Per un ricambio della classe dirigente

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di VINCENZO OLITA*

Società Libera ha aderito al vostro invito, derogando alla consuetudine che la vede estranea alle logiche della politica, nella convinzione che il liberalismo non e’ appannaggio di nessun schieramento politico e che necessiti prima di tutto riflettere, come ci indicava Dahrendorf, su che cosa occorra ad una società per essere sostanzialmente liberale.

Tra le priorità, ne siamo consapevoli, vi e’ il problema della classe dirigente, della sua individuazione, della sua formazione e del suo ricambio.
Come Società Libera avvertimmo la necessità di soffermarci su questi aspetti già nel gennaio 2004, quando a Milano demmo vita al convegno che titolava: “Classe dirigente: tempo di volpi o di leoni?”

Risparmio quella che fu la sua articolazione, riportando solo la felice conclusione di uno dei relatori: “ questo – ed eravamo nel 2004 – e’ tempo di conigli”.
Fui colpito dalla determinazione di Mons. Fisichella nell’affermare che era la Chiesa ad avere una vera classe dirigente. Pensai che avesse ragione, ma non avevo ancora visto all’opera, come Segretario di Stato, il Cardinal Bertone, o, per non far torto a nessuno, il Cardinal Bagnasco.

Povero Fisichella si sbagliava ed io con lui.
Da cristiano, credo che gli appelli per una nuova generazione di politici cristiani vadano respinti al mittente come politichese ecclesiastico.

La riflessione del 2004 e quella odierna muovono dalla convinzione che alle conoscenze specifiche e alle competenze, nei casi in cui ci siano, e sono rari, occorra affiancare la cultura delle responsabilità individuale, intesa come vocazione al bene comune, come vocazione a sentirsi parte di una comunità.
Certamente, in questi anni non abbiamo potuto considerare parte di una comunità vasti settori delle dirigenza finanziaria ed imprenditoriale.
È superfluo soffermarsi sulle responsabilità, le criticità, gli eccessi di alcune pratiche del capitalismo che hanno fatto sì che la crisi di sistema venisse addebitata al liberalismo in quanto tale.
Se i fili del mondo liberale devono essere riannodati, occorre allora che il processo di revisione di pratiche che nulla hanno a che fare con la nostra concezione del liberalismo, venga ispirato e guidato proprio dai liberali.

Certo, è sulla classe dirigente politica che dobbiamo concentrare la nostra priorità. Il discredito della politica, in quanto tale, naturalmente, trova nello spessore della sua dirigenza la sua origine e il suo humus.
E qui i liberali, con la loro cultura della responsabilità e la loro tradizione, devono segnare una netta discontinuità con questo sistema politico.
Su questo terreno non vi sono distinzioni da fare tra destra e sinistra.
A noi piace ricordare che proprio la sinistra che tanto ha ciarlato contro la riforma del sistema elettorale, che trova il suo cardine nell’eliminazione delle preferenze, per prima introdusse l’innovazione nel sistema elettorale della regione toscana.
Su questo terreno scivoliamo da un deficit di liberalismo, di cui il paese soffre da sempre, ad un deficit di democrazia.
Occorre sgombrare il campo da convincimenti quali quelli che la selezione, in politica, e’ effettuata dall’elettorato.
Questo, infatti, sceglie ciò che in altra sede e’ stato già individuato.
Se i fili del mondo liberale devono essere riannodati, occorre aprire una vasta campagna culturale sul valore della cittadinanza e della rappresentanza politica, tesa a:

  • ripristinare le preferenze
  • abolire l’art. 67 della costituzione che svincola gli eletti dalla volontà dei deleganti
  • abolire l’art. 59, che consente l’esistenza di senatori a vita
  • introdurre il divieto di presentarsi in più collegi e l’obbligo di presentarsi nel collegio in cui si risiede abitualmente
  • vietare il cumulo della carica parlamentare con qualsiasi altro incarico elettivo
  • abolire i listini bloccati nelle elezioni regionali.

Sono poche e chiare regole, condivise dal sentimento popolare, utili però solo a frenare la degenerazione del sistema politico verso forme di oligarchia, parassitismo, nepotismo e rendite politiche.
Ben più articolato dovrebbe essere il ragionamento sulla selezione della classe dirigente politica.
I tecnicismi elencati, purtroppo, non sono utili per arrestare ascese “politiche” di giovani professioniste venete (a sinistra) o di casalinghe- soubrette campane (a destra).

