televisivi, quasi la coscienza di un’ineluttabilità che la sorte o un Dio hanno voluto per loro e per i loro cari.
Non si scopre nulla di inedito, e non solo Vico fu precursore, ma credo che una siffatta interpretazione della storia, anche dei nostri giorni, possa aiutare a comprendere come le cose spesso sfuggono alla sistematicità che la scienza positiva vuole metro di giudizio e di analisi. Anche la bomba atomica può poco, quando è la mente dell’uomo, sono i suoi sentimenti e le sue paure, che si deve dominare…

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