Sulla selezione il paese avrebbe bisogno di uno scatto morale, di un colpo di reni, di un sussulto etico.
Non vuole essere un appello a nobili sentimenti, non avremmo molto materiale su cui lavorare.
Il paese ha bisogno di una mobilitazione delle coscienze che, al di là di obsolete contrapposizioni tra destra e sinistra, sia capace di risvegliare la nostra voglia di appartenenza ad una comunità, la nostra voglia di cittadinanza.

Non aspettiamoci molto dalle forze politiche, ne’ dalla cultura dell’ufficialità. Nel paese girano troppi “intellettuali” che rappresentano una sorta di compagnia di giro onnipresente, da cui non traiamo nessun input; e’ un liberalismo chiacchierato, ma scarsamente praticato.
È l’ennesimo deficit di questo paese, ricordiamocelo.

Così come dobbiamo ricordare che il problema della classe dirigente politica va di pari passo con quello della burocrazia, elefantiaco apparato conservatore, persistente, parassitario, inamovibile.
E qui necessita ancora, prima di tutto, una mobilitazione culturale prima che politica.
Se i fili del mondo liberale devono essere riannodati, occorre battersi per lo sfoltimento dell’apparato burocratico, che significa meno stato, meno politica, quindi una società più aperta e libera.
Oltre agli enti inutili, (a quando l’abolizione delle province?), bisogna adoperarsi anche per lo sfoltimento di quelli utili. iniziando dal blocco totale delle assunzioni.
E per ultima la dirigenza dell’informazione.
E qui altro che deficit, siamo al dramma.
Il giornalismo offre un modello tra i più modesti di classe dirigente.
E non perché manchi la libertà di informazione, ma perché il nostro sistema informativo segue esclusivamente una pura logica di appartenenza, che vede i mezzi di comunicazione schierati acriticamente a favore o contro il governo, a discapito degli interessi dei lettori.
Non si pratica giornalismo di inchiesta, non si praticano approfondimenti sugli scenari internazionali, qualsiasi argomento si riporta a favore o contro una parte politica.
Siamo al giornalismo come sottoprodotto della politica.
Su questi aspetti Società Libera avanza tre proposte:

  • abolizione dell’ordine;
  • privatizzazione di due reti rai;
  • sotto ogni testata venga riportata la composizione azionaria della proprietà.

Società Libera il 1° dicembre a Roma darà vita ad un processo del sistema informativo, sulla falsariga de “ I liberali processano il capitalismo” dello scorso novembre, nella convinzione che il Paese ha bisogno di un’ informazione seria e consapevole.
L’inadeguatezza della classe dirigente la percepiamo quando è costretta ad operare in modo difensivo, quando è costretta a correggere più che a progettare, quando guarda al passato più che al futuro, quando è tesa alla ricerca di equilibri rassicuranti più che all’interpretazione in senso
popperiano del futuro.
L’occidente avverte il bisogno di leadership che sappiano salvaguardare l’esistenza di uno stato di diritto coniugandolo con il massimo della partecipazione e della libertà.
Nostro compito è chiederci come immaginiamo la formazione del consenso politico e se ha ancora un qualche significato, rispetto ad una concezione liberale del diritto di cittadinanza, l’essere chiamati ogni cinque anni ad esprimere un generico gradimento.

I fili del mondo liberale li riannodiamo se saremo capaci di proporci come soggetto di cambiamento, se saremo capaci di svolgere una funzione di supplenza e di stimolo.
Se offriremo un’ opportunità di collegamento per coloro che vogliono soffermarsi, oltre che sulle affermazioni, anche sulle difficoltà e gli insuccessi che la cultura del liberalismo incontra.
Se sapremo far crescere una comunità culturale, di persone intellettualmente libere, disposte a partecipare ad un progetto che vada al di là di piccole convenienze e scontati conformismi.

* Direttore di Società Libera
In occasione del Convegno “Dare voce politica ai Liberali“, tenutosi il 21 luglio presso la Sala delle Colonne, Palazzo Marini, Roma, Vincenzo Olita pubblica il suo intervento su LiberalCafè

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